Sospesi nel deserto da 50 anni
Scritto dainfosu 1 Dicembre 2020
Abbiamo parlato di Saharawi, l’ultima colonia africana, con Karim Metref, che dapprima ci ha fatto un quadro della situazione in riferimento agli eventi che hanno portato attraverso i decenni a questa situazione di stallo.
Dagli anni Settanta si congela la decolonizzazione e con quella l’occupazione marocchina del Sahara ex spagnolo, con le divisioni figlie della Guerra fredda; l’Occidente allineato con il Marocco impegnato a procrastinare in eterno il referendum; il blocco socialista a difendere il Polisario, sostenendo l’Algeria da sempre in contenzioso con il regno alawide.
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Il blocco del confine di Ghergarat nasce dall’esasperazione dei saharawi, dalla sovrappopolazione forzosa di marocchini nei territori occupati per imporre una falsatura del referendum, dalla considerazione che quelle merci in transito sono quelle trafugate dai marocchini dalle risorse del territorio occupato. Di nuovo è l’assenza colpevole dell’Onu a contribuire al blocco politico e anche all’isolamento del Marocco e dei suoi traffici a causa di confini sigillati dalla Guerre des sables del 1963. Una situazione assurda che ha spinto surrealmente alla creazione del valico di Ghergarat da parte dei marocchini stessi che avevano aperto un varco – benedetto da tutti e tollerato finora anche dal Polisario, perché permette una economia di sussistenza nel Sahara e a sud del deserto – nel muro di 2700 chilometri, costruito da Rabat stessa in funzione di barriera contro il Fronte
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L’Algeria è l’alleato naturale del popolo saharawi, che infatti può mantenere il quartier generale del Polisario a Tindouf, in territorio algerino a ridosso del confine stporico con il Marocco e con quello che era il coloniale Sahara spagnolo. Ma l’Algeria degli anni Settanta non esiste più e così anche il corteo di nazioni socialiste arabe che appoggiavano la resistenza verso il colonialismo occidentale a sostegno dell’espansionismo marocchino, anzi una dopo l’altra si riallineano tutte le nazioni arabe dietro al Marocco filooccidentale (se non stipulano gli Abraham Accords con Israele). Il crollo del sistema di potere di Bouteflika non consente ancora che quel vento nuovo espresso dal “dégage” di Hirak possa cambiare la nazione, impegnata a prepararsi a impegni bellici e a riconvertire l’economia. Così la contestazione al sistema si è esteso a tutti gli oligarchi, chiedendo una rifondazione di una nuova repubblica fondata su libertà, diritti e concertazione; Karim Metref ce lo spiega con coinvolgimento emotivo e politico.
Questo braccio di ferro indebolisce anche l’appoggio al Fronte Polisario
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La riconversione dell’economia algerina, imposta dal venir meno delle riserve di gas e petrolio, si orienta alla produzione di altri minerali che potrebbero subentrare e che vede proprio nella zona di Tindouf uno dei capisaldi dell’estrazione. Questo prevede investimenti in infrastrutture e che possano portare i prodotti presso porti tutti da inventare sulla vicina Costa pacifica.
Così, con la consueta ispirazione da griot moderno, dopo un lungo excursus tra maghreb e Sahel, tra popoli insorgenti e nazioni decadenti, tra occupazioni e lotte, Karim Metref è tornato là da dove eravamo partiti: al territorio occupato, al collo di bottiglia valvola di sfogo per un territorio imbalsamato da retaggi pluridecennali