Cosa c’è dietro l’abbassamento del costo del petrolio?

Scritto dasu 9 Dicembre 2014

Le ultime due settimane hanno visto un netto abassamento del costo del greggio sulle principali borse mondiali. I benefici per chi sta in basso (almeno alle nostre latitudini) si misurano in qualche centesimo di risparmio per ogni litro di benzina. Ma gli effetti a medio-lungo termine potrebbero essere ben più disastrosi. Storicamente, all’abbassamento del costo dell’oro nero ha sempre corrisposto un acuirsi delle tensioni internazionali, l’approfondirsi di crisi strutturali e il rischio di precipitazioni armate tra le potenze.

Il cui prodest?, chiedersi cioè “a chi giova”, è sempre untest salutare per cercare di capire cosa si muove nei piani alti del capitalismo globale. Che la pressione per l’abbassamento del prezzo mondiale del petrolio sia opera principale dell’Arabia Saudita è un dato di fatto su cui tutti convengono. Il Regno dei Saud e gli emiri satelliti sono lgli unici tra i paesi produttori che si possono permettere di approssimare l’abbassamento del prezzo per barile al di sotto dei 60 dollari, mentre per molti paesi situati ad altre latitudini un tale ribasso renderebbe non remunerativo e anzi dispendioso il lavoro di estrazione (costi del macchinario e costi della manodopera).

I commentatori divergono però sulle interpretazioni. A casa nostra la stampa mainstream sembra maggiormente tesa ad interpretare la mossa saudita come una mossa volta a battere la concorrenza dell’esportazione Usa verso l’Asia. Altri commentatori occidentali, come l’ultra-liberista Thomas L. Friedman dalle colonne del New York Times, sembrerebbero invece leggervi una tattica congiunta amerciano-saudita per indebolire economicamente (e quindi politicamente) Russia e Iran.

Ne abbiamo parlato con Raffaele Sciortino, ricercatore in Relazioni Internazionali

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