Caivano. La negazione di un femminicidio transfobico
Scritto dainfosu 16 Settembre 2020
Il femminicidio ed aggressione transfobica di Caivano nella lente deformata dei media e del dibattito pubblico sui social.
L’essenzialismo di genere nega le scelte individuali, riproponendo un approccio che pone al centro corpi irrigiditi nel destino segnato dalla casualità genetica.
Il caso di Arcilesbica di Napoli è emblematico, della negazione dell’identità trans.
Ne abbiamo paralto con Sbrock di ah squeerto.
Ascolta la diretta:
Di seguito il commento pubblicato dal collettivo Cagne Sciolte di Roma:
“Oggi ci siamo svegliat* con l’ennesima notizia di femminicidio: Maria Paola è stata vigliaccamente uccisa da un uomo che credeva di avere il diritto di decidere per lei, da suo fratello, che non accettava che lei potesse scegliere per sé e amare chi volesse.
Il femminicidio contro Maria Paola è l’elemento più vendibile mediaticamente, in pasto ai giornalisti che cercano sempre qualcosa di accattivante, ma questa volta si sono scontrati con la difficoltà e l’incapacità di nominare un altro elemento centrale di questa triste storia: Maria Paola aveva scelto di avere una relazione con una persona trans, Ciro, e di fronte a questo stiamo assistendo all’invisibilizzazione anche della sua scelta.
Per questo gridiamo con forza che quello di oggi è un femminicidio transfobico.
È stato il fratello di Maria Paola ad uccidere ma sono giornalisti e opinionisti che continuano a perpetrare la violenza, quando parlano di ciò che non conoscono, quando se ne ricordano solo perché siamo vittime e raccontano le nostre vite solo come un’anomalia infettiva o strade lastricate di lacrime e dolore.
Sono Arcilesbica Nazionale e tutte le “femministe” trans-escludenti, che neanche oggi riescono a mettere da parte opinioni su quello che non conoscono e non rispettano, che alimentano la transfobia nei confronti delle nostre sorelle e dei nostri fratelli trans attraverso lo strumento patriarcale dell’invisibilizzazione che, per secoli, ha negato l’esistenza e la resistenza lesbica. Ed è per questo che noi le odiamo.
Sono le associazioni lgbtq mainstream che credono di combattere la violenza patriarcale e sessista con il super potere delle legge Zan, a rendere ancora più lontano il giorno in cui saremo davvero tutt* liber*, come se la violenza del carcere fosse l’unico strumento utile a cambiare il sistema in cui viviamo.
L’unico modo che troviamo per affrontare tutta la rabbia, lo schifo e la tristezza che proviamo oggi è stringerci alle comunità resistenti, che riempiono le nostre vite, in cui ci amiamo, ci diamo forza e sostegno.
Ed è con loro che camminiamo a testa alta ogni giorno, è che con loro che affrontiamo e rispondiamo alla violenza di questo sistema di merda! È con loro che oggi gridiamo forte che non abbiamo paura!Ci vediamo per strada!
Vi veniamo a cercare.”