","Brexit o no Brexit? L'Unione Europa tra gerarchia finanziaria e disintegrazione","post",1456217382,[62,63,64,65,66,67,68,69,70,71,72],"http://radioblackout.org/tag/bce/","http://radioblackout.org/tag/brexit/","http://radioblackout.org/tag/crisi/","http://radioblackout.org/tag/economia/","http://radioblackout.org/tag/finanza/","http://radioblackout.org/tag/lavoratori-stranieri/","http://radioblackout.org/tag/migranti/","http://radioblackout.org/tag/richiedenti-asilo/","http://radioblackout.org/tag/schengen/","http://radioblackout.org/tag/unione-europea/","http://radioblackout.org/tag/welfare/",[74,25,23,75,76,77,15,78,79,31,80],"BCE","economia","finanza","lavoratori stranieri","richiedenti asilo","schengen","welfare",{"post_content":82,"tags":88},{"matched_tokens":83,"snippet":86,"value":87},[84,85],"lavoratori","stranieri","le condizioni di welfare dei \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> \u003Cmark>stranieri\u003C/mark> (che provengano o meno da","Andrea Fumagalli commenta l'ultimo accordo ottenuto da Cameron a Bruxelles per scongiurare, probabilmente, l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea il prossimo 23 giugno, quando si terrà il referendum su una eventuale \"Brexit\". Gli accordi, nel dettaglio, non sono ancora chiari ma si andranno a colpire di nuovo il lavoro, le condizioni di welfare dei \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> \u003Cmark>stranieri\u003C/mark> (che provengano o meno da paesi all'interno di Schengen), vengono mantenuti i privilegi finanziari di imprese e multinazionali che hanno sede nel paese. 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Vi è ancora un anno di tempo per trovare un accordo commerciale con l'Unione Europea e per il futuro economico del Regno sarà determinante trovare un accordo che permetta di salvaguardare Londra come uno dei maggiori centri finanziari globali. Già dal referendum che ha sancito l'inizio della Brexit Londra è passata dall'essere la prima piazza finanziaria al mondo a essere la seconda, passando lo scettro a Wall Street. Se la City dovesse ancora perdere posizioni, ad esempio a favore di Francoforte, quel 4% di PIL generato dai mercati finanziari, a cui va aggiunto il PIL \"indiretto\" (consumi di lusso e mercato immobiliare di lusso) andrebbe a sfumare, con conseguenze pesantissime per un paese che ha già un bilancia commerciale in forte deficit, mancando di una forte industria manifatturiera.\r\nChi potrà realmente determinare il futuro saranno quindi le grandi compagnie finanziarie che potranno decidere di appoggiare la Brexit, tenendo le loro sedi a Londra, oppure di abbandonare la nave facendola affondare.\r\nMa quali saranno le conseguenze di questa svolta per i lavoratori, sia quelli con cittadinanza del Regno Unito che quelli europei che lavorano in UK, al di là della propaganda antieuropeista o europeista?\r\nLo UK ha due principali flussi migratori: uno proveniente dai paesi comunitari e un altro proveniente dai paesi del Commonwealth. Boris Johnson è rappresentante di un partito che porta avanti politiche xenofobe ma ha bisogno di lavoratori stranieri per mantenere certi settori, come i servizi, anche in settori fondamentali come quello sanitario. Una delle soluzioni che si prospetta è quello di accettare solamente lavoratori qualificati ma imponendo un tetto massimo ai loro stipendi. Questo creerebbe una forte concorrenza sul mercato del lavoro stesso, favorendo l'assunzione di lavoratori immigrati meno costosi e lasciando disoccupati, sempre che non accettino peggiori condizioni di lavoro, i lavoratori \"autoctoni\". Una pratica di compressione dei salari a puro vantaggio dei padroni, agita sulla pelle dei lavoratori, a prescindere dalla nazionalità di questi.\r\nAscolta la diretta con Francesco Fricche, economista\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/02/2020.02.04-09.00.00-brexit_fricche.mp3\"][/audio]","4 Febbraio 2020","2020-02-04 13:11:51","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/02/brexit-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"192\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/02/brexit-300x192.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/02/brexit-300x192.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/02/brexit.jpg 512w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Brexit. 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La confederazione svizzera non è da meno. La propaganda della Lega Ticinese – culturalmente omologa alla Lega Nord – e dell'Unione Democratica di Centro ha raccolto ampi consensi sino a decretare il successo al referendum indetto per limitare il numero degli immigrati nel Cantone confinante con la Lombardia. Con buona pace del governatore leghista Maroni, che ha scoperto un antica verità: la Lombardia è a sud del Ticino.\r\nLo slogan vittorioso della campagna referendaria era mutuato a piene mani dalla propaganda dei leghisti lombardi “Prima i Nostri!”\r\n\r\nAl di là delle celie i 60 mila transfrontalieri che ogni giorno vanno a lavorare in Ticino guadagnano intorno ai tremila euro mensili. Con tremila euro in Ticino si supera a malapena la boa di metà mese, in Italia con quella cifra si campa bene anche spendendo molto per viaggiare.\r\nI settori dove vengono impiegati i lavoratori stranieri, primo tra tutti quello edilizio, sono disertati dagli svizzeri, perché si tratta spesso di lavori usuranti, pericolosi e malpagati. Un lavoratore svizzero ha salari intorno a 4500 euro mensili.\r\nNon a caso il presidente degli imprenditori ticinesi era schierato sul fronte del no al referendum, perché gli immigrati garantiscono manodopera a basso costo e contribuiscono a tenere sotto pressione anche i lavoratori locali. Scenari già visti anche in Italia.\r\n\r\nAl referendum probabilmente non seguirà una vera stretta sugli ingressi di immigrati e frontalieri, perché, al di là del malumore dei padroni, gli accordi bilaterali tra Svizzera ed Unione Europea dovrebbero essere rinegoziati con effetti sistemici molto ampi. Tra Svizzera e UE oggi è in vigore un accordo simile a quello di Schengen sulla libera circolazione delle persone, sottoscritto da buona parte dei paesi aderenti all'UE.\r\n\r\nSe il referendum rimanesse lettera quasi morta resterebbe il fatto che un vento protezionista, xenofobo e razzista soffia sempre più forte.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con un compagno ticinese, Paolo, impegnato soprattutto sul fronte sindacale.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2016-09-27-paolo-ref-ticino","27 Settembre 2016","2016-09-28 12:17:15","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/immagini.quotidiano.net_-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"173\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/immagini.quotidiano.net_-300x173.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/immagini.quotidiano.net_-300x173.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/immagini.quotidiano.net_.jpeg 606w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Ticino. 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Per questi lavoratori solo centri di accoglienza, dormitori, container, tende, ghetti, baracche, casolari abbandonati o altri luoghi di fortuna.\r\nSono costretti a pratiche di resistenza informali o illegali e a rinegoziare continuamente il loro modo di abitare ai margini. Con la pandemia la loro condizione è peggiorata: prevenzione, tutela della salute, cura, sono parole vane per chi una casa non ce l’ha.\r\nQuali conseguenze ha avuto il lockdown di primavera e avranno le limitazioni degli spostamenti in atto per chi non ha altra scelta che il nomadismo stagionale? Quali alternative al “campo” considerato l’unica soluzione possibile dalle politiche di accoglienza fin qui adottate?\r\n\r\nAll’inizio della stagione le strutture utilizzate l’anno precedente sono state considerate inadatte all’accoglienza. Il virus rischiava di diffondersi rapidamente, in edifici dove i lavoratori venivano ammassati senza alcuna privacy.\r\nLa risposta del governo è stata chiara sin da maggio: militarizzazione della città e repressione delle proteste.\r\nI braccianti si sono accampati dove potevano. Quest’anno i padroni hanno offerto più che in passato cascine o container presso le loro aziende: temevano che il moltiplicarsi delle restrizioni avrebbe indotto molti a non muoversi, mettendo a repentaglio i buoni profitti derivanti dallo sfruttamento di braccia ricattabili e a poco prezzo.\r\nLa sistemazione abitativa in azienda offerta dal datore di lavoro è per sua natura temporanea e non necessariamente gratuita e, spesso, coperta da una cappa di omertà. Durante la stagione appena conclusa, secondo quanto raccontano gli stessi braccianti, è aumentata in modo significativo, ma non è garanzia di qualità. Anzi, rischia, in assenza di tutele, di far crescere la subalternità ai padroni.\r\n\r\nQuando il freddo si fa sentire e i lavori in campagna rallentano, la ricerca di un alloggio dove poter finalmente prendere residenza stabile, diventa la priorità per molti, quest’anno in modo particolare.\r\n\r\nIl problema abitativo è una faccenda seria a Saluzzo, per tutti, perché sia le case in vendita che quelle in affitto sono carissime. Saluzzo è una città ricca - anche grazie al contributo di migliaia di lavoratori stranieri - e il mercato immobiliare si adegua: chi non può permettersi di vivere qui si rivolga altrove.\r\n\r\nSe hai la pelle nera le cose si complicano ulteriormente. Per i lavoratori delle campagne, magari con un contratto lungo ma rigorosamente a termine, un salario da fame e l’impedimento ad accedere alla disoccupazione per le irregolarità in busta paga, è quasi impossibile. È più facile cercare casa nei comuni del circondario dove i prezzi sono più accessibili, dove esistono già delle piccole comunità ormai consolidate e reti informali di mutuo appoggio. Tra i braccianti che i compagni del collettivo antirazzista saluzzese hanno incontrato in questi mesi, cercano casa quelli che dormono all’addiaccio, quelli delle accoglienze diffuse che chiudono a novembre, quelli ospiti delle aziende, consapevoli che la stagione sta per finire e quando la loro forza lavoro non servirà più dovranno andarsene. Per tutti la casa è un passo importante per allontanarsi da una condizione di “assistiti”, di “ospiti” e avviarsi verso l’autonomia, magari emancipandosi dal lavoro bracciantile che non è certo la massima aspirazione della maggioranza.\r\nNon è facile! Spesso si sentono rispondere “Non affittiamo ai neri!”, ci sono le garanzie, le spese di caparra, gli allacci alla rete di luce, gas e acqua, le spese condominiali, il riscaldamento, etc…senza contare le rimesse alle famiglie nei paesi d’origine.\r\nPer questi motivi nei mesi scorsi abbiamo promosso e condiviso con alcuni braccianti il progetto “loc/AZIONE”, per la creazione di un fondo di solidarietà per sostenere le spese iniziali di affitto (attraverso iniziative di autofinanziamento) e per cercare alloggi disponibili nei paesi del “distretto della frutta”. Una ricerca capillare sul territorio che purtroppo ha trovato molte porte chiuse e un pregiudizio negativo diffuso.\r\nIl diritto all’abitare dignitoso nella sua declinazione saluzzese deve dunque fare i conti con una realtà ostile che, di fatto, non riconosce ai lavoratori africani la libertà di fermarsi e stringere relazioni stabili con il territorio e la sua gente, cominciando appunto dall’affitto di una casa.\r\n\r\n“Casa per tutti e strada per nessuno” gridavano i braccianti accampati al parco di Villa Aliberti nel mese di giugno prima dell’ennesima operazione di sgombero e pulizia urbana.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Lele Odiardo del Comitato Antirazzista Saluzzese\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/2020-11-17-lele-saluzzo.mp3\"][/audio]\r\n\r\n2020 11 17 lele saluzzo","17 Novembre 2020","2020-11-17 14:43:51","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/Migranti_Saluzzo-cut-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"140\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/Migranti_Saluzzo-cut-300x140.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/Migranti_Saluzzo-cut-300x140.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/Migranti_Saluzzo-cut-1024x476.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/Migranti_Saluzzo-cut-768x357.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/Migranti_Saluzzo-cut-1536x715.jpg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/Migranti_Saluzzo-cut.jpg 1599w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Saluzzo. Braccianti senza casa",1605624206,[247,248,249,250],"http://radioblackout.org/tag/braccianti/","http://radioblackout.org/tag/casa/","http://radioblackout.org/tag/immigrazione/","http://radioblackout.org/tag/saluzzo/",[17,252,253,20],"casa","immigrazione",{"post_content":255},{"matched_tokens":256,"snippet":257,"value":258},[84,85],"al contributo di migliaia di \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> \u003Cmark>stranieri\u003C/mark> - e il mercato immobiliare si","I braccianti che lavorano nel distretto ortofrutticolo di Saluzzo sono quasi tutti immigrati, che qui in Italia una casa vera non l’hanno mai avuta. Per questi \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> solo centri di accoglienza, dormitori, container, tende, ghetti, baracche, casolari abbandonati o altri luoghi di fortuna.\r\nSono costretti a pratiche di resistenza informali o illegali e a rinegoziare continuamente il loro modo di abitare ai margini. Con la pandemia la loro condizione è peggiorata: prevenzione, tutela della salute, cura, sono parole vane per chi una casa non ce l’ha.\r\nQuali conseguenze ha avuto il lockdown di primavera e avranno le limitazioni degli spostamenti in atto per chi non ha altra scelta che il nomadismo stagionale? Quali alternative al “campo” considerato l’unica soluzione possibile dalle politiche di accoglienza fin qui adottate?\r\n\r\nAll’inizio della stagione le strutture utilizzate l’anno precedente sono state considerate inadatte all’accoglienza. Il virus rischiava di diffondersi rapidamente, in edifici dove i \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> venivano ammassati senza alcuna privacy.\r\nLa risposta del governo è stata chiara sin da maggio: militarizzazione della città e repressione delle proteste.\r\nI braccianti si sono accampati dove potevano. Quest’anno i padroni hanno offerto più che in passato cascine o container presso le loro aziende: temevano che il moltiplicarsi delle restrizioni avrebbe indotto molti a non muoversi, mettendo a repentaglio i buoni profitti derivanti dallo sfruttamento di braccia ricattabili e a poco prezzo.\r\nLa sistemazione abitativa in azienda offerta dal datore di lavoro è per sua natura temporanea e non necessariamente gratuita e, spesso, coperta da una cappa di omertà. Durante la stagione appena conclusa, secondo quanto raccontano gli stessi braccianti, è aumentata in modo significativo, ma non è garanzia di qualità. Anzi, rischia, in assenza di tutele, di far crescere la subalternità ai padroni.\r\n\r\nQuando il freddo si fa sentire e i lavori in campagna rallentano, la ricerca di un alloggio dove poter finalmente prendere residenza stabile, diventa la priorità per molti, quest’anno in modo particolare.\r\n\r\nIl problema abitativo è una faccenda seria a Saluzzo, per tutti, perché sia le case in vendita che quelle in affitto sono carissime. Saluzzo è una città ricca - anche grazie al contributo di migliaia di \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> \u003Cmark>stranieri\u003C/mark> - e il mercato immobiliare si adegua: chi non può permettersi di vivere qui si rivolga altrove.\r\n\r\nSe hai la pelle nera le cose si complicano ulteriormente. Per i \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> delle campagne, magari con un contratto lungo ma rigorosamente a termine, un salario da fame e l’impedimento ad accedere alla disoccupazione per le irregolarità in busta paga, è quasi impossibile. È più facile cercare casa nei comuni del circondario dove i prezzi sono più accessibili, dove esistono già delle piccole comunità ormai consolidate e reti informali di mutuo appoggio. Tra i braccianti che i compagni del collettivo antirazzista saluzzese hanno incontrato in questi mesi, cercano casa quelli che dormono all’addiaccio, quelli delle accoglienze diffuse che chiudono a novembre, quelli ospiti delle aziende, consapevoli che la stagione sta per finire e quando la loro forza lavoro non servirà più dovranno andarsene. Per tutti la casa è un passo importante per allontanarsi da una condizione di “assistiti”, di “ospiti” e avviarsi verso l’autonomia, magari emancipandosi dal lavoro bracciantile che non è certo la massima aspirazione della maggioranza.\r\nNon è facile! Spesso si sentono rispondere “Non affittiamo ai neri!”, ci sono le garanzie, le spese di caparra, gli allacci alla rete di luce, gas e acqua, le spese condominiali, il riscaldamento, etc…senza contare le rimesse alle famiglie nei paesi d’origine.\r\nPer questi motivi nei mesi scorsi abbiamo promosso e condiviso con alcuni braccianti il progetto “loc/AZIONE”, per la creazione di un fondo di solidarietà per sostenere le spese iniziali di affitto (attraverso iniziative di autofinanziamento) e per cercare alloggi disponibili nei paesi del “distretto della frutta”. Una ricerca capillare sul territorio che purtroppo ha trovato molte porte chiuse e un pregiudizio negativo diffuso.\r\nIl diritto all’abitare dignitoso nella sua declinazione saluzzese deve dunque fare i conti con una realtà ostile che, di fatto, non riconosce ai \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> africani la libertà di fermarsi e stringere relazioni stabili con il territorio e la sua gente, cominciando appunto dall’affitto di una casa.\r\n\r\n“Casa per tutti e strada per nessuno” gridavano i braccianti accampati al parco di Villa Aliberti nel mese di giugno prima dell’ennesima operazione di sgombero e pulizia urbana.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Lele Odiardo del Comitato Antirazzista Saluzzese\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/2020-11-17-lele-saluzzo.mp3\"][/audio]\r\n\r\n2020 11 17 lele saluzzo",[260],{"field":119,"matched_tokens":261,"snippet":257,"value":258},[84,85],{"best_field_score":159,"best_field_weight":160,"fields_matched":263,"num_tokens_dropped":48,"score":264,"tokens_matched":22,"typo_prefix_score":48},1,"1157451471441100913",{"document":266,"highlight":286,"highlights":291,"text_match":157,"text_match_info":294},{"cat_link":267,"category":269,"comment_count":48,"id":271,"is_sticky":48,"permalink":272,"post_author":51,"post_content":273,"post_date":274,"post_excerpt":54,"post_id":271,"post_modified":275,"post_thumbnail":276,"post_thumbnail_html":277,"post_title":278,"post_type":59,"sort_by_date":279,"tag_links":280,"tags":283},[268,45],"http://radioblackout.org/category/notizie/",[270,47],"Blackout Inside","60955","http://radioblackout.org/2020/05/braccianti-e-solidalx-in-lotta-tra-repressione-e-regolarizzazione/","\"Pronto un maxi-piano di controlli per i 'migranti della frutta' di Saluzzo: in campo anche l’Esercito\" titolano i giornali della Granda, descrivendo la militarizzazione del territorio saluzzese legata ad un piano di controllo del territorio in vista della prossima stagione della frutta. In campo Esercito, Polizia locale, Penitenziaria e la PolFer nelle stazioni ferroviarie. I controlli saranno a tappeto, tanto dentro il territorio comunale, con una sorveglianza speciale nell’area del Foro Boario, dove storicamente hanno trovato un rifugio di fortuna le centinaia di migranti sfruttati nelle campagne, quanto nei comuni e territori limitrofi. Quest’anno, con la chiusura sia del dormitorio temporaneo allestito dal Comune, che delle altre forme di sistemazione precaria prima presenti sul territorio, per i braccianti migranti si prospetta ancora più povertà, precarietà, criminalizzazione, repressione.\r\n\r\nNel frattempo, continua la criminalizzazione delle lotte bracciantili e della solidarietà, come si legge in un comunicato del Comitato Lavoratori delle Campagne: \"Nella giornata di domenica 24 maggio è arrivata la quinta richiesta di foglio di via per una compagna che aveva partecipato al blocco del Porto di Gioia Tauro il 6 dicembre scorso, e una denuncia per il presidio tenutosi il 15 febbraio a Foggia quando la Ministra Lamorgese inaugurava la locale sezione della DIA. In entrambi i casi, si trattava delle mobilitazioni di chi vive in campi di lavoro e ghetti, lavora nelle campagne e dal 2015 scende in strada per chiedere i documenti, i contratti, le case, i trasporti.\"\r\nAscolta l'aggiornamento di una compagna questa mattina ai microfoni:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/campagne2-1.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nIn un articolo titolato \"Operai agricoli, virus e regolarizzazione\", si legge: \"A quasi due mesi da quando le associazioni degli agricoltori hanno iniziato ad agitare lo spettro degli “scaffali vuoti” per carenza di manodopera stagionale nelle raccolte, il governo italiano sembra deciso a metterci una pezza con una sanatoria ad hoc. In questo lasso di tempo, il dibattito sul tema è stato fitto e acceso. Da ogni parte (esponenti politici, sindacali e del mondo agricolo in primis) sono rimbalzate cifre allarmanti: 370.000 operai in meno nel comparto, e cioè, statistiche alla mano, l’intera compagine dei lavoratori stranieri in agricoltura. (...) Se considerare la sanatoria in arrivo – senz’altro insufficiente a garantire l’intera platea di irregolari, e in ogni caso per nulla risolutiva rispetto alla gestione delle politiche migratorie – unicamente come effetto delle rivendicazioni di chi vive nei ghetti e lavora nelle campagne italiane sarebbe illudersi, non si può d’altra parte ignorare il ruolo che sicuramente queste battaglie vi hanno giocato.\"\r\n\r\nAbbiamo quindi cercato di mettere in evidenza le luci e le ombre della sanatoria 2020 e al contempo dipanare la matassa dell'attuale composizione della manodopera sfruttata nel comparto agricolo, per commentare la richiesta padronale dei cd. \"corridoi verdi\" dall'Europa dell'Est. Proprio mentre, in Germania, lavoratori e lavoratrici stagionali, principalmente provenienti dalla Romania hanno manifestato contro lo sfruttamento nella raccolta di asparagi e fragole.\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/campagne-2.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","28 Maggio 2020","2020-05-28 17:12:17","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/95591170_3257261427673293_8551607789909180416_o-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/95591170_3257261427673293_8551607789909180416_o-300x225.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/95591170_3257261427673293_8551607789909180416_o-300x225.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/95591170_3257261427673293_8551607789909180416_o-768x576.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/95591170_3257261427673293_8551607789909180416_o.jpg 960w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Braccianti e solidalx in lotta tra repressione e regolarizzazione",1590685429,[247,68,281,282,250],"http://radioblackout.org/tag/regolarizzazione/","http://radioblackout.org/tag/repressione/",[17,15,284,285,20],"regolarizzazione","repressione",{"post_content":287},{"matched_tokens":288,"snippet":289,"value":290},[84,85],"alla mano, l’intera compagine dei \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> \u003Cmark>stranieri\u003C/mark> in agricoltura. 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Si chiamava Moussa Ba ed era originario del Senegal. Non è il primo e probabilmente non sarà l'ultimo, perché la precarietà dei rifugi di plastica e legno, dove vivono buona parte dei braccianti della piana di Gioia Tauro, è tale che basta una scintilla ad innescare roghi devastanti, che inghiottono case e vite. Il ministro dell'Interno ha riproposto la sua ricetta, ruspe e sgomberi, ma per il momento le sue sono solo parole, perché la ricchezza del comparto agroalimentare della zona si fonda sulle povertà dei lavoratori schiavi.\r\nAi braccianti africani nessuno affitta una casa. Chi lo fa propone contratti di qualche mese, il tempo della stagione della raccolta e poi via, lontano, non importa dove.\r\nPochi però possono aspirare ad un tetto in affitto, troppo basse le paghe, troppe le persone rimaste a casa cui spedire qualche soldo.\r\nI lavoratori sono pagati a cottimo (“0,50 centesimi per ogni cassetta di arance, 1 euro per i mandarini”) o a giornata: “Poco più del 90% percepisce tra i 25 ed i 30 euro al giorno, il 7,17% ha un guadagno compreso tra 30 e 40 euro e il 2% riceve addirittura meno di 25 euro.\r\nLe tende di plastica, le baracche fatte di lamiere recuperate, legno e quel che capita sono l’unico riparo.\r\nDifficilmente Salvini manderà qui le sue ruspe. Rosarno non è il CARA di Mineo né quello di Castelnuovo di Porto, postacci dai quali sono stati cacciati nelle scorse settimane i migranti diventati clandestini per decreto legge.\r\nRosarno è una miniera d’oro.\r\nA Salvini non conviene usare la mano pesante perché rischia di perdere voti nella Regione che lo ha eletto senatore.\r\nNelle aziende agricole della Piana lavorano quattromila braccianti stagionali che nel corso dell’anno transitano nell’area. E vive tra San Ferdinando e Rosarno almeno il 60% dei 3.500 lavoratori stranieri censiti dalla clinica mobile di Medici per i Diritti Umani.\r\nLa Lega a Rosarno, 6.5 km da San Ferdinando e capitale del distretto degli agrumi, ha preso il 13%. Salvini non ha alcun interesse a inceppare il dispositivo che consente ai produttori locali di arance, mandarini e kiwi di disporre di manodopera ricattabile e a basso costo. Schiavi usa e getta.\r\nAnche Minniti, il suo predecessore, anche lui eletto a Reggio Calabria, si è ben guardato dal toccare gli interessi dei produttori della Piana.\r\n\r\nBlackout ne ha parlato con un lavoratore che vive nella baraccopoli. Resterà anonimo perché minacce e violenze sono il pane quotidiano per chi alza la testa e protesta, per chi osa raccontare quello che accade a Rosarno.\r\nIn questi giorni tantissimi giornalisti si sono affollati intorno alla lunga fila di teli di plastica che segna il paesaggio sempre uguale di tutte le zone dove si ammassano gli ultimi. A Rosarno, come a Huelva, come a Vittoria.\r\nIl nostro interlocutore ci racconta che i giornalisti fanno letteratura sui braccianti, ma non parlano con loro. Gli unici che ottengono audience sono quelli delle associazioni, che si candidano al ruolo di mediatori in un conflitto che potrebbe ancora riesplodere, come nel 2010, quando i caporali usarono le armi e scoppiò la rivolta.\r\nTutti aspirano ad una casa, ma solo pochi affittano, e solo per la stagione di raccolta, agli africani. I più non potrebbero comunque pagarsela: i soldi della raccolta, pochi e sudati, lavorando dalle 7 del mattino alle 4 del pomeriggio, vanno anche alle famiglie rimaste in Africa. Troppo poco per immaginare una casa vera.\r\n\r\nLa scorsa settimana, quando è divampato il rogo tanti hanno provato a salvare le loro cose, pezzi della loro vita. La polizia ha intimato di stare lontani e, per essere più convincente, ha distribuito qualche manganellata.\r\nQuando, un'ora dopo, sono arrivati i vigili del fuoco un'intera area del campo era andata in fumo. In una delle baracche è stato trovato il corpo di Moussa Ba.\r\nL'ultimo di tanti. La rabbia e il senso di impotenza traspare chiaramente dalle lucide parole del ragazzo che ha ben compreso la posta in gioco e non vorrebbe essere ancora pedina sulla scacchiera disegnata per lui.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/02/2019-02-19-baraccopoli.mp3\"][/audio]\r\n\r\nNel giorno in cui le 5Stelle hanno garantito l'immunità a Salvini per il sequestro di decine di naufraghi, recuperati dalla nave della Marina Militare \"Diciotti\" e rimasti per settimane senza possibilità di sbarcare di fronte al porto di Catania abbiamo parlato con Alessandro Dal Lago, docente all'università di Genova, autore di numerosi studi sull'immigrazione.\r\nUna buona occasione per ragionare sulle politiche governative, i respingimenti in Libia, le morti in mare, nella lunga guerra contro la gente in viaggio.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/02/2019-02-19-dal-lago-immigrazione.mp3\"][/audio]","20 Febbraio 2019","2019-02-20 15:24:22","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/02/campodistruttomigranti-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/02/campodistruttomigranti-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/02/campodistruttomigranti-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/02/campodistruttomigranti-768x511.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/02/campodistruttomigranti-1024x681.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/02/campodistruttomigranti.jpg 1240w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Arance insanguinate e ruspe: dalla Diciotti a Rosarno",1550676216,[310,249,311,312,68,313,314,315,316,317,318],"http://radioblackout.org/tag/braccianti-immigrati/","http://radioblackout.org/tag/immunita-parlamentare/","http://radioblackout.org/tag/linformazione-di-blackout/","http://radioblackout.org/tag/moussa-ba/","http://radioblackout.org/tag/nave-diciotti/","http://radioblackout.org/tag/rogo-baraccopoli/","http://radioblackout.org/tag/rosarno/","http://radioblackout.org/tag/salvini/","http://radioblackout.org/tag/san-fedinando/",[33,253,320,35,15,321,322,323,324,325,326],"immunità parlamentare","moussa ba","nave diciotti","rogo baraccopoli","rosarno","salvini","san fedinando",{"post_content":328},{"matched_tokens":329,"snippet":330,"value":331},[84,85],"almeno il 60% dei 3.500 \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> \u003Cmark>stranieri\u003C/mark> censiti dalla clinica mobile di","Nell'ennesimo rogo nella Baraccopoli di Rosarno è morto un lavoratore immigrato. 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La rabbia e il senso di impotenza traspare chiaramente dalle lucide parole del ragazzo che ha ben compreso la posta in gioco e non vorrebbe essere ancora pedina sulla scacchiera disegnata per lui.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/02/2019-02-19-baraccopoli.mp3\"][/audio]\r\n\r\nNel giorno in cui le 5Stelle hanno garantito l'immunità a Salvini per il sequestro di decine di naufraghi, recuperati dalla nave della Marina Militare \"Diciotti\" e rimasti per settimane senza possibilità di sbarcare di fronte al porto di Catania abbiamo parlato con Alessandro Dal Lago, docente all'università di Genova, autore di numerosi studi sull'immigrazione.\r\nUna buona occasione per ragionare sulle politiche governative, i respingimenti in Libia, le morti in mare, nella lunga guerra contro la gente in viaggio.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/02/2019-02-19-dal-lago-immigrazione.mp3\"][/audio]",[333],{"field":119,"matched_tokens":334,"snippet":330,"value":331},[84,85],{"best_field_score":159,"best_field_weight":160,"fields_matched":263,"num_tokens_dropped":48,"score":264,"tokens_matched":22,"typo_prefix_score":48},6646,{"collection_name":59,"first_q":77,"per_page":338,"q":77},6,{"facet_counts":340,"found":160,"hits":378,"out_of":531,"page":263,"request_params":532,"search_cutoff":37,"search_time_ms":124},[341,354],{"counts":342,"field_name":352,"sampled":37,"stats":353},[343,346,348,350],{"count":344,"highlighted":345,"value":345},8,"anarres",{"count":19,"highlighted":347,"value":347},"frittura mista",{"count":263,"highlighted":349,"value":349},"stakka stakka",{"count":263,"highlighted":351,"value":351},"Il giornale malandrino","podcastfilter",{"total_values":228},{"counts":355,"field_name":36,"sampled":37,"stats":376},[356,358,360,362,364,366,368,370,372,374],{"count":19,"highlighted":357,"value":357},"torino",{"count":22,"highlighted":359,"value":359},"arresti",{"count":263,"highlighted":361,"value":361},"quirra",{"count":263,"highlighted":363,"value":363},"kyenge",{"count":263,"highlighted":365,"value":365},"forconi",{"count":263,"highlighted":367,"value":367},"9 dicembre",{"count":263,"highlighted":369,"value":369},"dolores valandro",{"count":263,"highlighted":371,"value":371},"primo maggio 2014",{"count":263,"highlighted":373,"value":373},"spezzone rosso nero",{"count":263,"highlighted":375,"value":375},"tre giorni contro il CIE",{"total_values":377},31,[379,405,433,459,484,508],{"document":380,"highlight":396,"highlights":401,"text_match":157,"text_match_info":404},{"comment_count":48,"id":381,"is_sticky":48,"permalink":382,"podcastfilter":383,"post_author":384,"post_content":385,"post_date":386,"post_excerpt":54,"post_id":381,"post_modified":387,"post_thumbnail":388,"post_title":389,"post_type":390,"sort_by_date":391,"tag_links":392,"tags":394},"84108","http://radioblackout.org/podcast/un-foglio-di-carta-nellera-del-web-21-04-2023/",[351],"giornalemalandrino"," \r\n\r\nbizzòlo è il periodico liberatorio edito dal Lavoratorio dell’associazione More - un laboratorio di idee e spazio di lavoro condiviso. Trimestrale cartaceo di storie meridionali con testi di Tiziana Barillà e fotografie di Fabio Itri.\r\n\r\n«Siamo una giornalista e un fotografo. Siamo meridionali, viviamo a Reggio Calabria e sentiamo l’esigenza di raccontare il Meridione attraverso il nostro immaginario: da un bizzòlo. Con questa espressione reggina viene chiamato lo scalino appena fuori dall’uscio di casa o della bottega. Uno spazio che da secoli è sinonimo di condivisione, scambio di opinioni ed esperienze. Una specie di piccola agorà di periferia, lontana dai palazzi di potere.»\r\n\r\n\r\n\r\nTiziana Barillà (nonseneparla.wordpress.com) Giornalista professionista, reggina, libertaria. Scrive di politica, migranti, lavoro, diritti umani e musica. Come giornalista ha collaborato a lungo con il settimanale Left e con altre testate giornalistiche. Come autrice ha scritto libri e documentari. Il suo blog è nonseneparla.it\r\n\r\nFabio Itri (www.fabioitri.com) Fabio Itri, fotografo documentarista reggino. Lavora a progetti personali, progetti editoriali e collabora con diversi media e magazine. Le sue immagini, i suoi lavori e quelli commissionati sono stati pubblicati su riviste quali: Le Monde, National Geographic, Der Spiegel, Stern, Internazionale, L’Essenziale, L’Espresso, il Venerdì di Repubblica, Left.\r\n\r\n \r\n\r\nTra le tematiche affrontate: il 41bis, la repressione, immigrazione e sfruttamento dei lavoratori stranieri, progetto ponte sullo stretto.\r\n\r\n \r\n\r\nIn chiusura riprendiamo il discorso iniziato mesi fa sul decreto (ormai legge) antirave e sul collettivo Reclaim the street che si riprenderanno le strade questo sabato 22 04 2023 delle h 14:00 per un’altra Street rave parade con partenza da Torino esposizioni.\r\n\r\n \r\n\r\nSelezione musicale a cura di Miss Fra e Mr. Kang, riascoltabile qui\r\n\r\nTutto squat, il giornale malandrino del 21/04/2023\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ","21 Aprile 2023","2024-11-22 00:45:55","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/immagine_2023-10-05_162850281-200x110.png","Un foglio di carta nell’era del web - TuttoSquat 21.04.2023","podcast",1682105910,[393],"http://radioblackout.org/tag/tutto-squat-il-giornale-malandrino/",[395],"Tutto squat - Il giornale malandrino",{"post_content":397},{"matched_tokens":398,"snippet":399,"value":400},[84,85],"repressione, immigrazione e sfruttamento dei \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> \u003Cmark>stranieri\u003C/mark>, progetto ponte sullo stretto.\r\n\r\n \r"," \r\n\r\nbizzòlo è il periodico liberatorio edito dal Lavoratorio dell’associazione More - un laboratorio di idee e spazio di lavoro condiviso. 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D'altra parte Valandro era già in odore di eresia per essersi schierata con il potente padre della formazione padana Umberto Bossi.\r\nColpisce che, nonostante la presa di distanza dei vertici del suo partito Valandro abbia numerosi sostenitori: il gruppo facebook fatto in sua difesa ha raccolto in poche ore 3.625 iscritti.\r\nInutile sottolineare il razzismo insito nel frequentare un sito che si occupa in esclusiva dei reati commessi da immigrati, come se vi fosse in questo una particolarità genetica evidente. Il razzismo fa parte del DNA della Lega, un partito che si pasce delle ceneri dei tanti autonomismi del nord, ma costruisce la propria identità nella creazione di una piccola patria assediata da una decadenza inarrestabile.\r\nI nemici iniziali della Lega furono i meridionali, al punto che all'epoca della promulgazione della prima legge che ne limitava l'accesso nel nostro paese, legge firmata dal socialista Claudio Martelli, i leghisti si opposero perché ritenevano che l'ingresso di lavoratori stranieri avrebbe ridotto il numero di indolenti lavoratori meridionali.\r\nLa vicenda di cui è stata protagonista Dolores Valandro, pur pienamente inscrivibile negli stereotipi del razzismo in salsa padana, rimanda ad un razzismo più profondo, quello maturato durante l'era feroce del colonialismo italiano nel corno d'Africa.\r\nLe popolazioni colonizzate erano descritte in modo da renderne pressoché inattingibile l'umanità. Pavidi, feroci, stupratori gli uomini, animalesche e disponibili le donne. Il nostro paese non ha mai fatto i conti con la cultura che lo ha permeato negli anni della conquista coloniale prima e dell'Impero poi.\r\nL'utilizzo di gas nervini contro le truppe indigene, gli stupri delle donne, indicate come posta in palio della conquista, ne sono il segno distintivo. Le nuove terre da coltivare erano rappresentate con corpi di donne discinte, la colonna sonora era \"Faccetta nera\", le icone erano le cartoline di donne nude scattate a beneficio delle truppe.\r\nDopo la conquista la propaganda muta di segno: il mito della venere nera, selvaggia, animalesca ma desiderabile, cede il passo ad un'immagine disgustosa, ripugnante, quasi deforme, veicolata dalla rivista \"La difesa della razza\".\r\nIn questa ambivalenza è la radice del razzismo verso gli africani e le africane, che riemerge potente nell'invettiva di Dolly Valandro. Una donna può augurare ad un'altra donna lo stupro solo se quell'altra donna viene esclusa dall'umanità, inscritta in un immaginario feroce di esclusione. Bestia, prostituta, ripugnante.\r\n\r\nAnarres ne ha discusso con un compagno di Pisa Roberto.\r\nAscolta la diretta\r\n2013 06 14 robertino lega stupro","17 Giugno 2013","2018-10-17 22:59:46","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/06/clip_image0014-200x110.jpg","Kyenge, la Lega e il retaggio coloniale",1371493966,[417,418,419,179,420],"http://radioblackout.org/tag/dolores-valandro/","http://radioblackout.org/tag/kyenge/","http://radioblackout.org/tag/lega-nord/","http://radioblackout.org/tag/retaggio-coloniale/",[369,363,422,189,423],"Lega Nord","retaggio coloniale",{"post_content":425},{"matched_tokens":426,"snippet":427,"value":428},[84,85],"perché ritenevano che l'ingresso di \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> \u003Cmark>stranieri\u003C/mark> avrebbe ridotto il numero di","Le brutali dichiarazioni dell'esponente leghista Dolores Valandro, che augurava al ministro Kyenge di essere stuprata perché potesse capire cosa \"provavano le vittime di stupro\", postata su un sito specializzato in \"crimini degli immigrati\" hanno suscitato un'indignazione indignazione tale da indurre i dirigenti del suo partito ad espellerla. 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Inoltre abbiamo lanciato l'appuntamento della cena benefit organizzata per raccogliere i fondi necessari ai viaggi di spostamento tra Torino e Milano che serviranno ai riders per andare a presidiare nei tribunali dove avverranno questi processi contro i loro aguzzini. Questo è quanto recita il testo dell'evento per la cena di cui sopra che si terrà il 15 Novembre all'Edera Squat:\r\n\r\nIl 15 novembre all’Edera squat, in via Pianezza,115, ci sarà una gustosa cena benefit dai sapori africani per sostenere i riders di Uber eats. \r\nQuesti lavoratori venivano assunti da un intermediario, FRC, ma di fatto erano alle dipendenze di Uber eats. Le condizioni di lavoro alle quali erano sottoposti: pagati 3 euro a consegna, multati senza giustificazioni, licenziati con un click, costretti a ritmi di lavoro massacranti, senza nessuna misura di sicurezza, reclutati per lo più nei centri di accoglienza, tutti stranieri in fuga da territori ostili, facilmente ricattabili.\r\nI lavoratori di Milano e di Torino si sono uniti e organizzati in maniera autonoma animando sciopero e presidi e dando vita a diverse cause, penali e civili, contro Uber e FRC.\r\nQuesto benefit ha l'obiettivo di raccogliere fondi affinché i rider possano spostarsi tra Milano e Torino per poter partecipare ai processi che li riguardano e avere l’opportunità di rivendicare ancora una volta uniti i propri diritti.\r\nIl 18 novembre verrà emessa la sentenza di primo grado, la prima in Italia, che deciderà del caso dei rider di Uber e noi saremo presenti per portare solidarietà ai nostri colleghi. \r\nhttps://www.facebook.com/1251882561499034/posts/4737705979583324/\r\n\r\nbuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/11/F_m_09_11_Druetta-su-causa-riders-Uber-Eats.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\nIl secondo approfondimento lo abbiamo fatto con Cosimo Scarinzi della CUB Torino che ci ha illustrato le motivazioni che hanno spinto il sindacato di base di cui fa parte, oltre che Asia Usb, Potere al popolo, Cambiare Rotta, Mamme in piazza per la libertà di dissenso Case Occupate di zona San Paolo Assemblea No Tav Torino e cintura, Associazione amici di via Revello, di scendere in presidio davanti a palazzo di città per ribadire che:\r\n\r\nLa nuova giunta Lo Russo sa già di vecchio: le prime dichiarazioni riportano senza sconti al modello basato su grandi progetti speculativi, centro città come una vetrina per grandi eventi, esternalizzazioni e precarietà lavorativa, sostegno ai privati a scapito del pubblico e assessori “consigliati” dalle fondazioni bancarie.\r\n\r\nUn modello che i 5 Stelle avevano dichiarato di voler stravolgere ricevendo un largo sostegno da larghe fette di popolazione. Aspettative che hanno però totalmente disatteso sia ignorando i bisogni delle periferie sia avvicinandosi nuovamente al medesimo modello di gestione del Sistema Torino.\r\n\r\nUn modello di sviluppo che ha prodotto in oltre tre decenni problematiche sociali sempre più pesanti per la città. 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Per questo il 13 ottobre, di fronte alla prospettiva di circa 1100 lavoratori in esubero (contando anche il personale in appalto, mense, pulizie ecc..) c'è stato un presidio con assemblea davanti allo stabilimento Maserati, dal quale è uscita forte la richiesta di avere risposte chiare dal colosso Stellantis.\r\n\r\nbuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/11/F_m_09_11_FIOM-su-trasferimento-Maserati-Grugliasco-e-Stellantis.mp3\"][/audio]","17 Novembre 2021","2021-11-17 18:24:53","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/11/treves_mi-spiace-200x110.jpg","frittura mista|radio fabbrica 09/11/2021",1637173493,[],[],{"post_content":448},{"matched_tokens":449,"snippet":450,"value":451},[85,84],"nei centri di accoglienza, tutti \u003Cmark>stranieri\u003C/mark> in fuga da territori ostili, facilmente ricattabili.\r\nI \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> di Milano e di Torino","Il primo collegamento l'abbiamo fatto con Giulia Druetta, avvocatessa dei riders in causa contro Uber Eats e i suoi intermediari, che ci ha raccontato come è nata l'intenzione da parte di questi ragazzi di origine africana auto organizzati, a portare avanti una lotta per pretendere giustizia per loro e per i loro colleghi. Inoltre abbiamo lanciato l'appuntamento della cena benefit organizzata per raccogliere i fondi necessari ai viaggi di spostamento tra Torino e Milano che serviranno ai riders per andare a presidiare nei tribunali dove avverranno questi processi contro i loro aguzzini. Questo è quanto recita il testo dell'evento per la cena di cui sopra che si terrà il 15 Novembre all'Edera Squat:\r\n\r\nIl 15 novembre all’Edera squat, in via Pianezza,115, ci sarà una gustosa cena benefit dai sapori africani per sostenere i riders di Uber eats. \r\nQuesti \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> venivano assunti da un intermediario, FRC, ma di fatto erano alle dipendenze di Uber eats. Le condizioni di lavoro alle quali erano sottoposti: pagati 3 euro a consegna, multati senza giustificazioni, licenziati con un click, costretti a ritmi di lavoro massacranti, senza nessuna misura di sicurezza, reclutati per lo più nei centri di accoglienza, tutti \u003Cmark>stranieri\u003C/mark> in fuga da territori ostili, facilmente ricattabili.\r\nI \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> di Milano e di Torino si sono uniti e organizzati in maniera autonoma animando sciopero e presidi e dando vita a diverse cause, penali e civili, contro Uber e FRC.\r\nQuesto benefit ha l'obiettivo di raccogliere fondi affinché i rider possano spostarsi tra Milano e Torino per poter partecipare ai processi che li riguardano e avere l’opportunità di rivendicare ancora una volta uniti i propri diritti.\r\nIl 18 novembre verrà emessa la sentenza di primo grado, la prima in Italia, che deciderà del caso dei rider di Uber e noi saremo presenti per portare solidarietà ai nostri colleghi. \r\nhttps://www.facebook.com/1251882561499034/posts/4737705979583324/\r\n\r\nbuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/11/F_m_09_11_Druetta-su-causa-riders-Uber-Eats.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\nIl secondo approfondimento lo abbiamo fatto con Cosimo Scarinzi della CUB Torino che ci ha illustrato le motivazioni che hanno spinto il sindacato di base di cui fa parte, oltre che Asia Usb, Potere al popolo, Cambiare Rotta, Mamme in piazza per la libertà di dissenso Case Occupate di zona San Paolo Assemblea No Tav Torino e cintura, Associazione amici di via Revello, di scendere in presidio davanti a palazzo di città per ribadire che:\r\n\r\nLa nuova giunta Lo Russo sa già di vecchio: le prime dichiarazioni riportano senza sconti al modello basato su grandi progetti speculativi, centro città come una vetrina per grandi eventi, esternalizzazioni e precarietà lavorativa, sostegno ai privati a scapito del pubblico e assessori “consigliati” dalle fondazioni bancarie.\r\n\r\nUn modello che i 5 Stelle avevano dichiarato di voler stravolgere ricevendo un largo sostegno da larghe fette di popolazione. Aspettative che hanno però totalmente disatteso sia ignorando i bisogni delle periferie sia avvicinandosi nuovamente al medesimo modello di gestione del Sistema Torino.\r\n\r\nUn modello di sviluppo che ha prodotto in oltre tre decenni problematiche sociali sempre più pesanti per la città. Una gestione che ha creato diseguaglianze crescenti orientando le risorse della città a favore di pochi grandi imprenditori e gruppi finanziari a scapito di un’altissima fetta di \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> che vivono di lavori sempre più precari e meno pagati.\r\n\r\nLa giunta Lo Russo ripropone oggi tale visione politica, che ha compromesso l’accesso a strati di popolazione sempre più ampi da diritti elementari come la casa, il lavoro, la sanità, i trasporti fino ai documenti.\r\n\r\nConvochiamo un presidio pubblico sotto il Comune di Torino il giorno del primo consiglio comunale l'8 novembre alle 16.30, aperto a tutte le realtà e ai singoli che da anni portano avanti battaglie per contrastare questo modello escludente di sviluppo. Scendiamo in piazza per rafforzare l’alternativa sociale in questa città e rimettere al centro i bisogni e le necessità delle classi popolari, dei \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> e degli emarginati.\r\n\r\nbuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/11/F_m_09_11_Scarinzi-su-presidio-instaurazione-giunta-Lo-Russo.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\nIl terzo approfondimento lo abbiamo fatto con Edi Lazzi, segretario FIOM Torino, col quale abbiamo provato a capire le intenzioni presenti e future che Stellantis intende applicare sui propri stabilimenti, a Torino e non. Nella fattispecie abbiamo parlato di una decisione, ovvero quella di trasferire (e di fatto ridimensionare drasticamente) le produzioni della Maserati di Grugliasco (Ex Bertone) a Mirafiori, ma senza poter garantire il posto di lavoro a chi verrà escluso da questo ridimensionamento, nè garantendo sicurezze a chi inizierà a lavorare in un nuovo stabilimento senza sapere per quanto tempo ancora. Per questo il 13 ottobre, di fronte alla prospettiva di circa 1100 \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> in esubero (contando anche il personale in appalto, mense, pulizie ecc..) c'è stato un presidio con assemblea davanti allo stabilimento Maserati, dal quale è uscita forte la richiesta di avere risposte chiare dal colosso Stellantis.\r\n\r\nbuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/11/F_m_09_11_FIOM-su-trasferimento-Maserati-Grugliasco-e-Stellantis.mp3\"][/audio]",[453],{"field":119,"matched_tokens":454,"snippet":450,"value":451},[85,84],1157451470367359000,{"best_field_score":457,"best_field_weight":160,"fields_matched":263,"num_tokens_dropped":48,"score":458,"tokens_matched":22,"typo_prefix_score":48},"2211897344000","1157451470367359089",{"document":460,"highlight":472,"highlights":477,"text_match":480,"text_match_info":481},{"comment_count":48,"id":461,"is_sticky":48,"permalink":462,"podcastfilter":463,"post_author":345,"post_content":464,"post_date":465,"post_excerpt":54,"post_id":461,"post_modified":466,"post_thumbnail":467,"post_title":468,"post_type":390,"sort_by_date":469,"tag_links":470,"tags":471},"98622","http://radioblackout.org/podcast/anarres-del-23-maggio-il-leone-di-chicago-referendum-una-trappola-fascisti-in-barriera/",[345],"ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming\r\n\r\nAscolta e diffondi l’audio della puntata:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/06/2025-05-23-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nIl Leone di Chicago\r\nIl nuovo papa, agostiniano statunitense, per ora non gode a sinistra delle stesse simpatie del suo predecessore, nonostante abbia le stesse posizioni sulle donne, le persone omosessuali, trans, non binarie. Ma che dire? Prevost non è certo un populista. Anche se, essendo noto per il proprio spiccato antisemitismo, si è affrettato a correre ai ripari, stringendo la mano al presidente israeliano.\r\nPer capirne di più dobbiamo mettere in fila alcuni fattori chiave. Il primo è sicuramente la scelta del nome, mai casuale per i papi, che danno il loro primo segnale, scegliendo un nome adottato da un papa il cui ruolo è stato in qualche modo cruciale. Leone XIII fu il papa della Rerum Novarum cupiditas, l’enciclica con cui venne formulata la dottrina sociale della chiesa cattolica, basata sulla collaborazione di classe in opposizione alla guerra di classe. In questa stessa enciclica vi è una critica dei processi di industrializzazione, che oggi, in tempi mutati potrebbe avere una forte eco.\r\nInoltre un agostiniano sul soglio di Pietro, con l’insistito ruolo della grazia divina come necessaria ispirazione al bene, può rappresentare una forte alternativa alle chiese evangeliche, che stanno scalzando il cattolicesimo sia in Sud America che in Africa.\r\nNe abbiamo parlato con Giorgio Sacchetti, docente di storia all’Università di Firenze\r\n\r\nReferendum. Una trappola insidiosa\r\nI referendum abrogativi sul reintegro sul posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo, le indennità per i lavoratori licenziati nelle imprese con meno di 15 dipendenti, i contratti a termine, la responsabilità delle aziende committenti sugli infortuni nel lavoro in caso di appalti e la riduzione del tempo necessario per richiedere la cittadinanza italiana da parte dei cittadini stranieri, sono ancora una volta un'arma spuntata per i movimenti sociali.\r\nIl gioco referendario ha le sue regole ferree: se non si raggiunge il quorum del 50% + 1, il referendum viene invalidato, portando acqua al mulino del governo.\r\nNon solo. In passato anche i referendum che hanno raggiunto il quorum e la maggioranza sono stati regolarmente svuotati come una vasca da bagno quando si toglie il tappo.\r\nUn buon esempio è il referendum sull'acqua pubblica che, a distanza di oltre un decennio, è stato totalmente ignorato.\r\nNe abbiamo parlato con Gian Maria Valent\r\n\r\nCroci celtiche alla lapide di Ilio Baroni.\r\nChiamata Antifascista per una Barriera libera e solidale. No Pasarán!\r\nAd un mese dalla partecipata commemorazione del 25 aprile, ignoti neofascisti hanno insultato la memoria della Resistenza sfregiando con i loro simboli di morte la lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni.\r\nDomenica 25 maggio ore 16,30 presidio alla lapide in corso Giulio Cesare angolo corso Novara\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nSabato 28 giugno\r\ndalle 10,30 alle 12,30\r\npresidio antimilitarista in corso Palermo angolo via Sesia\r\nVia i militari e la polizia da Barriera di Milano!\r\n\r\nA-Distro e SeriRiot\r\nvanno in pausa sino a settembre\r\nCi troverete alla Blackout fest!\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46\r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20,30\r\nper info scrivete a fai_torino@autistici.org\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFB\r\n@senzafrontiere.to/\r\n\r\nTelegram\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter mandando una mail ad: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","20 Giugno 2025","2025-06-20 01:10:30","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/06/faccia-spinata-200x110.jpg","Anarres del 23 maggio. 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Il rapporto racconta che nel nostro paese, facente parte del G20, i salari sono diminuiti dal 2008 a oggi dell’8,7%, con un divario di genere del 9,7%, tra i più elevati in tutta l’UE. Federico fa notare che la narrazione del governo annuncia nei media con titoli sensazionalistici che i salari sono aumentati ed è stato superato il divario con l'inflazione che è molto in contraddizione con il rapporto citato. In esso vi è sottolineato che i divari sono legati anche all'etnia: gli autoctoni a parità di mansione guadagnano il 23,3% in più dei cittadini stranieri.\r\nE mentre è lampante come nelle economie avanzate c'è una reale erosione/diminuzione del salario nelle economie emergenti assitiamo ad un crescita costante di esso.\r\nSe non si torna al conflitto di classe non si risale la china...\r\nBuon ascolto\r\n\r\nRapporto mondiale sui salari 2024–25 lo trovate qui:\r\nhttps://www.ilo.org/it/publications/rapporto-mondiale-sui-salari-2024-25-le-tendenze-dei-salari-e-delle\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/04/F_m_15_04_Federico-Giusti-su-ultimi-studi-su-potere-dacquisto-e-contrattazione-sindacale.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\nIl secondo argomento è stato nuovamente quello delle lotte nel mondo del lavoro sociale. Al telefono con Roberto del Movimento Educatori e OSS di Torino e Provincia, siamo andati infatti a ripercorrere lo sviluppo di questa lotta per la sopravvivenza di almeno un migliaio di posti di lavoro, oltre che di un servizio stesso di assistenza alla cittadinanza. Convincono poco le parole dei rappresentati istituzionali che hanno dato udienza a lavoratori e lavoratrici fino ad ora, perciò sabato 12 Aprile questo gruppo autorganizzato, assieme ai cosidetti \"utenti\" e le loro famiglie, si è dato appuntamento in centro a Torino per un nuovo presidio che denuncia il pietoso stato delle cose di questo settore. Intanto il gruppo di Educatori e OSS di Torino e Provincia cerca l'allargamento della sua base e nuove potenziali alleanze con altri lavoratori e lavoratrici che potrebbero venire colpiti dalla mancanza di rinnovo delle tariffe, argomento su cui regna una confusione totale, con il comune che definisce il termine ultimo per l'aggiornamento a giugno e la regione a dicembre.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/04/F_m_15_04_Roberto-su-ultimo-presidio-e-continuazione-lotte-educatori-e-oss-Torino-e-Provincia.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\nIl terzo approfondimento della puntata lo abbiamo fatto in compagnia di Arturo del SUDD Cobas, ed è proprio di questo \"giovane\" sindacato nato nella'estate del 2024 che abbiamo ripercorso le fasi che hanno portato alla sua nascita oltre, alle idee le pratiche e l'approccio che lo contraddistinguono nel presente. Il nostro ospite oltre a descriverci in generale delle varie lotte che hanno affrontato in questi mesi di attività, è passato a raccontarci dell'iniziativa \"Primavera 8x5\", con la quale si chiede semplicemente ai datori, di applicare ai lavoratori e lavoratrici contratti di 8 ore al giorno per 5 giorni alla settimana. Rivendicazioni che suonano come antiche ma che sono drammaticamente attuali, infine abbiamo passato in rassegna i prossimi appuntamenti che vedranno coinvolto il SUDD Cobas il 19 Aprile a questo evento e il 1 Maggio a quest'altro.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/04/F_m_15_04_Arturo-SUDD-Cobas-su-nascita-sindacato-e-aggiornamento-mobilitazioni.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]","23 Aprile 2025","2025-04-23 09:45:45","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/04/487502581_1181269533790120_3656893876909475792_n-200x110.jpg","frittura mista|radio fabbrica 15/04/2025",1745401545,[496],"http://radioblackout.org/tag/frittura-mista-radio-fabbrica/",[498],"frittura mista radio fabbrica",{"post_content":500},{"matched_tokens":501,"snippet":502,"value":503},[85],"23,3% in più dei cittadini \u003Cmark>stranieri\u003C/mark>.\r\nE mentre è lampante come","Il primo approfondimento lo abbiamo fatto in compagnia Di Federico Giusti della redazione del blog delegati-lavoratori-indipendenti-Pisa sull'ultimo rapporto mondiale sui salari dell'organizzazione internazionale del lavoro (OIL). 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Intanto il gruppo di Educatori e OSS di Torino e Provincia cerca l'allargamento della sua base e nuove potenziali alleanze con altri \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> e lavoratrici che potrebbero venire colpiti dalla mancanza di rinnovo delle tariffe, argomento su cui regna una confusione totale, con il comune che definisce il termine ultimo per l'aggiornamento a giugno e la regione a dicembre.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/04/F_m_15_04_Roberto-su-ultimo-presidio-e-continuazione-lotte-educatori-e-oss-Torino-e-Provincia.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\nIl terzo approfondimento della puntata lo abbiamo fatto in compagnia di Arturo del SUDD Cobas, ed è proprio di questo \"giovane\" sindacato nato nella'estate del 2024 che abbiamo ripercorso le fasi che hanno portato alla sua nascita oltre, alle idee le pratiche e l'approccio che lo contraddistinguono nel presente. Il nostro ospite oltre a descriverci in generale delle varie lotte che hanno affrontato in questi mesi di attività, è passato a raccontarci dell'iniziativa \"Primavera 8x5\", con la quale si chiede semplicemente ai datori, di applicare ai \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> e lavoratrici contratti di 8 ore al giorno per 5 giorni alla settimana. Rivendicazioni che suonano come antiche ma che sono drammaticamente attuali, infine abbiamo passato in rassegna i prossimi appuntamenti che vedranno coinvolto il SUDD Cobas il 19 Aprile a questo evento e il 1 Maggio a quest'altro.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/04/F_m_15_04_Arturo-SUDD-Cobas-su-nascita-sindacato-e-aggiornamento-mobilitazioni.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]",[505],{"field":119,"matched_tokens":506,"snippet":502,"value":503},[85],{"best_field_score":482,"best_field_weight":160,"fields_matched":263,"num_tokens_dropped":48,"score":483,"tokens_matched":22,"typo_prefix_score":48},{"document":509,"highlight":522,"highlights":527,"text_match":480,"text_match_info":530},{"comment_count":48,"id":510,"is_sticky":48,"permalink":511,"podcastfilter":512,"post_author":513,"post_content":514,"post_date":515,"post_excerpt":54,"post_id":510,"post_modified":516,"post_thumbnail":517,"post_title":518,"post_type":390,"sort_by_date":519,"tag_links":520,"tags":521},"90853","http://radioblackout.org/podcast/stakkastakka-3-luglio-2024-intervista-antonio-casilli/",[349],"underscore","Puntata completa\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/stakkastakka-231.mp3\"][/audio]\r\n\r\nIntervista Antonio Casilli\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/stakkastakka-casilli.mp3\"][/audio]\r\n\r\nCollegato con noi c'è Antonio Casilli, professore dell'Istituto Politecnico di Parigi e autore di diversi lavori, tra cui un libro pubblicato in Italia nel 2021, Schiavi del Click. Fa parte del gruppo di ricerca DiPLab.\r\n\r\nAllora Antonio, noi ti abbiamo contattato perché al di là del tuo libro che ha avuto un discreto successo, è che sia in Italia che in Francia, dove mi pare l'hai pubblicato la prima volta nel 2019, sappiamo anche che a breve verrà pubblicato in un'edizione inglese, aggiornata, non ho capito se è già pubblicato o verrà pubblicato a quest'autunno.\r\n\r\nAllora, sto rivedendo per l'ennesima volta le bozze, quindi esce tra qualche mese in America con la Chicago University Press e quindi siamo molto eccitati tutti.\r\nPer questa opportunità di parlare a un pubblico più vasto, ecco.\r\n\r\nEcco, allora a partire proprio dal tuo lavoro abbiamo diverse domande per arrivare poi anche agli ultimissime ricerche che hai fatto con i tuoi collaboratori e altri ricercatori. Ma prima di arrivare un attimo a questo tema vorremmo un attimo definirne dei contorni e quindi incominciare chiedendoti un pochino come sei arrivato negli ultimi anni nel tuo lavoro di ricerca a occuparti di lavoro digitale e in particolar modo di intelligenza artificiale e la sua intersezione col mondo del lavoro.\r\n\r\nAllora diciamo che io ho un percorso un po' lungo perché sono vecchietto e strano perché comincia in Italia diciamo in giri operaisti e autonomi, stiamo parlando di diversi decenni fa, e poi quando mi sono trasferito all'estero il tutto si è articolato, si è complessificato perché ho iniziato soprattutto a interessarmi alla sociologia di internet, quindi da sociologo e un po' economista, decisamente interessato alle tematiche del lavoro, sono arrivato a questa grande questione che è: che cosa fa l'intelligenza artificiale al lavoro?\r\nLa risposta tipica sarebbe: l'intelligenza artificiale distrugge il lavoro, ma dopo anni di ricerche con i miei collaboratori in diverse parti del mondo e poi ne riparleremo quali, sono arrivato a una conclusione un po' diversa e cioè sarebbe a dire che tanto per cominciare questa idea della distruzione dei posti di lavoro è un pretesto.\r\nI posti di lavoro sono distrutti ma sono distrutti per una scelta degli imprenditori, per una scelta dei poteri pubblici, per una scelta dei capitalisti sostanzialmente e si usano le macchine.\r\nMa queste macchine in realtà non funzionano tanto bene, perché per farle funzionare ancora oggi c'è bisogno di tantissimo lavoro nascosto e questo lavoro nascosto viene chiamato digital labor o micro lavoro o lavoro dei dati, insomma ci sono tante maniere di definirlo, ma è sostanzialmente un lavoro che è necessario per tenere su grandi exploit tecnologici come per esempio ChatGPT.\r\nChatGPT non funziona soltanto per la magia degli algoritmi, ma come è stato dimostrato già subito dopo il suo lancio nel novembre 2022 ci sono diverse migliaia di persone che stanno lì a filtrare i dati e tantissime altre ancora di più che stanno lì a verificare se le risposte sono corrette, a volte siamo noi stessi, a volte sono delle persone pagate.\r\nMa queste persone sono pagate molto poco, vivono in condizioni di lavoro terribili che noi documentiamo un po' in tutto il mondo perché, e qui riveniamo a dove sono messi, anche se queste grandi imprese tecnologiche sono spesso presentate come la Silicon Valley o tutt'al più facciamo lo sforzo di vederle anche in Cina, nei grandi distretti industriali cinesi, in realtà sono largamente delle tecnologie sviluppate in paesi a basso reddito.\r\nQuindi quelli che venivano una volta chiamati paesi in via di sviluppo che nel frattempo si sono ampiamente sviluppati ma che continuano a avere seri problemi di distribuzione ineguale dei redditi, forti tassi di povertà, forti percentuali di persone che sono pronte a lavorare per pochissimo e quindi sono lì che le grandi imprese come OpenAI, come Meta vanno a raccogliere, per aiutare questi lavoratori poveri dei dati.\r\n\r\nPrendiamo un tema che tu hai affrontato più volte sia nel tuo libro ma anche in numerose ricerche che hai pubblicato, che è quello della scomparsa del lavoro, un tema che cerchi di andare a smontare a più riprese su come le nuove tecnologie, che siano l'automazione nei processi produttivi o le intelligenze artificiali nei servizi e nel commercio vadano a rendere inutile il lavoro umano. Ecco secondo te a quali fenomeni possiamo invece ricondurre quello che è poi l'impatto reale dell'adozione di prodotti commerciali basati su intelligenza artificiale nel mondo del lavoro? E poi come nasce questo mito della scomparsa del lavoro?\r\n\r\nSe vogliamo il mito della scomparsa del lavoro è un prodotto ideologico del sistema capitalistico attuale.\r\nQuando parlo di ideologia parlo veramente del fatto che è un mito che introduce un forte elemento di propaganda. Siamo tutti purtroppo confrontati all'emergenza di questa retorica politica del great replacement, la grande sostituzione, che di solito è un elemento, diciamo così, un argomento che è tirato fuori da razzisti e fascisti di diversa appartenenza politica. Quando sentiamo parlare di great replacement, di grande sostituzione, perché arrivano gli immigrati o arrivano altre persone che entrano nel mondo del lavoro, identifichiamo immediatamente queste persone come dei razzisti.\r\nMa non li identifichiamo altrettanto facilmente quando invece ci viene presentata questa idea della grande sostituzione tecnologica. Cioè l'idea secondo la quale i lavoratori non perderanno il loro lavoro a causa di immigrati o nuovi soggetti sociali, ma a causa delle macchine. In realtà si tratta dello stesso tipo di ragionamento e se guardiamo bene chi lo porta, chi veicola questo tipo di discorso, sono le stesse persone. Una persona che purtroppo qui in Francia è molto conosciuta, che è Jordan Bardellà, e ci sono delle possibilità, una percentuale non nulla di possibilità che ce lo ritroviamo come prossimo presidente del Consiglio.\r\nJordan Bardellà è un noto esponente neofascista del partito Rassemblement National e lui ha più volte detto che ci sono due tipi di grandi sostituzioni che si preparano, quella da parte dell'ondata migratoria e poi quella da parte delle tecnologie. Quindi mette sullo stesso piano questo tipo di discorso. E lo stesso tipo di discorso, come dire, lo possiamo smontare nella stessa maniera, sostanzialmente dicendo che non è l'immigrato che ruba il lavoro all'autoctono, che non è la tecnologia che ruba il lavoro ai lavoratori attuali, ma si tratta di una scelta di investitori e di grandi capitalisti di far presentare queste tecnologie come potenzialmente distruttrici di lavoro.\r\nQuando in realtà, se noi guardiamo la storia di tutta l'automazione, dall'automazione meccanica di diversi secoli fa all'automazione detta intelligente di oggi, vediamo che queste tecnologie sono fatte per lavorare con gli esseri umani e che permettono, in linea di principio, a più esseri umani di accedere al lavoro.\r\nMa c'è un ma, non è una visione ottimistica la mia, queste tecnologie dette intelligenti, ovvero tutto quello che ha a che fare con soluzioni algoritmiche, con l'uso di dati, le tecnologie di machine learning, ovverosia di apprendimento automatico, hanno bisogno di tantissima gente che insegna le macchine a fare quello che fanno.\r\nChatGPT è un esempio che tutti hanno sotto gli occhi, che è capace di generare testo, ma se guardiamo anche nell'acronimo GPT, la P di GPT significa pre-trained, significa pre-addestrato. Significa che qualcuno gli ha insegnato a questa macchina a fare quello che fa, come si addestra un atleta, o come si insegna ad uno studente.\r\nE questo qualcuno, noi ce lo immaginiamo sempre come un ingegnere, un data scientist, un software developer, ma in realtà si tratta, nella maggior parte dei casi, che significa che abbiamo anche delle cifre che sono abbastanza impressionanti, parliamo di diverse centinaia di milioni di persone nel mondo, che fanno un lavoro molto più terra terra.\r\nPer esempio, non lo so, prendiamo delle immagini, che ne so, generate da utilizzatori su Instagram e iniziamo a taggare queste immagini, oppure a identificare oggetti in queste immagini. Per esempio, se c'è un viso umano, mettiamo un tag uomo o essere umano. Se c'è un animale, mettiamo animale, il tipo di animale. A cosa serve tutto questo? La prossima volta che queste immagini verranno, tra virgolette, mostrate a un'intelligenza artificiale, questa intelligenza artificiale poi, a forza di esempi, imparerà a riconoscere gli esseri umani e a fare la differenza tra un essere umano e un animale. Quindi questo è un esempio molto facile, molto terra terra.\r\nUn altro esempio potrebbe essere che ChatGPT ha bisogno che qualcuno annoti i testi, ovvero sia, , che questo testo sia segnato, sia etichettato come un testo in inglese che parla di sport e che è lungo 300 parole.\r\nQueste informazioni sono necessarie alla macchina, perché la macchina impari. Queste operazioni in realtà sono delle operazioni relativamente semplici, metto molto l'accento sul relativamente, e soprattutto molto mal pagate. Molto mal pagate, stiamo parlando in realtà di un pagamento che a volte può arrivare a 1 o 2 dollari all'ora, perché queste persone sono pagate o all'ora o sono pagate addirittura a contimo, ovvero per ogni tipo di piccola informazione che aggiungono al database vengono pagate qualche centesimo.\r\nCi sono delle piattaforme che sono accessibili a tutti, purtroppo, un po' in tutto il mondo, che permettono ai lavoratori di iscriversi e quindi di accettare, di realizzare queste task, questi compiti, queste mansioni molto mal pagate e alle aziende di reclutare a volte centinaia, di migliaia, a volte addirittura milioni di persone che sono messe a lavoro per sviluppare questa intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo, l'anno scorso hai pubblicato insieme ad altri due ricercatori, Maxime Cornet e Clement Leclerc. Un paper dal titolo appunto \"The problem with annotation. Human labour and outsourcing between France and Madagascar\". Ecco, abbiamo letto il paper, è molto interessantecome avete ricostruito insomma la filiera, stai dicendo già adesso, della catalogazione e della categorizzazione condotta da due start-up francesi attive in questo settore.\r\nMa nel mentre vi siete presi la briga di andare a intervistare nello specifico qua in Madagascar, ma poi sappiamo che avete fatto anche altre ricerche da altre parti.\r\nEcco, ti chiederei un pochino adesso di entrare un po' magari più nel dettaglio della ricerca, nel senso di darci magari un po' conto di come avete condotto la ricerca e farci anche magari qualche esempio concreto. E poi, dall'altro lato, come vengono utilizzate queste tecnologie poi nella pratica, sia quella di sorveglianza, sia quella di organizzazione, sia poi il risultato delle interviste.\r\n\r\nÈ più facile se ti racconto un pochettino come lavoriamo in generale. Allora, noi siamo un gruppo di una ventina di persone, si chiama DiPLab, che significa Digital Platform Labor, quindi è un laboratorio di ricerca sostanzialmente, e praticamente quello che facciamo è realizzare delle inchieste un po' dappertutto nel mondo, ma siamo molto specializzati sull'America Latina e l'Africa, abbiamo fatto una ventina di inchieste in 20 diversi paesi negli anni, a partire dal 2018, e questi paesi sono molto diversi.\r\nAllora, ci sono sostanzialmente dei paesi molto poveri, come per esempio il Venezuela in America Latina o il Madagascar in Africa che sono diventati dei centri nevralgici di questo lavoro mal pagato ma necessario per produrre le intelligenze artificiali.\r\nSostanzialmente noi abbiamo raccolto testimonianze di migliaia, quasi 4 mila, lavoratori e lavoratrici un po' in tutto il mondo. Stiamo adesso iniziando anche a guardare altri paese e altri continenti come l'India e il Bangladesh che come potrai immaginare sono enormi e sostanzialmente negli anni abbiamo visto che ci sono dei tipi molto chiari, che diventano chiari dal punto di vista dei profili socio-demografici delle persone che lavorano per queste piattaforme.\r\nTanto per cominciare abbiamo a che fare con delle persone che sono nel fiore degli anni, quindi sarebbe dire delle persone che dovrebbero essere ben piazzate sul mercato del lavoro, stiamo parlando di persone dai 20 a massimo i 40 anni e queste persone sono anche delle persone che hanno un alto livello di specializzazioni di educazione, cioè hanno dei diplomi, intervistiamo abbastanza frequentemente delle persone che hanno lauree, master, quindi ti puoi immaginare che queste persone ancora una volta dovrebbero essere le più avvantaggiate dal punto di vista del mercato del lavoro e invece non accedono a delle buone posizioni, non accedono a dei posti di lavoro e quindi devono accettare delle forme di lavoro molto più informali, molto più precarie, quindi lavorare per queste piattaforme.\r\nA volte lavorano da casa, per esempio in paesi come il Venezuela sono sostanzialmente delle persone che lavorano da casa, quindi ci possiamo sostanzialmente immaginare delle persone che hanno già un computer, di solito un vecchio computer distribuito dallo Stato una decina di anni fa, che fortunatamente, perché sono in Venezuela, non pagano l'elettricità o gli viene offerta a prezzi controllati,e quindi possono permettersi di fare una piccola aziendina a casa loro, dico un'aziendina per modo di dire perché in realtà non c'è nessun contratto, quindi si connettono a una piattaforma, accettano di realizzare dei task, ottengono dei pagamenti di qualche centesimo che alla fine del mese gli fa qualche dollaro. Siccome in Venezuela 6 o 8 dollari sono un buon salario mensile, e soprattutto il dollaro è più apprezzato del bolivar che è la moneta locale che ha tendenza a svalutarsi da un giorno all'altro, queste persone trovano questo lavoro abbastanza interessante e sostanzialmente si creano delle delle piccole collettività familiari. C'è certe volte, non lo so, certe ore del giorno è il padre che lavora a questa piattaforma, su questa piattaforma altre volte è la nonna, altre volte sono i figli. Questa è la situazione in un paese come il Venezuela.\r\nLa situazione in Madagascar è completamente diversa perché certo ci sono anche lì delle persone che lavorano da casa, molto meno perché la connessione costa cara e l'elettricità costa cara e in più ha tendenza al blackout, diciamo così, ma ci sono tantissime altre situazioni. Persone che lavorano in cybercafè, io per esempio in Madagascar sono andato in diversi cybercafè dove c'erano da una parte quelli che giocavano ai videogiochi e dall'altra quelli che facevano annotazione di immagini, o che facevano altri task.\r\nCi sono anche persone che lavorano da casa, come dicevo, e ci sono a volte degli uffici e delle aziende più classiche che assomigliano veramente a degli open space dove ci sono centinaia di persone che fanno dei turni di giorno e di notte e che fanno lavori di diverso tipo. Di solito queste sono delle mansioni un pochettino più complesse e delle mansioni soprattutto con aziende che lavorano da casa. Ci sono anche persone che impongono un certo livello di segreto industriale. Possono essere dei ministeri di governi stranieri, come abbiamo potuto vedere in Madagascar, a volte anche, e questo è molto più preoccupante, dei ministeri della difesa in diversi paesi stranieri e altre volte invece si tratta di grandi aziende, possono essere dei Google o delle Amazon, che hanno bisogno di dati di qualità.\r\nE' un'altra cosa che è stata molto eclatante, quello che quando noi l'abbiamo vissuto è stato certamente il più forte a livello di risultati. Stiamo parlando di un paio di anni fa, quando giustamente con i miei colleghi siamo andati andati diverse volte in Madagascar in realtà, perché è un paese abbastanza centrale.\r\nNel corso di questa missione, come la chiamiamo, nel 2022, siamo stati una settimana praticamente a vivere dentro, quasi, una casa che era stata trasformata in una fabbrica di click per l'intelligenza artificiale, una fabbrica di dati. Quindi ci dobbiamo immaginare una piccola casetta su due piani, con un garage, una soffitta, e praticamente in ogni stanza si entrava e c'erano da 20 a 30 persone su diversi computer che facevano dei task, che realizzavano della traduzione di dati o della notazione di dati, mettevano dei tag su delle immagini, vedi questo passo. Giorno e notte.\r\n\r\nNel caso specifico, uno dei casi, diciamo, più normali era quello di una azienda che aveva venduto degli scanner per i ristoranti aziendali. È presente quel tipo di situazione nei ristoranti aziendali. Si arriva con il vassoio, si passa il vassoio sotto uno scanner e questo vassoio ci dice automaticamente quanto dobbiamo pagare e quindi è tutto compactless e senza cassiere.\r\nQuello che non vi dicono è che però dall'altra parte del mondo ci sono delle persone che a volte in tempo reale fanno un lavoro di identificazione dei piatti del vostro vassoio. E questo è un lavoro che può diventare abbastanza complesso, soprattutto se consideriamo che, che ne so, i vassoi sono a volte in Germania e le persone che vedono che cosa c'è in questi vassoi si trovano in Mozambico, per esempio, e non ci sono gli stessi sistemi alimentari, non mangiano le stesse cose, non riconoscono gli stessi cibi. Quindi ci vuole tutto un lavoro di adattazione, di adattamento culturale. E un altro lavoro, invece, che è un altro progetto, che invece ci è sembrato particolarmente strano, poi siamo andati a grattare, lì era un'altra conferma di quello che sapevamo in realtà da lontano 2017, era che alcune di queste intelligenze artificiali non sono artificiali per niente. Ovvero, ossia, non c'è un vero e proprio algoritmo, ma c'è un finto algoritmo che in realtà è un certo numero di persone che a distanza realizzano questi task.\r\n\r\nQuindi l'esempio tipico, l'esempio vero, di cui parliamo poi nell'articolo, ma ne parliamo anche in altri contesti, è che, alcune persone che erano nel garage di questa casa di cui parlavo prima, facevano finta di essere una camera di videosorveglianza intelligente di quelle che si trovano nei supermercati.\r\nÈ una camera di videosorveglianza che viene venduta ai supermercati che riesce a riconoscere le persone e a interpretare i comportamenti delle persone. Se qualcuno ruba, non lo so, del cioccolato, del cibo per cani, questa camera, questa videocamera, invia un SMS al cassiere o alla cassiera e ci può essere un intervento in cui si può bloccare il ladro potenziale. Quello che non vi dicono è che in realtà questa videocamera intelligente è intelligente perché c'è l'intelligenza di questi lavoratori che vengono pagati molto poco e hanno dei turni abbastanza stretti, infatti devono in tempo reale comprendere quello che succede nei supermercati, hanno da 2 a 5 secondi per reagire e devono anche inviare dei finti sms automatici ai cassieri e alle cassiere in Europa, per esempio.\r\nQuindi si tratta di un caso che potrebbe essere assimilato a una frode, in realtà, ma che è molto più complesso e molto più comune, in realtà, perché tantissimi esempi di grandi intelligenze artificiali hanno dimostrato, e ci sono delle parti che non sono artificiali per niente.\r\nNel lontano 2019 abbiamo intervistato una persona che lavorava per Siri, quindi l'intelligenza artificiale di Apple, che diceva: \"io certe volte facevo l'intelligenza artificiale, perché certe volte Siri non funzionava bene e bisognava intervenire per fare un debugging in tempo reale\", per esempio. Solo che questo debugging in tempo reale significa simulare che ci sia un'intelligenza artificiale quando in realtà ci sono degli esseri umani. E questi esseri umani, questa è la parte più preoccupante, con questo finisco questo siparietto, erano anche molto mal pagati.\r\nPerché dobbiamo immaginarci che comunque, Antananarivo, la capitale del Madagascar, è una città grande, è una città relativamente cara rispetto al paese, che è un paese povero, ammettiamolo, però al tempo stesso la città non è una città nella quale si può vivere facilmente con qualche euro al mese. E nel caso specifico queste persone che addestravano o \"impersonavano\" un'intelligenza artificiale, venivano pagate tra i 90 e i 120 euro al mese. 90-120 euro al mese è ufficialmente il doppio del salario minimo del Madagascar, ma al tempo stesso non è sufficiente, soprattutto se queste persone hanno che ne so, una famiglia o dei figli . Quindi, sostanzialmente, queste persone erano anche bloccate in un lavoro precario e mal pagato che non gli permetteva di andare avanti.\r\nCon la loro carriera, con la loro vita, e ad avere delle prospettive, sostanzialmente, con il classico vicolo-ceco lavorativo che incontriamo tanto spesso ovunque nel mondo e sempre più spesso, ma che in questo caso diventa molto più grave perché è ufficialmente nel contesto della produzione di una delle più grandi fonti di ricchezza e di profitti degli ultimi anni, ovvero sia le intelligenze artificiali.\r\n\r\nE infatti l'esempio che hai dato mi ha ricordato due casi che erano emersi recentemente che avevamo avuto modo di commentare su questi microfoni , che uno è quello di Amazon dei negozi \"cashless\", che sembrava avere questo magico algoritmo che riesce a riconoscere in automatico quando le persone prendono un oggetto da uno scaffale, lo mettono nel carrello, gli addebitava diciamo il valore dell'oggetto, poi se magari lo rimettevano sullo scaffale glielo riaccreditava, eccetera. E rivelarono poi in realtà, si venne poi a scoprire che dietro questo magico algoritmo c'era un bacino di 20.000 lavoratori collocati in India, così come è uscito recentemente il caso di Presto Automation, una azienda in America che vendeva servizi di automazione alle casse per i fast food, il cui prodotto si era poi scoperto che aveva bisogno dell'intervento umano nel circa 70% dei casi. Quindi diciamo che la maggioranza poi delle azioni compiute da questi sistemi di appunto come dici te giustamente intelligenza artificiale dove poi dietro di artificiale non c'è niente, sono poi in realtà mantenuti da persone che spesso lavorano anche per una semplice questione di costi in paesi del secondo mondo, a prezzi che sarebbero diciamo inaccettabili nei paesi in cui quei negozi, quelle casse sono effettivamente collocate che poi alla fine è questo il vero vantaggio di questi strumenti. Perché tu alla fine hai un cassiere, , però lo paghi non al costo francese ma lo paghi al costo del Madagascar.\r\n\r\nCerto e c'è anche da aggiungere per esempio che non è soltanto questione di pagare i cassieri, ma cosa questo caso di off-shoring forzato determina per esempio per gli stati.\r\nTanto gli stati dei paesi a reddito basso, che hanno un costo di circa 25 miliardi di euro. C'è un costo di circa 25 miliardi di euro di reddito basso che per gli stati di paesi come per esempio, non lo so, i paesi europei c'è una perdita in termini di introiti fiscali, in termini di contributi, in termini di tutta una serie di altri servizi che normalmente sono dei servizi pubblici che sono finanziati a partire dal lavoro delle persone e a partire dalle aziende che pagano correttamente i lavoratori.\r\nSe queste aziende si sottraggono ai loro obblighi che ripeto sono di natura fiscale, contributiva, di previdenza sociale. Se si sottraggono a questi obblighi sostanzialmente stiamo sabotando lo stato sociale europeo in più oltre a danneggiare gli stati dei paesi terzi.\r\nNonché anche una cosa interessante che veniva fuori dalla ricerca, questo processo modifica anche il lavoro di chi rimane nel paese dove viene erogato il servizio.\r\nNella parte dei cassieri era anche abbastanza interessante vedere come il lavoro, per la parte delle videocamere di sicurezza, il lavoro dei cassieri e delle cassiere che rimangono sul posto viene a tutti gli effetti modificato perché si devono fare carico anche delle segnalazioni che vengono fatte dalle intelligenze artificiali o non artificiali remote, e quindi c'è paradossalmente un aumento del lavoro o anche una degradazione di chi mentre sta facendo un mestiere ne deve affiancare un'altro perché deve farsi interfaccia dell'intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo infatti ti volevo chiedere, riguardo poi a quella che è stata la vostra ricerca, se magari avete avuto modo di parlarne sia con chi in questo caso in Francia si trovava appunto ad avere il proprio lavoro modificato da queste intelligenze artificiali o nel caso specifico in Madagascar da chi è, nella componente degli sfruttati in questo colonialismo digitale, come queste persone poi percepiscano questa nuova trasformazione.\r\nMi riferisco in particolare a chi poi dà animo e forza a questi presunti algoritmi artificiali, di come poi questi percepiscano il fatto che quegli strumenti, quei prodotti in occidente vengano venduti come frutto della dell'intelligenza artificiale, e non come invece frutto del loro lavoro costante e quotidiano.\r\n\r\nGiustissima domanda che permette, che mi permette anche di raccontare un po' cosa facciamo oltre a girare il mondo e risolvere misteri come Scooby Doo.\r\nQuesta è la parte dove andiamo a raccogliere dati, intervistare persone, è una parte del nostro lavoro, poi c'è tutto quello che ha a che fare con aiutare i lavoratori a prendere coscienza, sviluppare soggettività, a organizzarsi e aiutare anche a volte stati, istituzioni internazionali o addirittura sindacati a inquadrare e aiutare e accompagnare meglio questi lavoratori, questo è un lavoro molto più vasto che però facciamo in diversi paesi del mondo. Ti do qualche esempio di come si può lavorare con per esempio i lavoratori in Europa che sono direttamente in Europa.\r\n\r\nPoi abbiamo un altro problema è che i lavoratori non sono stati colpiti da questa situazione, spesso sapendolo, cioè noi abbiamo a che fare con, per esempio non lo so, giusto ieri stavo continuando un lavoro con un'azienda francese, questa azienda francese ha subito un piano di ristrutturazione che è risultato in 250 licenziamenti, questi licenziamenti sono stati giustificati dall'arricuz di CIGPT e dell'intelligenza artificiale come se fosse una novità, il solito pretesto, in realtà i lavoratori hanno scoperto immediatamente dietro questa finta automatizzazione si nascondeva un caso di outsourcing di diverse centinaia di persone in un paese africano che erano messe lì a lavoro per far finta di essere un'intelligenza artificiale che ufficialmente ha distrutto i loro posti di lavoro. Quindi in questo caso la rivendicazione dei lavoratori licenziati che cercano di essere reintegrati o che cercano di essere rimborsati dei danni subiti si combina con il riconoscimento, con il fatto che sono oramai coscienti del fatto che ci sono masse di altri lavoratori in paesi terzi, nel caso specifico non soltanto in Africa ma anche in India per questa azienda di cui sto parlando e che quindi diventa una lotta internazionalista, ma perché internazionale di fatto?\r\n\r\nPerché non si possono risolvere i problemi di gente in Europa senza al tempo stesso prendere in conto quale ruolo e quali sono anche i danni subiti da persone in paesi terzi. Naturalmente noi lavoriamo anche in diversi paesi nei quali abbiamo condotto queste inchieste, nel caso specifico i due paesi sui quali stiamo lavorando di più ancora sono Madagascar e Kenya in Africa ci sono altri lavori in corso per paesi sudamericani come il Brasile e altri paesi africani come l'Egitto ma sono più diciamo così embrionali come come tipi di lavoro. Che tipo di lavoro facciamo? Beh a volte lavoriamo con le aziende, le aziende significa le piattaforme, per convincerle\r\nqueste piattaforme che sfruttano i lavoratori a trattarli meglio.\r\nE quindi adottare degli standard di lavoro equo, questi sono degli standard che sono stabiliti da un'organizzazione che si chiama Fair Work Project, che è condotta da nostri colleghi dell'Università di Oxford. Altre volte si tratta di applicare sostanzialmente le regole di gli standard internazionali di difesa del lavoro degno che invece sono stabiliti dall'ILO, cioè la International Labour Organization e con i quali, lavoriamo su altri progetti.\r\nQuindi sostanzialmente si tratta in certi casi di far applicare la legge, in altri casi si tratta di aiutare lo sviluppo di soggettività collettive da parte dei lavoratori. Per esempio quello che sta succedendo in Kenya è da una parte preoccupante, perché l'ordine pubblico del paese si è molto degradato, ma allo stesso molto interessante perché il Kenya è un paese che è stato al centro di una serie di rivelazioni molto forti negli ultimi due anni. Si è scoperto sostanzialmente che sia Meta, ovvero sia Facebook, che OpenAI, ovvero sia ChatGPT, si sono serviti di lavoratori keniani per adestrare le loro intelligenze artificiali, produrre dati e fare altri tipi di lavoro.\r\nQueste persone si sono in frattempo organizzate in diversi sindacati, uno si chiama Tech Workers, un altro si chiama African Content Moderators, sono dei sindacati che hanno oramai migliaia di iscritti e che partecipano anche alle manifestazioni che si stanno svolgendo in questo momento in Kenya contro la riforma finanziaria di quel paese. Quindi sostanzialmente vediamo progressivamente delle persone, delle organizzazioni che nascono all'interno di questo settore, che è dopo tutto un settore abbastanza sconosciuto, anche se veramente avrei dei dubbi a definirlo come un settore di nicchia, visto il numero di persone che secondo le stime degli ultimi anni iniziano ad esserci dentro, ma che si articolano, si combinano con movimenti molto più vasti e quindi ci sono anche delle forme embrionali di costruzione di coscienza di classe, se vogliamo, o di costruzione di movimenti multitudinari nei quali questi laboratori di dati entrano a far parte.\r\n\r\nMi sposterei un attimo su una questione che avevo ripreso appunto dal tuo libro Schiavi del Clic, ma che poi insomma è anche ricitato in vari articoli, che è noto come il paradosso di Solow su come sia stato misurato che la digitalizzazione nella manifattura e l'automazione nei servizi non abbiano poi portato a un reale aumento della produttività, anzi addirittura all'inizio del ventunesimo secolo si misura una decrescita nella produttività portata da questi strumenti.\r\nStrumenti che invece avrebbero dovuto, non dico sostituire il lavoro umano, ma quantomeno aumentarne la capacità produttiva.\r\nDa questo punto di vista, se la digitalizzazione ha avuto un impatto tanto trascurabile, perché rimane comunque una delle principali voci di investimentoda parte di grandi corporazioni e dei governi?\r\n\r\nAllora, do una precisazione piccolissima di natura statistica, anche se poi un po' scocciante, pedante da parte mia, quello che diminuisce è il tasso di crescita della produttività, quindi significa che la produttività continua a crescere, certo, ma in maniera molto meno veloce e in certi casi la crescita si è interrotta, non c'è una diminuzione della produttività, ecco, significa che sostanzialmente a forza tu puoi introdurre tutta l'automazione che vuoi, la produttività non cresce, poi la produttività cresce anche per altri motivi, perché sostanzialmente se ci sono altri metodi che non sono di natura automatica, ma possono essere, che ne so, riorganizzazione del lavoro, oppure la disponibilità di infrastrutture, la produttività potrebbe crescere, ma quello che giustamente sottolinei nella tua domanda è per quale motivo, malgrado i risultati dell'automatizzazione non ci siano dal punto di vista della produttività, si continua a investire tanto?\r\nBeh, perché risponderei, ci sono dei risultati per gli investitori in termini di profitto, in termini di rendita economica, quindi malgrado la produttività non aumenti, loro riescono comunque a creare dei profitti, e creare dei profitti sostanzialmente grazie al fatto che oggi come oggi non hai bisogno di avere un prodotto che funziona e nemmeno di venderlo volendo, perché le grandi aziende e le grandi piattaforme degli ultimi anni sono basate su un'idea di, a grosso modo, di soppensioni da parte dei produttori. Quindi, la città è un'azienda, che ha delle piccole aziende che vengono fatte a volte di stati e a volte di grandi investitori, è quello che si chiama il venture capitalism, quindi significa che ci sono dei grandi finanziatori che ti pagano, ti danno dei finanziamenti, delle sovvenzioni di centinaia di miliardi e sperano che un giorno forse tu riuscirai a fare un profitto, ma in certi casi, ti posso citare il caso di Uber, questo profitto non arriva mai.\r\nUber è arrivato a fare un utile , alla fine dell'anno scorso, a mostrare per la prima volta da quando è stata creata un minimo di profitto, non perché è riuscita a vendere meglio il suo prodotto, ovvero la sua piattaforma, che continua a essere in perdita. Uber in realtà spende molto di più a convincerti a usare Uber che non quello che guadagna facendoti usare Uber.\r\nSono riusciti a fare un minimo di profitto perché hanno fatto un'acquisizione di un'altra azienda che aveva un bilancio positivo.\r\nMa questo significa sostanzialmente che ci sono delle incitazioni, degli incentivi per i grandi investitori di continuare a investire nell'intelligenza artificiale, anche se poi il tornaconto non c'è. Certo non c'è il tornaconto a livello collettivo perché gli stati non ci guadagnano abbastanza, i lavoratori certamente non ci guadagnano in questa situazione e le aziende stesse continuano a fare perdite, ma in questo caso di venture capitalism ci sono ancora degli imbecilli che continuano a finanziarli. Questi imbecilli sono degli imbecilli pericolosi.\r\nStiamo parlando di persone del calibro di Mark Andresen o Peter Thiel. Dei nomi che forse non dicono niente alle persone che ci ascoltano. La cosiddetta paypal mafia anche nota. Sì esattamente. Persone che sono vicine a noti esponenti dell'estrema destra come Elon Musk e compagnie. Loro stessi sono delle persone di estrema destra. Mark Andresen è uno che pubblicamente ha dichiarato di quanto era bello il colonialismo. Peter Thiel è un eugenista dichiarato. Un pro-trumpiano nichilista , e queste persone sono quelli che continuano a finanziare questi grandi sforzi di investimento che sono pericolosi dal punto di vista sociale, dal punto di vista economico e aggiungerei anche, anche se poi di questo ne parliamo più recentemente in testi che non sono ancora stati tradotti in inglese in certi casi, anche hanno un impatto ecologico serissimo.\r\nPerché investire in grandi infrastrutture come ChatGPT significa anche investire in data center, significa investire nell'estrazione mineraria e nell'uso di energie che non sono certamente sostenibili.\r\nNon sono certamente un caso di tecnologia verde malgrado il fatto che cerchino costantemente di vendersi come green AI, quindi di fare un pochettino di ripulitura e di riciclaggio. Quindi l'uso fatto della retorica ecologista per cercare di vendere quello che fanno ha un serio impatto se pensiamo soltanto agli investimenti proposti da Sam Altman, quindi uno dei principali creatori di ChatGPT, stiamo parlando di un fabbisogno energetico che supera ampiamente tutte le tecnologie che abbiamo avuto finora.\r\nE quindi questo servirebbe soltanto a creare cosa? Un chatbot che risponde alle mie richieste astuse di ricette, magari la ricetta di una torta ssacher ma scritte come fosse un sonetto di Shakespeare, che è la cosa più inutile del mondo a pensarci.\r\n\r\n\r\nAntonio su questo non so se ci puoi dedicare ancora qualche minuto, volevo su questo farti ancora due domande proprio sul tema ambientale.\r\nAnche da questi microfoni abbiamo più volte portato approfondimenti, per esempio un dato delle ultime settimane è che le previsioni sono che i data center negli Stati Uniti consumeranno il 10% di tutta l'elettricità prodotte nel paese entro il 2030, ogni settimana escono annunci di questo tipo. E in generale, anche invece riportando un po' l'argomento su un piano politico, negli ultimi anni c'è stato un tentativo a più riprese di creare punti di convergenza tra quelle che sono le distopie digitali che con te abbiamo sottolineato in questa intervista e invece delle lotte ambientali che rappresentano sicuramente un punto di vista anche un po' più avanzato dal punto di vista anche dello stato di salute dei movimenti. Basti pensare appunto che termini costrutti di ricerca come l'estrattivismo digitale e altri sono stati proprio mutuati da una parte all'altra, presi dal mondo dell'ecologia.\r\nEcco, questo è sicuramente un tentativo che si è fatto, molto interessante, però noi rileviamo anche che negli ultimi anni questa potenziale alleanza e punti di convergenza stenta un po' a costruirsi. Non so, anche dal nostro punto di vista spesso e volentieri abbiamo cercato di portare questi discorsi all'interno anche di iniziative politiche e movimenti, ma si fa un po' fatica, un po' per la natura delle lotte ambientali che pur essendo a una vocazione sicuramente internazionale di ampio respiro spesso sono estremamente localizzate, e invece lavori come il tuo ad esempio che ci portano a attraversare delle filiere che poi camminano un po' in tutto il mondo.\r\nEcco, tu come vedi questa situazione? Come vedi il rapporto in generale e quali potrebbero essere secondo te nuovi punti di convergenza tra le movimenti nel digitale sia sindacali che internazionali?\r\n\r\nAllora, diciamo che in un certo senso penso che i problemi siano di due tipi il primo è che attualmente i movimenti ambientalisti a livello internazionale sono ancora molto diversi e che non c'è stata una chiara separazione tra, diciamo, un'ala riformista, chiamiamola così sostanzialmente quella che è più compatibile con delle istanze capitaliste e quindi sostanzialmente per farla corta sono quelli che propongono l'idea che c'è una tecnologia sostenibile basta semplicemente scegliere il meno peggio o addirittura pensare a una tecnologia che possa essere effettivamente green e dall'altra parte un'area massimalista dei movimenti ecologistici che invece sostanzialmente sostengono quella che possiamo chiamare una redirezione ecologica ovvero bisogna veramente avere un sussulto politico per cambiare completamente la maniera di considerare queste cose e né l'una né l'altra nel caso specifico al di là di queste diciamo di questa complessità dei movimenti ecologici attuali ambientalisti attuali né l'una né l'altra ha una visione completa se vogliamo forse un po' quelli della redirezione ecologica perché ci sarebbe bisogno di avere una specie di cartografia di che cosa fanno le intelligenze artificiali a non soltanto le filiere o le supply chains ma anche a posti che sono a volte molto distanti da noi ed è difficile immaginarsi quali sono le condizioni di vita o quali sono le condizioni stesse ambientali in paesi come la Bolivia considerando che la maggior parte di noi non ci ha mai messo piede in Bolivia immaginarsi che ci siano l'adi di sale come è il caso di Bolivia e di Uyuni che è il più grande giacimento di litio del mondo che è talmente centrale per le nostre batterie di tutto quello che abbiamo in tasca dallo smartphone al tablet per chi ce l'ha le biciclette elettriche o i veicoli elettrici, le automobili questa cosa di immaginarsi quanto importante sia un posto talmente lontano da noi da qualcosa che è così vicino a noi che abbiamo nelle nostre tasche questo è uno sforzo serio è uno sforzo serio che però ha nel futuro una necessità di svilupparsi e che si svilupperà purtroppo perché queste lotte ecologiche arrivano sempre più vicino a noi se pensiamo in particolare a una faccenda che è un po' diversa la questione dei data center i data center non sono per la maggior parte situati in paesi terzi a basso reddito ma sono per la maggior parte dei casi messi dietro l'angolo rispetto a noi sono in Italia, sono in Francia sono negli Stati Uniti certo sono anche in Cina e in maniera crescente perché la Cina non è più da tanti tanti anni un paese povero ma sono sostanzialmente nel nord del mondo e nel nord del mondo sono dei posti dove sono delle strutture che pesano molto sul consumo energetico paesi come l'Irlanda che sono oggi dei grandi hub per i data center sono dei paesi nei quali l'infrastruttura di produzione dell'elettricità è molto affaticata dalla presenza di questi data center in Spagna si stanno sviluppando dei collettivi che mettono insieme tecnologia e piuttosto critica tecnologica e critica ecologica che si oppongono per esempio alla creazione di nuovi data center in posti che specialmente in Spagna sono già desertici e che quindi non hanno bisogno in più di questo ennesimo peso quindi queste sono delle prospettive che sono interessanti e aggiungo che sono interessanti purtroppo perché sono delle questioni e dei problemi ecologici sempre più pressanti che arrivano sempre più vicino alle nostre case e che se finora non c'è stata una diciamo così un'alleanza tra movimenti di critica tecnologica e movimenti di rivendicazione legate all'ambiente questo secondo me cambierà molto presto\r\n\r\n \r\n\r\nHai qualcosa da aggiungere o altri riferimenti che vuoi darci per chi ci ascolta per seguire il vostro lavoro o anche altri lavori che reputi interessanti su questi temi?\r\n\r\nAllora voglio invitare coloro che ci ascoltano se sono interessati e interessate, l'otto luglio c'è il lancio a distanza, nel senso che è un evento virtuale ed è gratis, e si può partecipare da tutto il mondo, che si chiama Workers Inquiry. Per gli italiani traduzione è semplicemente inchiesta operaia.\r\nWorkers Inquiry è il lavoro, la produzione di una mia carissima collega e amica e anche lei membra di DiPLab che si chiama Milagros Miceli che è una ricercatrice che da tanti anni lavora a Berlino per il Weizenbaum Institute e che ha avuto questa idea assolutamente geniale, ovvero piuttosto che, come lo facciamo noi da tanti anni, girare il mondo e andare a intervistare persone, aiutare i lavoratori dei dati, ovvero i microlaboratori di cui ho parlato finora, questi che attestano l'intelligenza artificiale, a raccontare le loro stesse condizioni di lavoro e a condurre loro stessi delle inchieste sulle proprie condizioni di lavoro.Ed è una maniera di effettivamente ricollegarsi alla grande tradizione operaista.\r\nMa vi posso anche assicurare che è un risultato anche da un punto di vista sociale, politico, perché ci sono queste persone che l'8 luglio parleranno durante il lancio di questa iniziativa e quindi vedrete testimonianze di persone dal Kenya, dall'Iran, dal Venezuela, da tanti altri posti e dalla Germania ovviamente, ma soprattutto ci sono anche degli estratti video che sono di grandissima qualità. Quindi vi consiglio di cercare Workers Inquiry Milagros Miceli su internet e di connettervi l'8 luglio, quindi tra qualche giorno.","11 Luglio 2024","2024-07-11 12:19:56","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/rick-rothenberg-kroIft6D9wk-unsplash-scaled-1-200x110.jpg","StakkaStakka 3 Luglio 2024 – Intervista Antonio Casilli",1720700396,[],[],{"post_content":523},{"matched_tokens":524,"snippet":525,"value":526},[84],"a raccogliere, per aiutare questi \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> poveri dei dati.\r\n\r\nPrendiamo un","Puntata completa\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/stakkastakka-231.mp3\"][/audio]\r\n\r\nIntervista Antonio Casilli\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/stakkastakka-casilli.mp3\"][/audio]\r\n\r\nCollegato con noi c'è Antonio Casilli, professore dell'Istituto Politecnico di Parigi e autore di diversi lavori, tra cui un libro pubblicato in Italia nel 2021, Schiavi del Click. Fa parte del gruppo di ricerca DiPLab.\r\n\r\nAllora Antonio, noi ti abbiamo contattato perché al di là del tuo libro che ha avuto un discreto successo, è che sia in Italia che in Francia, dove mi pare l'hai pubblicato la prima volta nel 2019, sappiamo anche che a breve verrà pubblicato in un'edizione inglese, aggiornata, non ho capito se è già pubblicato o verrà pubblicato a quest'autunno.\r\n\r\nAllora, sto rivedendo per l'ennesima volta le bozze, quindi esce tra qualche mese in America con la Chicago University Press e quindi siamo molto eccitati tutti.\r\nPer questa opportunità di parlare a un pubblico più vasto, ecco.\r\n\r\nEcco, allora a partire proprio dal tuo lavoro abbiamo diverse domande per arrivare poi anche agli ultimissime ricerche che hai fatto con i tuoi collaboratori e altri ricercatori. Ma prima di arrivare un attimo a questo tema vorremmo un attimo definirne dei contorni e quindi incominciare chiedendoti un pochino come sei arrivato negli ultimi anni nel tuo lavoro di ricerca a occuparti di lavoro digitale e in particolar modo di intelligenza artificiale e la sua intersezione col mondo del lavoro.\r\n\r\nAllora diciamo che io ho un percorso un po' lungo perché sono vecchietto e strano perché comincia in Italia diciamo in giri operaisti e autonomi, stiamo parlando di diversi decenni fa, e poi quando mi sono trasferito all'estero il tutto si è articolato, si è complessificato perché ho iniziato soprattutto a interessarmi alla sociologia di internet, quindi da sociologo e un po' economista, decisamente interessato alle tematiche del lavoro, sono arrivato a questa grande questione che è: che cosa fa l'intelligenza artificiale al lavoro?\r\nLa risposta tipica sarebbe: l'intelligenza artificiale distrugge il lavoro, ma dopo anni di ricerche con i miei collaboratori in diverse parti del mondo e poi ne riparleremo quali, sono arrivato a una conclusione un po' diversa e cioè sarebbe a dire che tanto per cominciare questa idea della distruzione dei posti di lavoro è un pretesto.\r\nI posti di lavoro sono distrutti ma sono distrutti per una scelta degli imprenditori, per una scelta dei poteri pubblici, per una scelta dei capitalisti sostanzialmente e si usano le macchine.\r\nMa queste macchine in realtà non funzionano tanto bene, perché per farle funzionare ancora oggi c'è bisogno di tantissimo lavoro nascosto e questo lavoro nascosto viene chiamato digital labor o micro lavoro o lavoro dei dati, insomma ci sono tante maniere di definirlo, ma è sostanzialmente un lavoro che è necessario per tenere su grandi exploit tecnologici come per esempio ChatGPT.\r\nChatGPT non funziona soltanto per la magia degli algoritmi, ma come è stato dimostrato già subito dopo il suo lancio nel novembre 2022 ci sono diverse migliaia di persone che stanno lì a filtrare i dati e tantissime altre ancora di più che stanno lì a verificare se le risposte sono corrette, a volte siamo noi stessi, a volte sono delle persone pagate.\r\nMa queste persone sono pagate molto poco, vivono in condizioni di lavoro terribili che noi documentiamo un po' in tutto il mondo perché, e qui riveniamo a dove sono messi, anche se queste grandi imprese tecnologiche sono spesso presentate come la Silicon Valley o tutt'al più facciamo lo sforzo di vederle anche in Cina, nei grandi distretti industriali cinesi, in realtà sono largamente delle tecnologie sviluppate in paesi a basso reddito.\r\nQuindi quelli che venivano una volta chiamati paesi in via di sviluppo che nel frattempo si sono ampiamente sviluppati ma che continuano a avere seri problemi di distribuzione ineguale dei redditi, forti tassi di povertà, forti percentuali di persone che sono pronte a lavorare per pochissimo e quindi sono lì che le grandi imprese come OpenAI, come Meta vanno a raccogliere, per aiutare questi \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> poveri dei dati.\r\n\r\nPrendiamo un tema che tu hai affrontato più volte sia nel tuo libro ma anche in numerose ricerche che hai pubblicato, che è quello della scomparsa del lavoro, un tema che cerchi di andare a smontare a più riprese su come le nuove tecnologie, che siano l'automazione nei processi produttivi o le intelligenze artificiali nei servizi e nel commercio vadano a rendere inutile il lavoro umano. Ecco secondo te a quali fenomeni possiamo invece ricondurre quello che è poi l'impatto reale dell'adozione di prodotti commerciali basati su intelligenza artificiale nel mondo del lavoro? E poi come nasce questo mito della scomparsa del lavoro?\r\n\r\nSe vogliamo il mito della scomparsa del lavoro è un prodotto ideologico del sistema capitalistico attuale.\r\nQuando parlo di ideologia parlo veramente del fatto che è un mito che introduce un forte elemento di propaganda. Siamo tutti purtroppo confrontati all'emergenza di questa retorica politica del great replacement, la grande sostituzione, che di solito è un elemento, diciamo così, un argomento che è tirato fuori da razzisti e fascisti di diversa appartenenza politica. Quando sentiamo parlare di great replacement, di grande sostituzione, perché arrivano gli immigrati o arrivano altre persone che entrano nel mondo del lavoro, identifichiamo immediatamente queste persone come dei razzisti.\r\nMa non li identifichiamo altrettanto facilmente quando invece ci viene presentata questa idea della grande sostituzione tecnologica. Cioè l'idea secondo la quale i \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> non perderanno il loro lavoro a causa di immigrati o nuovi soggetti sociali, ma a causa delle macchine. In realtà si tratta dello stesso tipo di ragionamento e se guardiamo bene chi lo porta, chi veicola questo tipo di discorso, sono le stesse persone. Una persona che purtroppo qui in Francia è molto conosciuta, che è Jordan Bardellà, e ci sono delle possibilità, una percentuale non nulla di possibilità che ce lo ritroviamo come prossimo presidente del Consiglio.\r\nJordan Bardellà è un noto esponente neofascista del partito Rassemblement National e lui ha più volte detto che ci sono due tipi di grandi sostituzioni che si preparano, quella da parte dell'ondata migratoria e poi quella da parte delle tecnologie. Quindi mette sullo stesso piano questo tipo di discorso. E lo stesso tipo di discorso, come dire, lo possiamo smontare nella stessa maniera, sostanzialmente dicendo che non è l'immigrato che ruba il lavoro all'autoctono, che non è la tecnologia che ruba il lavoro ai \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> attuali, ma si tratta di una scelta di investitori e di grandi capitalisti di far presentare queste tecnologie come potenzialmente distruttrici di lavoro.\r\nQuando in realtà, se noi guardiamo la storia di tutta l'automazione, dall'automazione meccanica di diversi secoli fa all'automazione detta intelligente di oggi, vediamo che queste tecnologie sono fatte per lavorare con gli esseri umani e che permettono, in linea di principio, a più esseri umani di accedere al lavoro.\r\nMa c'è un ma, non è una visione ottimistica la mia, queste tecnologie dette intelligenti, ovvero tutto quello che ha a che fare con soluzioni algoritmiche, con l'uso di dati, le tecnologie di machine learning, ovverosia di apprendimento automatico, hanno bisogno di tantissima gente che insegna le macchine a fare quello che fanno.\r\nChatGPT è un esempio che tutti hanno sotto gli occhi, che è capace di generare testo, ma se guardiamo anche nell'acronimo GPT, la P di GPT significa pre-trained, significa pre-addestrato. Significa che qualcuno gli ha insegnato a questa macchina a fare quello che fa, come si addestra un atleta, o come si insegna ad uno studente.\r\nE questo qualcuno, noi ce lo immaginiamo sempre come un ingegnere, un data scientist, un software developer, ma in realtà si tratta, nella maggior parte dei casi, che significa che abbiamo anche delle cifre che sono abbastanza impressionanti, parliamo di diverse centinaia di milioni di persone nel mondo, che fanno un lavoro molto più terra terra.\r\nPer esempio, non lo so, prendiamo delle immagini, che ne so, generate da utilizzatori su Instagram e iniziamo a taggare queste immagini, oppure a identificare oggetti in queste immagini. Per esempio, se c'è un viso umano, mettiamo un tag uomo o essere umano. Se c'è un animale, mettiamo animale, il tipo di animale. A cosa serve tutto questo? La prossima volta che queste immagini verranno, tra virgolette, mostrate a un'intelligenza artificiale, questa intelligenza artificiale poi, a forza di esempi, imparerà a riconoscere gli esseri umani e a fare la differenza tra un essere umano e un animale. Quindi questo è un esempio molto facile, molto terra terra.\r\nUn altro esempio potrebbe essere che ChatGPT ha bisogno che qualcuno annoti i testi, ovvero sia, , che questo testo sia segnato, sia etichettato come un testo in inglese che parla di sport e che è lungo 300 parole.\r\nQueste informazioni sono necessarie alla macchina, perché la macchina impari. Queste operazioni in realtà sono delle operazioni relativamente semplici, metto molto l'accento sul relativamente, e soprattutto molto mal pagate. Molto mal pagate, stiamo parlando in realtà di un pagamento che a volte può arrivare a 1 o 2 dollari all'ora, perché queste persone sono pagate o all'ora o sono pagate addirittura a contimo, ovvero per ogni tipo di piccola informazione che aggiungono al database vengono pagate qualche centesimo.\r\nCi sono delle piattaforme che sono accessibili a tutti, purtroppo, un po' in tutto il mondo, che permettono ai \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> di iscriversi e quindi di accettare, di realizzare queste task, questi compiti, queste mansioni molto mal pagate e alle aziende di reclutare a volte centinaia, di migliaia, a volte addirittura milioni di persone che sono messe a lavoro per sviluppare questa intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo, l'anno scorso hai pubblicato insieme ad altri due ricercatori, Maxime Cornet e Clement Leclerc. Un paper dal titolo appunto \"The problem with annotation. Human labour and outsourcing between France and Madagascar\". Ecco, abbiamo letto il paper, è molto interessantecome avete ricostruito insomma la filiera, stai dicendo già adesso, della catalogazione e della categorizzazione condotta da due start-up francesi attive in questo settore.\r\nMa nel mentre vi siete presi la briga di andare a intervistare nello specifico qua in Madagascar, ma poi sappiamo che avete fatto anche altre ricerche da altre parti.\r\nEcco, ti chiederei un pochino adesso di entrare un po' magari più nel dettaglio della ricerca, nel senso di darci magari un po' conto di come avete condotto la ricerca e farci anche magari qualche esempio concreto. E poi, dall'altro lato, come vengono utilizzate queste tecnologie poi nella pratica, sia quella di sorveglianza, sia quella di organizzazione, sia poi il risultato delle interviste.\r\n\r\nÈ più facile se ti racconto un pochettino come lavoriamo in generale. Allora, noi siamo un gruppo di una ventina di persone, si chiama DiPLab, che significa Digital Platform Labor, quindi è un laboratorio di ricerca sostanzialmente, e praticamente quello che facciamo è realizzare delle inchieste un po' dappertutto nel mondo, ma siamo molto specializzati sull'America Latina e l'Africa, abbiamo fatto una ventina di inchieste in 20 diversi paesi negli anni, a partire dal 2018, e questi paesi sono molto diversi.\r\nAllora, ci sono sostanzialmente dei paesi molto poveri, come per esempio il Venezuela in America Latina o il Madagascar in Africa che sono diventati dei centri nevralgici di questo lavoro mal pagato ma necessario per produrre le intelligenze artificiali.\r\nSostanzialmente noi abbiamo raccolto testimonianze di migliaia, quasi 4 mila, \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> e lavoratrici un po' in tutto il mondo. Stiamo adesso iniziando anche a guardare altri paese e altri continenti come l'India e il Bangladesh che come potrai immaginare sono enormi e sostanzialmente negli anni abbiamo visto che ci sono dei tipi molto chiari, che diventano chiari dal punto di vista dei profili socio-demografici delle persone che lavorano per queste piattaforme.\r\nTanto per cominciare abbiamo a che fare con delle persone che sono nel fiore degli anni, quindi sarebbe dire delle persone che dovrebbero essere ben piazzate sul mercato del lavoro, stiamo parlando di persone dai 20 a massimo i 40 anni e queste persone sono anche delle persone che hanno un alto livello di specializzazioni di educazione, cioè hanno dei diplomi, intervistiamo abbastanza frequentemente delle persone che hanno lauree, master, quindi ti puoi immaginare che queste persone ancora una volta dovrebbero essere le più avvantaggiate dal punto di vista del mercato del lavoro e invece non accedono a delle buone posizioni, non accedono a dei posti di lavoro e quindi devono accettare delle forme di lavoro molto più informali, molto più precarie, quindi lavorare per queste piattaforme.\r\nA volte lavorano da casa, per esempio in paesi come il Venezuela sono sostanzialmente delle persone che lavorano da casa, quindi ci possiamo sostanzialmente immaginare delle persone che hanno già un computer, di solito un vecchio computer distribuito dallo Stato una decina di anni fa, che fortunatamente, perché sono in Venezuela, non pagano l'elettricità o gli viene offerta a prezzi controllati,e quindi possono permettersi di fare una piccola aziendina a casa loro, dico un'aziendina per modo di dire perché in realtà non c'è nessun contratto, quindi si connettono a una piattaforma, accettano di realizzare dei task, ottengono dei pagamenti di qualche centesimo che alla fine del mese gli fa qualche dollaro. Siccome in Venezuela 6 o 8 dollari sono un buon salario mensile, e soprattutto il dollaro è più apprezzato del bolivar che è la moneta locale che ha tendenza a svalutarsi da un giorno all'altro, queste persone trovano questo lavoro abbastanza interessante e sostanzialmente si creano delle delle piccole collettività familiari. C'è certe volte, non lo so, certe ore del giorno è il padre che lavora a questa piattaforma, su questa piattaforma altre volte è la nonna, altre volte sono i figli. Questa è la situazione in un paese come il Venezuela.\r\nLa situazione in Madagascar è completamente diversa perché certo ci sono anche lì delle persone che lavorano da casa, molto meno perché la connessione costa cara e l'elettricità costa cara e in più ha tendenza al blackout, diciamo così, ma ci sono tantissime altre situazioni. Persone che lavorano in cybercafè, io per esempio in Madagascar sono andato in diversi cybercafè dove c'erano da una parte quelli che giocavano ai videogiochi e dall'altra quelli che facevano annotazione di immagini, o che facevano altri task.\r\nCi sono anche persone che lavorano da casa, come dicevo, e ci sono a volte degli uffici e delle aziende più classiche che assomigliano veramente a degli open space dove ci sono centinaia di persone che fanno dei turni di giorno e di notte e che fanno lavori di diverso tipo. Di solito queste sono delle mansioni un pochettino più complesse e delle mansioni soprattutto con aziende che lavorano da casa. Ci sono anche persone che impongono un certo livello di segreto industriale. Possono essere dei ministeri di governi \u003Cmark>stranieri\u003C/mark>, come abbiamo potuto vedere in Madagascar, a volte anche, e questo è molto più preoccupante, dei ministeri della difesa in diversi paesi \u003Cmark>stranieri\u003C/mark> e altre volte invece si tratta di grandi aziende, possono essere dei Google o delle Amazon, che hanno bisogno di dati di qualità.\r\nE' un'altra cosa che è stata molto eclatante, quello che quando noi l'abbiamo vissuto è stato certamente il più forte a livello di risultati. Stiamo parlando di un paio di anni fa, quando giustamente con i miei colleghi siamo andati andati diverse volte in Madagascar in realtà, perché è un paese abbastanza centrale.\r\nNel corso di questa missione, come la chiamiamo, nel 2022, siamo stati una settimana praticamente a vivere dentro, quasi, una casa che era stata trasformata in una fabbrica di click per l'intelligenza artificiale, una fabbrica di dati. Quindi ci dobbiamo immaginare una piccola casetta su due piani, con un garage, una soffitta, e praticamente in ogni stanza si entrava e c'erano da 20 a 30 persone su diversi computer che facevano dei task, che realizzavano della traduzione di dati o della notazione di dati, mettevano dei tag su delle immagini, vedi questo passo. Giorno e notte.\r\n\r\nNel caso specifico, uno dei casi, diciamo, più normali era quello di una azienda che aveva venduto degli scanner per i ristoranti aziendali. È presente quel tipo di situazione nei ristoranti aziendali. Si arriva con il vassoio, si passa il vassoio sotto uno scanner e questo vassoio ci dice automaticamente quanto dobbiamo pagare e quindi è tutto compactless e senza cassiere.\r\nQuello che non vi dicono è che però dall'altra parte del mondo ci sono delle persone che a volte in tempo reale fanno un lavoro di identificazione dei piatti del vostro vassoio. E questo è un lavoro che può diventare abbastanza complesso, soprattutto se consideriamo che, che ne so, i vassoi sono a volte in Germania e le persone che vedono che cosa c'è in questi vassoi si trovano in Mozambico, per esempio, e non ci sono gli stessi sistemi alimentari, non mangiano le stesse cose, non riconoscono gli stessi cibi. Quindi ci vuole tutto un lavoro di adattazione, di adattamento culturale. E un altro lavoro, invece, che è un altro progetto, che invece ci è sembrato particolarmente strano, poi siamo andati a grattare, lì era un'altra conferma di quello che sapevamo in realtà da lontano 2017, era che alcune di queste intelligenze artificiali non sono artificiali per niente. Ovvero, ossia, non c'è un vero e proprio algoritmo, ma c'è un finto algoritmo che in realtà è un certo numero di persone che a distanza realizzano questi task.\r\n\r\nQuindi l'esempio tipico, l'esempio vero, di cui parliamo poi nell'articolo, ma ne parliamo anche in altri contesti, è che, alcune persone che erano nel garage di questa casa di cui parlavo prima, facevano finta di essere una camera di videosorveglianza intelligente di quelle che si trovano nei supermercati.\r\nÈ una camera di videosorveglianza che viene venduta ai supermercati che riesce a riconoscere le persone e a interpretare i comportamenti delle persone. Se qualcuno ruba, non lo so, del cioccolato, del cibo per cani, questa camera, questa videocamera, invia un SMS al cassiere o alla cassiera e ci può essere un intervento in cui si può bloccare il ladro potenziale. Quello che non vi dicono è che in realtà questa videocamera intelligente è intelligente perché c'è l'intelligenza di questi \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> che vengono pagati molto poco e hanno dei turni abbastanza stretti, infatti devono in tempo reale comprendere quello che succede nei supermercati, hanno da 2 a 5 secondi per reagire e devono anche inviare dei finti sms automatici ai cassieri e alle cassiere in Europa, per esempio.\r\nQuindi si tratta di un caso che potrebbe essere assimilato a una frode, in realtà, ma che è molto più complesso e molto più comune, in realtà, perché tantissimi esempi di grandi intelligenze artificiali hanno dimostrato, e ci sono delle parti che non sono artificiali per niente.\r\nNel lontano 2019 abbiamo intervistato una persona che lavorava per Siri, quindi l'intelligenza artificiale di Apple, che diceva: \"io certe volte facevo l'intelligenza artificiale, perché certe volte Siri non funzionava bene e bisognava intervenire per fare un debugging in tempo reale\", per esempio. Solo che questo debugging in tempo reale significa simulare che ci sia un'intelligenza artificiale quando in realtà ci sono degli esseri umani. E questi esseri umani, questa è la parte più preoccupante, con questo finisco questo siparietto, erano anche molto mal pagati.\r\nPerché dobbiamo immaginarci che comunque, Antananarivo, la capitale del Madagascar, è una città grande, è una città relativamente cara rispetto al paese, che è un paese povero, ammettiamolo, però al tempo stesso la città non è una città nella quale si può vivere facilmente con qualche euro al mese. E nel caso specifico queste persone che addestravano o \"impersonavano\" un'intelligenza artificiale, venivano pagate tra i 90 e i 120 euro al mese. 90-120 euro al mese è ufficialmente il doppio del salario minimo del Madagascar, ma al tempo stesso non è sufficiente, soprattutto se queste persone hanno che ne so, una famiglia o dei figli . Quindi, sostanzialmente, queste persone erano anche bloccate in un lavoro precario e mal pagato che non gli permetteva di andare avanti.\r\nCon la loro carriera, con la loro vita, e ad avere delle prospettive, sostanzialmente, con il classico vicolo-ceco lavorativo che incontriamo tanto spesso ovunque nel mondo e sempre più spesso, ma che in questo caso diventa molto più grave perché è ufficialmente nel contesto della produzione di una delle più grandi fonti di ricchezza e di profitti degli ultimi anni, ovvero sia le intelligenze artificiali.\r\n\r\nE infatti l'esempio che hai dato mi ha ricordato due casi che erano emersi recentemente che avevamo avuto modo di commentare su questi microfoni , che uno è quello di Amazon dei negozi \"cashless\", che sembrava avere questo magico algoritmo che riesce a riconoscere in automatico quando le persone prendono un oggetto da uno scaffale, lo mettono nel carrello, gli addebitava diciamo il valore dell'oggetto, poi se magari lo rimettevano sullo scaffale glielo riaccreditava, eccetera. E rivelarono poi in realtà, si venne poi a scoprire che dietro questo magico algoritmo c'era un bacino di 20.000 \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> collocati in India, così come è uscito recentemente il caso di Presto Automation, una azienda in America che vendeva servizi di automazione alle casse per i fast food, il cui prodotto si era poi scoperto che aveva bisogno dell'intervento umano nel circa 70% dei casi. Quindi diciamo che la maggioranza poi delle azioni compiute da questi sistemi di appunto come dici te giustamente intelligenza artificiale dove poi dietro di artificiale non c'è niente, sono poi in realtà mantenuti da persone che spesso lavorano anche per una semplice questione di costi in paesi del secondo mondo, a prezzi che sarebbero diciamo inaccettabili nei paesi in cui quei negozi, quelle casse sono effettivamente collocate che poi alla fine è questo il vero vantaggio di questi strumenti. Perché tu alla fine hai un cassiere, , però lo paghi non al costo francese ma lo paghi al costo del Madagascar.\r\n\r\nCerto e c'è anche da aggiungere per esempio che non è soltanto questione di pagare i cassieri, ma cosa questo caso di off-shoring forzato determina per esempio per gli stati.\r\nTanto gli stati dei paesi a reddito basso, che hanno un costo di circa 25 miliardi di euro. C'è un costo di circa 25 miliardi di euro di reddito basso che per gli stati di paesi come per esempio, non lo so, i paesi europei c'è una perdita in termini di introiti fiscali, in termini di contributi, in termini di tutta una serie di altri servizi che normalmente sono dei servizi pubblici che sono finanziati a partire dal lavoro delle persone e a partire dalle aziende che pagano correttamente i \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark>.\r\nSe queste aziende si sottraggono ai loro obblighi che ripeto sono di natura fiscale, contributiva, di previdenza sociale. Se si sottraggono a questi obblighi sostanzialmente stiamo sabotando lo stato sociale europeo in più oltre a danneggiare gli stati dei paesi terzi.\r\nNonché anche una cosa interessante che veniva fuori dalla ricerca, questo processo modifica anche il lavoro di chi rimane nel paese dove viene erogato il servizio.\r\nNella parte dei cassieri era anche abbastanza interessante vedere come il lavoro, per la parte delle videocamere di sicurezza, il lavoro dei cassieri e delle cassiere che rimangono sul posto viene a tutti gli effetti modificato perché si devono fare carico anche delle segnalazioni che vengono fatte dalle intelligenze artificiali o non artificiali remote, e quindi c'è paradossalmente un aumento del lavoro o anche una degradazione di chi mentre sta facendo un mestiere ne deve affiancare un'altro perché deve farsi interfaccia dell'intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo infatti ti volevo chiedere, riguardo poi a quella che è stata la vostra ricerca, se magari avete avuto modo di parlarne sia con chi in questo caso in Francia si trovava appunto ad avere il proprio lavoro modificato da queste intelligenze artificiali o nel caso specifico in Madagascar da chi è, nella componente degli sfruttati in questo colonialismo digitale, come queste persone poi percepiscano questa nuova trasformazione.\r\nMi riferisco in particolare a chi poi dà animo e forza a questi presunti algoritmi artificiali, di come poi questi percepiscano il fatto che quegli strumenti, quei prodotti in occidente vengano venduti come frutto della dell'intelligenza artificiale, e non come invece frutto del loro lavoro costante e quotidiano.\r\n\r\nGiustissima domanda che permette, che mi permette anche di raccontare un po' cosa facciamo oltre a girare il mondo e risolvere misteri come Scooby Doo.\r\nQuesta è la parte dove andiamo a raccogliere dati, intervistare persone, è una parte del nostro lavoro, poi c'è tutto quello che ha a che fare con aiutare i \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> a prendere coscienza, sviluppare soggettività, a organizzarsi e aiutare anche a volte stati, istituzioni internazionali o addirittura sindacati a inquadrare e aiutare e accompagnare meglio questi \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark>, questo è un lavoro molto più vasto che però facciamo in diversi paesi del mondo. Ti do qualche esempio di come si può lavorare con per esempio i \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> in Europa che sono direttamente in Europa.\r\n\r\nPoi abbiamo un altro problema è che i \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> non sono stati colpiti da questa situazione, spesso sapendolo, cioè noi abbiamo a che fare con, per esempio non lo so, giusto ieri stavo continuando un lavoro con un'azienda francese, questa azienda francese ha subito un piano di ristrutturazione che è risultato in 250 licenziamenti, questi licenziamenti sono stati giustificati dall'arricuz di CIGPT e dell'intelligenza artificiale come se fosse una novità, il solito pretesto, in realtà i \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> hanno scoperto immediatamente dietro questa finta automatizzazione si nascondeva un caso di outsourcing di diverse centinaia di persone in un paese africano che erano messe lì a lavoro per far finta di essere un'intelligenza artificiale che ufficialmente ha distrutto i loro posti di lavoro. Quindi in questo caso la rivendicazione dei \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> licenziati che cercano di essere reintegrati o che cercano di essere rimborsati dei danni subiti si combina con il riconoscimento, con il fatto che sono oramai coscienti del fatto che ci sono masse di altri \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> in paesi terzi, nel caso specifico non soltanto in Africa ma anche in India per questa azienda di cui sto parlando e che quindi diventa una lotta internazionalista, ma perché internazionale di fatto?\r\n\r\nPerché non si possono risolvere i problemi di gente in Europa senza al tempo stesso prendere in conto quale ruolo e quali sono anche i danni subiti da persone in paesi terzi. Naturalmente noi lavoriamo anche in diversi paesi nei quali abbiamo condotto queste inchieste, nel caso specifico i due paesi sui quali stiamo lavorando di più ancora sono Madagascar e Kenya in Africa ci sono altri lavori in corso per paesi sudamericani come il Brasile e altri paesi africani come l'Egitto ma sono più diciamo così embrionali come come tipi di lavoro. Che tipo di lavoro facciamo? Beh a volte lavoriamo con le aziende, le aziende significa le piattaforme, per convincerle\r\nqueste piattaforme che sfruttano i \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> a trattarli meglio.\r\nE quindi adottare degli standard di lavoro equo, questi sono degli standard che sono stabiliti da un'organizzazione che si chiama Fair Work Project, che è condotta da nostri colleghi dell'Università di Oxford. Altre volte si tratta di applicare sostanzialmente le regole di gli standard internazionali di difesa del lavoro degno che invece sono stabiliti dall'ILO, cioè la International Labour Organization e con i quali, lavoriamo su altri progetti.\r\nQuindi sostanzialmente si tratta in certi casi di far applicare la legge, in altri casi si tratta di aiutare lo sviluppo di soggettività collettive da parte dei \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark>. Per esempio quello che sta succedendo in Kenya è da una parte preoccupante, perché l'ordine pubblico del paese si è molto degradato, ma allo stesso molto interessante perché il Kenya è un paese che è stato al centro di una serie di rivelazioni molto forti negli ultimi due anni. Si è scoperto sostanzialmente che sia Meta, ovvero sia Facebook, che OpenAI, ovvero sia ChatGPT, si sono serviti di \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> keniani per adestrare le loro intelligenze artificiali, produrre dati e fare altri tipi di lavoro.\r\nQueste persone si sono in frattempo organizzate in diversi sindacati, uno si chiama Tech Workers, un altro si chiama African Content Moderators, sono dei sindacati che hanno oramai migliaia di iscritti e che partecipano anche alle manifestazioni che si stanno svolgendo in questo momento in Kenya contro la riforma finanziaria di quel paese. Quindi sostanzialmente vediamo progressivamente delle persone, delle organizzazioni che nascono all'interno di questo settore, che è dopo tutto un settore abbastanza sconosciuto, anche se veramente avrei dei dubbi a definirlo come un settore di nicchia, visto il numero di persone che secondo le stime degli ultimi anni iniziano ad esserci dentro, ma che si articolano, si combinano con movimenti molto più vasti e quindi ci sono anche delle forme embrionali di costruzione di coscienza di classe, se vogliamo, o di costruzione di movimenti multitudinari nei quali questi laboratori di dati entrano a far parte.\r\n\r\nMi sposterei un attimo su una questione che avevo ripreso appunto dal tuo libro Schiavi del Clic, ma che poi insomma è anche ricitato in vari articoli, che è noto come il paradosso di Solow su come sia stato misurato che la digitalizzazione nella manifattura e l'automazione nei servizi non abbiano poi portato a un reale aumento della produttività, anzi addirittura all'inizio del ventunesimo secolo si misura una decrescita nella produttività portata da questi strumenti.\r\nStrumenti che invece avrebbero dovuto, non dico sostituire il lavoro umano, ma quantomeno aumentarne la capacità produttiva.\r\nDa questo punto di vista, se la digitalizzazione ha avuto un impatto tanto trascurabile, perché rimane comunque una delle principali voci di investimentoda parte di grandi corporazioni e dei governi?\r\n\r\nAllora, do una precisazione piccolissima di natura statistica, anche se poi un po' scocciante, pedante da parte mia, quello che diminuisce è il tasso di crescita della produttività, quindi significa che la produttività continua a crescere, certo, ma in maniera molto meno veloce e in certi casi la crescita si è interrotta, non c'è una diminuzione della produttività, ecco, significa che sostanzialmente a forza tu puoi introdurre tutta l'automazione che vuoi, la produttività non cresce, poi la produttività cresce anche per altri motivi, perché sostanzialmente se ci sono altri metodi che non sono di natura automatica, ma possono essere, che ne so, riorganizzazione del lavoro, oppure la disponibilità di infrastrutture, la produttività potrebbe crescere, ma quello che giustamente sottolinei nella tua domanda è per quale motivo, malgrado i risultati dell'automatizzazione non ci siano dal punto di vista della produttività, si continua a investire tanto?\r\nBeh, perché risponderei, ci sono dei risultati per gli investitori in termini di profitto, in termini di rendita economica, quindi malgrado la produttività non aumenti, loro riescono comunque a creare dei profitti, e creare dei profitti sostanzialmente grazie al fatto che oggi come oggi non hai bisogno di avere un prodotto che funziona e nemmeno di venderlo volendo, perché le grandi aziende e le grandi piattaforme degli ultimi anni sono basate su un'idea di, a grosso modo, di soppensioni da parte dei produttori. Quindi, la città è un'azienda, che ha delle piccole aziende che vengono fatte a volte di stati e a volte di grandi investitori, è quello che si chiama il venture capitalism, quindi significa che ci sono dei grandi finanziatori che ti pagano, ti danno dei finanziamenti, delle sovvenzioni di centinaia di miliardi e sperano che un giorno forse tu riuscirai a fare un profitto, ma in certi casi, ti posso citare il caso di Uber, questo profitto non arriva mai.\r\nUber è arrivato a fare un utile , alla fine dell'anno scorso, a mostrare per la prima volta da quando è stata creata un minimo di profitto, non perché è riuscita a vendere meglio il suo prodotto, ovvero la sua piattaforma, che continua a essere in perdita. Uber in realtà spende molto di più a convincerti a usare Uber che non quello che guadagna facendoti usare Uber.\r\nSono riusciti a fare un minimo di profitto perché hanno fatto un'acquisizione di un'altra azienda che aveva un bilancio positivo.\r\nMa questo significa sostanzialmente che ci sono delle incitazioni, degli incentivi per i grandi investitori di continuare a investire nell'intelligenza artificiale, anche se poi il tornaconto non c'è. Certo non c'è il tornaconto a livello collettivo perché gli stati non ci guadagnano abbastanza, i \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> certamente non ci guadagnano in questa situazione e le aziende stesse continuano a fare perdite, ma in questo caso di venture capitalism ci sono ancora degli imbecilli che continuano a finanziarli. Questi imbecilli sono degli imbecilli pericolosi.\r\nStiamo parlando di persone del calibro di Mark Andresen o Peter Thiel. Dei nomi che forse non dicono niente alle persone che ci ascoltano. La cosiddetta paypal mafia anche nota. Sì esattamente. Persone che sono vicine a noti esponenti dell'estrema destra come Elon Musk e compagnie. Loro stessi sono delle persone di estrema destra. Mark Andresen è uno che pubblicamente ha dichiarato di quanto era bello il colonialismo. Peter Thiel è un eugenista dichiarato. Un pro-trumpiano nichilista , e queste persone sono quelli che continuano a finanziare questi grandi sforzi di investimento che sono pericolosi dal punto di vista sociale, dal punto di vista economico e aggiungerei anche, anche se poi di questo ne parliamo più recentemente in testi che non sono ancora stati tradotti in inglese in certi casi, anche hanno un impatto ecologico serissimo.\r\nPerché investire in grandi infrastrutture come ChatGPT significa anche investire in data center, significa investire nell'estrazione mineraria e nell'uso di energie che non sono certamente sostenibili.\r\nNon sono certamente un caso di tecnologia verde malgrado il fatto che cerchino costantemente di vendersi come green AI, quindi di fare un pochettino di ripulitura e di riciclaggio. Quindi l'uso fatto della retorica ecologista per cercare di vendere quello che fanno ha un serio impatto se pensiamo soltanto agli investimenti proposti da Sam Altman, quindi uno dei principali creatori di ChatGPT, stiamo parlando di un fabbisogno energetico che supera ampiamente tutte le tecnologie che abbiamo avuto finora.\r\nE quindi questo servirebbe soltanto a creare cosa? Un chatbot che risponde alle mie richieste astuse di ricette, magari la ricetta di una torta ssacher ma scritte come fosse un sonetto di Shakespeare, che è la cosa più inutile del mondo a pensarci.\r\n\r\n\r\nAntonio su questo non so se ci puoi dedicare ancora qualche minuto, volevo su questo farti ancora due domande proprio sul tema ambientale.\r\nAnche da questi microfoni abbiamo più volte portato approfondimenti, per esempio un dato delle ultime settimane è che le previsioni sono che i data center negli Stati Uniti consumeranno il 10% di tutta l'elettricità prodotte nel paese entro il 2030, ogni settimana escono annunci di questo tipo. E in generale, anche invece riportando un po' l'argomento su un piano politico, negli ultimi anni c'è stato un tentativo a più riprese di creare punti di convergenza tra quelle che sono le distopie digitali che con te abbiamo sottolineato in questa intervista e invece delle lotte ambientali che rappresentano sicuramente un punto di vista anche un po' più avanzato dal punto di vista anche dello stato di salute dei movimenti. Basti pensare appunto che termini costrutti di ricerca come l'estrattivismo digitale e altri sono stati proprio mutuati da una parte all'altra, presi dal mondo dell'ecologia.\r\nEcco, questo è sicuramente un tentativo che si è fatto, molto interessante, però noi rileviamo anche che negli ultimi anni questa potenziale alleanza e punti di convergenza stenta un po' a costruirsi. Non so, anche dal nostro punto di vista spesso e volentieri abbiamo cercato di portare questi discorsi all'interno anche di iniziative politiche e movimenti, ma si fa un po' fatica, un po' per la natura delle lotte ambientali che pur essendo a una vocazione sicuramente internazionale di ampio respiro spesso sono estremamente localizzate, e invece lavori come il tuo ad esempio che ci portano a attraversare delle filiere che poi camminano un po' in tutto il mondo.\r\nEcco, tu come vedi questa situazione? Come vedi il rapporto in generale e quali potrebbero essere secondo te nuovi punti di convergenza tra le movimenti nel digitale sia sindacali che internazionali?\r\n\r\nAllora, diciamo che in un certo senso penso che i problemi siano di due tipi il primo è che attualmente i movimenti ambientalisti a livello internazionale sono ancora molto diversi e che non c'è stata una chiara separazione tra, diciamo, un'ala riformista, chiamiamola così sostanzialmente quella che è più compatibile con delle istanze capitaliste e quindi sostanzialmente per farla corta sono quelli che propongono l'idea che c'è una tecnologia sostenibile basta semplicemente scegliere il meno peggio o addirittura pensare a una tecnologia che possa essere effettivamente green e dall'altra parte un'area massimalista dei movimenti ecologistici che invece sostanzialmente sostengono quella che possiamo chiamare una redirezione ecologica ovvero bisogna veramente avere un sussulto politico per cambiare completamente la maniera di considerare queste cose e né l'una né l'altra nel caso specifico al di là di queste diciamo di questa complessità dei movimenti ecologici attuali ambientalisti attuali né l'una né l'altra ha una visione completa se vogliamo forse un po' quelli della redirezione ecologica perché ci sarebbe bisogno di avere una specie di cartografia di che cosa fanno le intelligenze artificiali a non soltanto le filiere o le supply chains ma anche a posti che sono a volte molto distanti da noi ed è difficile immaginarsi quali sono le condizioni di vita o quali sono le condizioni stesse ambientali in paesi come la Bolivia considerando che la maggior parte di noi non ci ha mai messo piede in Bolivia immaginarsi che ci siano l'adi di sale come è il caso di Bolivia e di Uyuni che è il più grande giacimento di litio del mondo che è talmente centrale per le nostre batterie di tutto quello che abbiamo in tasca dallo smartphone al tablet per chi ce l'ha le biciclette elettriche o i veicoli elettrici, le automobili questa cosa di immaginarsi quanto importante sia un posto talmente lontano da noi da qualcosa che è così vicino a noi che abbiamo nelle nostre tasche questo è uno sforzo serio è uno sforzo serio che però ha nel futuro una necessità di svilupparsi e che si svilupperà purtroppo perché queste lotte ecologiche arrivano sempre più vicino a noi se pensiamo in particolare a una faccenda che è un po' diversa la questione dei data center i data center non sono per la maggior parte situati in paesi terzi a basso reddito ma sono per la maggior parte dei casi messi dietro l'angolo rispetto a noi sono in Italia, sono in Francia sono negli Stati Uniti certo sono anche in Cina e in maniera crescente perché la Cina non è più da tanti tanti anni un paese povero ma sono sostanzialmente nel nord del mondo e nel nord del mondo sono dei posti dove sono delle strutture che pesano molto sul consumo energetico paesi come l'Irlanda che sono oggi dei grandi hub per i data center sono dei paesi nei quali l'infrastruttura di produzione dell'elettricità è molto affaticata dalla presenza di questi data center in Spagna si stanno sviluppando dei collettivi che mettono insieme tecnologia e piuttosto critica tecnologica e critica ecologica che si oppongono per esempio alla creazione di nuovi data center in posti che specialmente in Spagna sono già desertici e che quindi non hanno bisogno in più di questo ennesimo peso quindi queste sono delle prospettive che sono interessanti e aggiungo che sono interessanti purtroppo perché sono delle questioni e dei problemi ecologici sempre più pressanti che arrivano sempre più vicino alle nostre case e che se finora non c'è stata una diciamo così un'alleanza tra movimenti di critica tecnologica e movimenti di rivendicazione legate all'ambiente questo secondo me cambierà molto presto\r\n\r\n \r\n\r\nHai qualcosa da aggiungere o altri riferimenti che vuoi darci per chi ci ascolta per seguire il vostro lavoro o anche altri lavori che reputi interessanti su questi temi?\r\n\r\nAllora voglio invitare coloro che ci ascoltano se sono interessati e interessate, l'otto luglio c'è il lancio a distanza, nel senso che è un evento virtuale ed è gratis, e si può partecipare da tutto il mondo, che si chiama Workers Inquiry. Per gli italiani traduzione è semplicemente inchiesta operaia.\r\nWorkers Inquiry è il lavoro, la produzione di una mia carissima collega e amica e anche lei membra di DiPLab che si chiama Milagros Miceli che è una ricercatrice che da tanti anni lavora a Berlino per il Weizenbaum Institute e che ha avuto questa idea assolutamente geniale, ovvero piuttosto che, come lo facciamo noi da tanti anni, girare il mondo e andare a intervistare persone, aiutare i \u003Cmark>lavoratori\u003C/mark> dei dati, ovvero i microlaboratori di cui ho parlato finora, questi che attestano l'intelligenza artificiale, a raccontare le loro stesse condizioni di lavoro e a condurre loro stessi delle inchieste sulle proprie condizioni di lavoro.Ed è una maniera di effettivamente ricollegarsi alla grande tradizione operaista.\r\nMa vi posso anche assicurare che è un risultato anche da un punto di vista sociale, politico, perché ci sono queste persone che l'8 luglio parleranno durante il lancio di questa iniziativa e quindi vedrete testimonianze di persone dal Kenya, dall'Iran, dal Venezuela, da tanti altri posti e dalla Germania ovviamente, ma soprattutto ci sono anche degli estratti video che sono di grandissima qualità. 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