
La Val d’Ossola è sempre stato un territorio periferico che difficilmente i governi centrali, anche quello dell’unità d’Italia, sono riusciti a inglobare all’interno della propria cultura e dei processi politici. Zona di confine, tra quelle montagne la figura dello spallone era parte integrante della popolazione e dell’economia della montagna e nelle sue traversate con la bricolla in spalla importava di contrabbando generi alimentari di prima necessità, caffè e sale in primis, cercando di schivare la neonata guardia di Finanza e le intemperie della montagna. Col fascismo dal confine cominciarono a passare oltre che alimenti, anche idee e persone, generando il “mostro” dei fuoriusciti e della stampa clandestina. Il confine fu militarizzato e venne creata anche un apposita forza militare di controllo. Dopo l’8 settembre ’43 queste valli periferiche entrarono nel turbine della storia: partigiani, fuggiaschi e milizie invasero le montagne. Gli spalloni si mescolarono ai partigiani e aiutarono centinaia di persone a fuggire in Svizzera e in alcuni casi vennero accusati di essere trafficanti di esseri umani.
La vicenda degli spalloni ci aiuta ancora oggi a ragionare sui confini e sulle misure repressive che cercano di gestire i flussi di merci e persone considerate illegali.
Ne parliamo con Andrea Pozzetta autore del libro “passaggi di speranza?(ed. Tararà)
Ascolta o scarica









