La morte quotidiana
Scritto dainfosu 20 Aprile 2015
Canale di Sicilia, mar Mediterraneo: di nuovo la morte di centinaia e centinaia di migranti affogati in mare, una morte quasi sempre rappresentata tramite numeri o parole quali “tragedia”, “vittime”. Rappresentazioni che occultano i corpi ed edulcorano la realtà genocidaria. Oggi i linguaggi di media e rappresentanti di una classe politica putrefatta, con le sue politiche migratorie securitarie e xenofobe, si affanno nel tentativo di scorporare realtà e rappresentazione, cercado di delimitare i contorni della strage più grande, tra quelle di cui ci è dato sapere, almeno fino ad ora. Un altro massacro deliberato, solo l’ultimo.
Si parla di centinaia di persone morte nel tentativo di entrare in Europa, sabato notte, a circa 60 miglie dalle coste libiche, intrappolate ed affogate in un peschereccio per salire sul quale avevano speso centinaia di euro. Nessun corridoio umanitario, i governanti hanno deciso che la traversata sui barconi della morte è l’unico modo di attraversare i confini, per poi finire in un campo e/o diventare manodopera a basso costo nei nostri mercati. Per molti il prezzo è la vita. Al momento sia la dinamica del naufragio, sia le dimensioni della strage, risultano poco chiari. Di fronte all’immane rabbia ed alla sofferenza senza fine di chi vive e sopravvive all’acqua, alla morte, all’indifferenza realmente globale, non stupisce che nelle cronache di queste ore traspaia un grande timore nel riportare i pochi elementi raccontati dai supestiti, 49 persone che nel tardo pomeriggio sbarcheranno nel porto di Catania. Ancora una volta a niente serviranno le pietose commemorazioni e le vacue passerelle degli impresentabili rappresentanti dell’Italia o dell’Unione Europea. Non serviranno preghiere inutili ed ecumeniche dei vari prelati, nè l’ipocrisia di quella bella società civile ancora una volta pronta a sfoggiare la sua caritatevole solidarietà non richiesta, con il suo repertorio di concertini, mostre e documentari di “denuncia”. Serviranno invece mobilitazioni e azioni dirette, nelle città, nelle campagne, in tutti quei luoghi dove vivono uomini, donne, bambini e bambine, sopravvissuti alla morte ed ai perversi ingranaggi delle leggi, strumento attraverso cui gli Stati pretendono di esercitare “legittimamente” le più perverse forme di violenza, per poi essere sfruttati da piccoli e grandi capitalisti nostrani. Serviranno mobilitazioni forti, insieme a coloro che vivono nei nostri territori e nella precarietà lottano quotidianamente per la sopravvivenza, perché si possa sentire la loro, la nostra voce, contro le retoriche securitarie e quelle dell’emergenza umanitaria attraverso cui c’è chi si intasca profitti immensi, contro lo sfruttamento.
Questa mattina abbiamo parlato con Lucia di Borderline della strage nel Canale di Sicilia e più in generale della situazione di accoglienza dei migranti sull’isola, molto complicata dopo l’arrivo in pochi giorni di circa 10.000 persone.