Sabotaggio. Dalle lotte operaie alla Val Susa
Giovedì 27 marzo ore 21
Introducono il dibattito Cosimo Scarinzi della Cub e Maria Matteo del comitato No Tav Autogestione.
Sul tema ascolta la chiacchierata con Cosimo di qualche puntata fa di anarres:
Sabot, in francese, significa “zoccolo”. Una calzatura che ormai usano in pochi. A cavallo tra l’Otto e il Novecento era molto diffusa tra contadini ed operai.
Gettare il proprio sabot in una macchina era un buon modo per incepparla, per “sabotarla”, per interrompere la produzione, per mettere i bastoni tra le ruote al padrone che sfruttava la tua vita per farsi ricco.
In tutta la storia delle lotte operaie c’è stato sabotaggio. A volte era pratica individuale o di un piccolo gruppo di lavoratori, che magari volevano solo guadagnarsi una pausa, altre volte era mezzo di lotta esplicito nei confronti del padrone.
In una società che difende la proprietà privata come fosse un bene comune, il sabotaggio è un gesto illegale.
Quando la diseguaglianza è sancita dalla legge, chi lotta per l’uguaglianza è considerato un fuorilegge.
In una società dove alle comunità locali è sottratta la facoltà di decidere di decidere sulla propria vita, chi si batte per la libertà è considerato un sovversivo.
Durante l’occupazione nazifascista il sabotaggio era pratica usuale delle formazioni partigiane. Per le truppe di occupazione i partigiani, i ribelli, erano considerati banditi, dopo la guerra divennero eroi di un’epopea di liberazione, che venne subito imbalsamata, perché i poveri e gli oppressi ne perdessero la memoria viva.
Da tre anni in Val Susa ci sono le truppe di occupazione. I governi hanno militarizzato la Valle per imporre con la forza un’opera inutile, costosa, dannosa per la salute e per l’ambiente.
Decine di migliaia di persone, della valle e solidali, si sono messe di mezzo per inceppare la macchina, per cacciare gli occupanti.
Centinaia di No Tav sono stati pestati, gasati, feriti. Sono quasi mille i procedimenti penali contro chi ha lottato contro il Tav.
Quattro No Tav sono in carcere accusati di “attentato con finalità di terrorismo”. Nel mirino della Procura un’azione di sabotaggio al cantiere di Chiomonte dello scorso maggio. Quella notte venne danneggiato un compressore. Un’azione di lotta non violenta che il movimento No Tav assunse come propria.
La Procura si avvale di un articolo del codice che stabilisce che chi si oppone attivamente ad una decisione del governo è un terrorista.
Fermare il Tav, costringere il governo a tornare su una decisione mai condivisa dalla popolazione locale è la ragion d’essere del movimento No Tav.
Ogni gesto, ogni manifestazione, ogni passeggiata con bimbi e cagnolini, non diversamente dalle azioni di assedio del cantiere, di boicottaggio delle ditte, di sabotaggio dei mezzi mira a questo scopo.
Con la logica della Procura gran parte della popolazione valsusina è costituita da terroristi.
Banditi, ribelli, partigiani della libertà