Tutti gli uomini del Presidente
Scritto dainfosu 24 Aprile 2013
L’incarico per la formazione del nuovo governo è stato affidato da Napolitano ad Enrico Letta, ex vicesegretario del partito Democratico. Mentre le agenzie battevano la notizia abbiamo sentito Marco Revelli, sociologo e docente all’università del Piemonte orientale.
Con lui abbiamo provato a capire meglio gli avvenimenti dell’ultima settimana: dall’implosione del PD alla rielezione di Giorgio Napolitano.
Secondo Revelli siamo di fronte ad un “mutamento di regime politico” che da il via ad una discontinuità istituzionale. Napolitano, accentuando ulteriormente l’attitudine a superare il ruolo di mero garante dell’ordine costituzionale, ha inaugurato un presidenzialismo di fatto. Esautorato un parlamento incapace di riprendersi la propria sovranità, ha preso in mano la situazione, facendo leva sulla prerogativa presidenziale di sciogliere le camere.
Esemplare il suo discorso di insediamento in cui ha interpretato il ruolo del padre della patria fustigando i figli riottosi ed inetti. Va in scena il sadomasochismo politico: i fustigati che fanno atto di sottomissione plaudendo chi brandisce la frusta.
E’ il punto di arrivo di un lento ma inesorabile processo di affievolimento della funzione di rappresentanza dei partiti.
D’altra parte la crisi italiana ha impensierito molto poco i mercati, perché, come dichiarato da Draghi, “il pilota automatico” è inserito: i meccanismi della governance transnazionale funzionano lo stesso.
L’ultimo dei partiti nel senso classico è imploso in una guerra di tutti contro tutti, dove non è possibile rintracciare ragioni politiche, perché la faida è trasversale agli schieramenti ed investe in modo sempre più netto l’unica gioco che conta: quello del potere.
Come nel “finale di partita” Beckettiano i vari protagonisti sbagliano tutte le mosse, in un non sense che porta alla dissoluzione.
Ascolta l’intervento di Marco Revelli:
Le recenti elezioni per il rinnovo della giunta regionale in Friuli Venezia Giulia sono state un piccolo tsunami politico, che, a due mesi dalle elezioni politiche, costituisce un piccolo test.
Due mesi fa aveva votato il 77,20% degli aventi diritto, l’ultimo fine settimana sono andati a votare solo il 50,5% degli elettori friulani e giuliani, nel 2008, alle ultime regionali, aveva votato il 64,24%. Ancora più impressionante il dato sui voti effettivamente espressi. Il PDL nel 2008 aveva preso 409.000 voti contro i 209.000 di quest’anno, il PD ne aveva presi 351.000, oggi ne prende 211.000.
Significativa anche la flessione del M5S che perde un elettore su tre rispetto alle politiche.
Oggi la neopresidente della Regione Debora Serracchiani, commentando il proprio, peraltro risicatissimo, successo, lo attribuisce ad una sorta di indipendenza dalle beghe del partito. In realtà Serracchiani è sino in fondo inserita nelle logiche correntizie del PD, al punto che in campagna elettorale a sostenerla è venuto Matteo Renzi mentre Pierluigi Bersani non si è fatto vedere.
Il dato certo che emerge dal voto in quest’angolo di nordest è l’accrescimento della disaffezione verso la politica istituzionale, che in parte si era espressa alle recenti politiche nel voto alla compagine guidata dal comico genovese.
Ne abbiamo parlato con Federico, un compagno di Trieste