","Turchia. Satira, Pride e opposizione nel mirino","post",1751620060,[63,64,65,66,67,68,69],"http://radioblackout.org/tag/islamisti/","http://radioblackout.org/tag/leman/","http://radioblackout.org/tag/pride/","http://radioblackout.org/tag/repressione/","http://radioblackout.org/tag/satira/","http://radioblackout.org/tag/smirne/","http://radioblackout.org/tag/turchia/",[71,72,73,74,75,76,17],"islamisti","leman","Pride","repressione","satira","smirne",{"post_content":78,"tags":82},{"matched_tokens":79,"snippet":80,"value":81},[71],"presi d’assalto da gruppi di \u003Cmark>islamisti\u003C/mark>. Il tutto per un’innocua vignetta","La repressione colpisce sempre più duramente in Turchia.\r\nLa presenza di riviste satiriche a fumetti è una consolidata tradizione. LeMan è un periodico ad ampia diffusione popolare, non certo un giornaletto di nicchia, ma è finito comunque nel mirino della magistratura che ha disposto l’arresto di due redattori, del direttore responsabile e del vignettista e il sequestro del giornale. Come se non bastasse alla notizia degli arresti la redazione e un locale dove veniva diffuso LeMan sono stati presi d’assalto da gruppi di \u003Cmark>islamisti\u003C/mark>. Il tutto per un’innocua vignetta in cui, da un paesaggio di bombardamenti e distruzione di levano verso il cielo due uomini alati che si stringono la mano e si scambiano il saluto di pace tipico di ebrei e musulmani. Il primo di chiama Mohamed, il secondo Musa, ossia Mosé. Un musulmano e un ebreo morti sotto le bombe.\r\nL’identificazione del primo con il profeta dell’Islam, peraltro negata dalla redazione del giornale, ha portato agli arresti e agli assalti. L’Islam è una religione iconoclasta e quindi le rappresentazioni di dio e del suo profeta sono considerate blasfeme.\r\nUn palese attacco alla libertà di espressione, esplicitamente rivendicato dal governo.\r\nNel mirino della magistratura, ormai asservita al governo, anche il Pride, vietato anche quest’anno, e il principale partito di opposizione, il CHP.\r\nA Smirne, al terza città del paese sono state arrestate oltre 150 persone tra cui l’ex sindaco e numerosi altri esponenti di primo piano del partito, in un’operazione del tutto simile a quella effettuata contro il primo cittadino di Istanbul e principale antagonista di Erdogan.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Murat Cinar\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/07/2025-07-01-murat-turchia-repres-vignetta-smirne-pride.mp3\"][/audio]",[83,86,88,90,92,94,96],{"matched_tokens":84,"snippet":85},[71],"\u003Cmark>islamisti\u003C/mark>",{"matched_tokens":87,"snippet":72},[],{"matched_tokens":89,"snippet":73},[],{"matched_tokens":91,"snippet":74},[],{"matched_tokens":93,"snippet":75},[],{"matched_tokens":95,"snippet":76},[],{"matched_tokens":97,"snippet":17},[],[99,104],{"field":37,"indices":100,"matched_tokens":101,"snippets":103},[49],[102],[71],[85],{"field":105,"matched_tokens":106,"snippet":80,"value":81},"post_content",[71],578730123365712000,{"best_field_score":109,"best_field_weight":110,"fields_matched":31,"num_tokens_dropped":49,"score":111,"tokens_matched":112,"typo_prefix_score":49},"1108091339008",13,"578730123365711978",1,{"document":114,"highlight":134,"highlights":139,"text_match":142,"text_match_info":143},{"cat_link":115,"category":116,"comment_count":49,"id":117,"is_sticky":49,"permalink":118,"post_author":52,"post_content":119,"post_date":120,"post_excerpt":55,"post_id":117,"post_modified":121,"post_thumbnail":122,"post_thumbnail_html":123,"post_title":124,"post_type":60,"sort_by_date":125,"tag_links":126,"tags":131},[46],[48],"94696","http://radioblackout.org/2025/01/94696/","La Turchia e le milizie islamiste filo-turche, in particolare l'Esercito nazionale siriano (SNA), stanno sfruttando lo spostamento di potere a Damasco per colpire le aree di autogoverno controllate dai curdi nella Siria settentrionale e orientale. Ankara giustifica queste azioni sostenendo che i gruppi che operano nella regione, in particolare le Unità di difesa popolare curde (YPG), che guidano le Forze democratiche siriane (SDF) a predominanza curda, sono collegate al Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), che la Turchia considera un'organizzazione terroristica e una minaccia esistenziale alla sicurezza. La recente escalation di attacchi non sorprende, poiché Ankara probabilmente stava aspettando un'opportunità strategica.\r\n\r\nMentre tutti gli occhi erano puntati sulle forze guidate da HTS che spazzavano la Siria con Assad in rovina, l'Esercito nazionale siriano (SNA) sostenuto dalla Turchia ha lanciato un attacco alla Siria settentrionale e orientale (NES), sequestrando Shehba e Manbij alle Forze democratiche siriane (SDF). Ora, la Turchia minaccia un'invasione nella città curda di Kobane. Nel frattempo, l'SNA sta tentando di attraversare il fiume Eufrate e di invadere ulteriormente la Siria nord-orientale, con feroci scontri in corso nella campagna di Manbij. Gli islamisti sono avanzati nei territori amministrati attraverso il confederalismo democratico, impegnandosi in feroci scontri con le SDF e hanno preso il controllo di diverse aree sotto il comando dell'SNA. L'amministrazione autonoma del Rojava opera in un quadro che enfatizza la democrazia diretta, l'uguaglianza di genere e l'inclusività etnica, con politiche che prevedono una rappresentanza equa di uomini e donne nelle posizioni amministrative. Le sue strutture politiche sono progettate per includere la rappresentanza di diverse comunità, tra cui curdi, arabi, assiri e turkmeni.\r\n\r\nAbbiamo raggiunto telefonicamente Eddi Marcucci, che ha combattuto con le Unità di difesa delle donne (YPJ) in Siria, e le abbiamo chiesto di farci un quadro della situazione in Siria.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/siria3.mp3\"][/audio]\r\n\r\nQui, l'intervista a Rohilat Afrin, Comandante in capo delle YPJ.\r\n\r\n ","13 Gennaio 2025","2025-01-13 20:55:11","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/SDF_fighters_at_Tishrin_Dam-e1736797604552-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"145\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/SDF_fighters_at_Tishrin_Dam-e1736797604552-300x145.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/SDF_fighters_at_Tishrin_Dam-e1736797604552-300x145.png 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/SDF_fighters_at_Tishrin_Dam-e1736797604552-768x372.png 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/SDF_fighters_at_Tishrin_Dam-e1736797604552.png 800w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","L'escalation di Erdogan contro il Rojava",1736801224,[127,128,129,130,69],"http://radioblackout.org/tag/erdogan/","http://radioblackout.org/tag/kurdistan/","http://radioblackout.org/tag/rojava/","http://radioblackout.org/tag/siria/",[132,133,15,20,17],"Erdogan","Kurdistan",{"post_content":135},{"matched_tokens":136,"snippet":137,"value":138},[71],"nella campagna di Manbij. 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L’Isis, nonostante la sconfitta del Califfato nato tra Siria e Iraq, continua ad essere forte nel Caucaso, nel cosiddetto Khorasan e in Africa. La Russia ha avuto un ruolo importante nella sconfitta del Califfato garantendo il proprio costante appoggio al partito nazionalsocialista al governo in Siria, il Baas di Bashar al Hassad.\r\nLe rivendicazioni dell’attentato sia per le indicazioni fornite, sia per i canali i comunicazioni utilizzati rendono del tutto credibile la rivendicazione dell’Isis. Non abbiamo tuttavia elementi che rendano credibile che si tratti dell’Isis-K ossia l’Isis Khorasan e non di altro nucleo della galassia dello Stato Islamico. In ogni caso\r\nPutin, sia per sminuire le scacco subito dalla propria intelligence, sia per buttare altra benzina sul fuoco della guerra in Ucraina, indica il governo di Kiev come possibile complice.\r\nResta il fatto che l’ISIS continua a puntare sulla Jihad per il califfato globale contro infedeli e traditori.\r\nPer capirne di più ne abbiamo parlato con Giuliano Battiston che da anni si occupa di ISIS. Vi copiamo sotto anche il testo dell’articolo uscito domenica sul Manifesto.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/2024-03-26-battiston-isis.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nIl sanguinoso attentato terroristico è un colpo clamoroso per lo Stato islamico, ma non è così inaspettato. Chi si sorprende che l’obiettivo sia la Russia ha perso di vista da tempo non solo la propaganda dello Stato islamico \"centrale\" e delle sue branche regionali, ma anche le loro attività militari, e deve aver dimenticato un pezzo importante di storia recente.\r\n\r\nSTORIA RECENTE, propaganda e attività militari - così certificano tutti gli studiosi che hanno continuato a occuparsene, anche dopo la caduta del \"Califfato\" edificato in Siria e Iraq e la fisiologica disattenzione dei media - ci dicono che la Russia è un nemico centrale, prioritario. La Russia infedele, ortodossa, la Russia di Putin e delle sue sanguinose guerre in Cecenia, della repressione degli islamisti in Daghestan, in Inguscezia, dentro e fuori i confini della Federazione, la Russia alleata del siriano Bashar al-Assad e che bombarda le roccaforti jihadiste in Siria, o che, più di recente, contribuisce alla campagna contro lo Stato islamico in Mali e Burkina Faso: la Russia come minaccia all’Islam.\r\nPutin, i cui apparati di sicurezza hanno fatto flop, prova ad approfittarne, omettendo di menzionare lo Stato islamico e provando ad attribuire responsabilità agli ucraini. Ma è un inganno.\r\nSi dovrebbe guardare altrove. Alla branca locale dello Stato islamico, la «provincia del Caucaso», o più probabilmente alla «provincia del Khorasan».\r\n\r\nIL NOME RIMANDA, come in molta pubblicistica jihadista, ai gloriosi tempi andati, al Khorasan storico, un’ampia area che copriva gli attuali Iran, Afghanistan e parte dell’Asia centrale. Formata da militanti perlopiù pachistani ma anche centroasiatici e arabi nell’area di confine tra Afghanistan e Pakistan tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015, la «provincia del Khorasan» ha subito la repressione contestuale del governo afghano, degli americani che lo sostenevano e dei Talebani, quando questi ultimi facevano ancora la guerra alla Repubblica collassata nel 2021 e avevano capito che quei jihadisti erano una minaccia al loro monopolio. Ma anche un’opportunità di avvicinamento ai nemici americani.\r\nNon è un caso che la caduta della principale roccaforte dello Stato islamico in Afghanistan, la valle di Mamand, nel distretto di Achin, nella provincia orientale di Nangarhar, lì dove l’allora presidente Usa Donald Trump il 13 aprile 2017 aveva fatto sganciare la più potente bomba non nucleare mai usata in combattimento (11 tonnellate su un complesso di tunnel e cave usati dal Khorasan), sia avvenuta nel no- vembre 2019. Tre mesi prima che Washington e i Talebani firmassero nella capitale del Qatar l’accordo di Doha, viatico per il loro ritorno al potere.\r\n\r\nCOSTRETTO AD ABBANDONARE il territorio che deteneva nell’est e nel nord del Paese, spiega tra gli altri Antonio Giustozzi, autore di un libro troppo poco conosciuto, Il laboratorio senza fine. Il ruolo dell’Afghanistan tra passato e futuro (Mondadori Strade blu), il Khorasan ha fatto poi ricorso a una campagna di guerriglia urbana e ad attacchi terroristici per dimostrare l’incapacità dei Talebani di garantire la sicurezza ed erodere la loro legittimità.\r\nDiminuiti nel 2023, gli attentati sono ripresi nel 2024. Pochi giorni fa lo Stato islamico ha rivendicato un attentato a Kandahar, capitale simbolica dell’Emirato dei Talebani. I quali si sono affrettati a condannare la strage di Mosca. Ma potrebbero subire dei contraccolpi, se le indagini condurranno a verificare la responsabilità della provincia del Khorasan.\r\n\r\nMOSCA, COME TUTTE LE CAPITALI regionali, garantisce la propria sponda diplomatica all’Emirato, ancora senza riconoscimento ufficiale, a una condizione: che i Talebani facciano da cintura di sicurezza contro la minaccia dello Stato islamico nella regione. L’Emirato afghano rivendica le azioni di «repressione chirurgica» che hanno portato alla distruzione delle cellule dello Stato islamico nelle principali città afghane, ma a Mosca potrebbe non bastare.\r\nNella leadership talebana, inoltre, c’è chi non gradisce il sostegno della Russia, per le stesse ragioni per cui i jihadisti dalla vocazione globale la ritengono un obiettivo legittimo e prioritario. Mentre tra i Talebani tagichi del nord-est qualcuno ha cambiato casacca.","26 Marzo 2024","2024-03-26 15:46:18","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/crocus-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/crocus-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/crocus-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/crocus-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/crocus.jpg 774w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","La Russia, l’Isis e lo scacchiere della Jihad internazionale",1711467943,[161,162,163,164,165,166,167,168,169],"http://radioblackout.org/tag/afganistan/","http://radioblackout.org/tag/crocus/","http://radioblackout.org/tag/fratelli-musulmani/","http://radioblackout.org/tag/isis/","http://radioblackout.org/tag/isis-k/","http://radioblackout.org/tag/mosca/","http://radioblackout.org/tag/pakistan/","http://radioblackout.org/tag/russia/","http://radioblackout.org/tag/talebani/",[171,172,173,23,174,175,176,177,178],"afganistan","crocus","fratelli musulmani","isis-k","Mosca","pakistan","russia","talebani",{"post_content":180},{"matched_tokens":181,"snippet":182,"value":183},[71],"in Cecenia, della repressione degli \u003Cmark>islamisti\u003C/mark> in Daghestan, in Inguscezia, dentro","La Russia, l’Isis e lo scacchiere della Jihad internazionale\r\nLa Russia è da tempo nel mirino dell’Isis e il gravissimo attentato di Mosca ne è la conferma. 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Vi era scritto: “Siete voi dei professori, dei pedagoghi? No, siete dei miserabili funzionari e il vostro tempio del sapere è un commissariato di polizia; del resto, ne ha l’odore”\r\nQuesto l’incipit di un articolo di Francesco Migliaccio, uscito quest’estate su Monitor\r\nLo scorso anno Migliaccio ha raccolto articoli di giornale, testimonianze e immagini sugli interventi della polizia nelle scuole dell’area metropolitana.\r\nNe emerso un quadro da far west urbano, con gli sceriffi che entrano nelle scuole, prendono per il collo ragazzi e ragazze, lanciano i cani antidroga per le aule.\r\nNon solo.\r\nAgli insegnanti è esplicitamente richiesto di divenire parte dell’apparato di controllo di cui la polizia è solo l’ingranaggio più visibile.\r\nMigliaccio ha partecipato ad un corso di formazione per insegnanti, promosso dall’Ufficio scolastico regionale, dal titolo “Per una didattica di prevenzione di ogni forma di radicalizzazione violenta”. Il fine del corso era di “conoscere il fenomeno della radicalizzazione violenta e sviluppare competenze base per organizzare attività preventive”. Gli insegnanti dovrebbero osservare, segnalare, costruire rete con team di psicologi, assistenti sociali, islamisti, giuristi, psichiatri per un approccio “olistico” al problema. Poi se niente funziona dovrebbero avvertire la polizia. E il cerchio si chiude.\r\nPer fortuna per ora fanno i corsi, ma, in assenza di una legge, non possono rendere operativi i protocolli.\r\nNe abbiamo parlato con Francesco Migliaccio\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/2023-10-31-migliaccio-scuola-polizia.mp3\"][/audio]\r\nQui l’articolo su Monitor","31 Ottobre 2023","2023-10-31 17:08:10","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/16pg02af01-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"204\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/16pg02af01-300x204.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/16pg02af01-300x204.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/16pg02af01-1024x695.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/16pg02af01-768x521.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/16pg02af01.jpg 1170w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Scuola di polizia. 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No, siete dei miserabili funzionari e il vostro tempio del sapere è un commissariato di polizia; del resto, ne ha l’odore”\r\nQuesto l’incipit di un articolo di Francesco Migliaccio, uscito quest’estate su Monitor\r\nLo scorso anno Migliaccio ha raccolto articoli di giornale, testimonianze e immagini sugli interventi della polizia nelle scuole dell’area metropolitana.\r\nNe emerso un quadro da far west urbano, con gli sceriffi che entrano nelle scuole, prendono per il collo ragazzi e ragazze, lanciano i cani antidroga per le aule.\r\nNon solo.\r\nAgli insegnanti è esplicitamente richiesto di divenire parte dell’apparato di controllo di cui la polizia è solo l’ingranaggio più visibile.\r\nMigliaccio ha partecipato ad un corso di formazione per insegnanti, promosso dall’Ufficio scolastico regionale, dal titolo “Per una didattica di prevenzione di ogni forma di radicalizzazione violenta”. Il fine del corso era di “conoscere il fenomeno della radicalizzazione violenta e sviluppare competenze base per organizzare attività preventive”. Gli insegnanti dovrebbero osservare, segnalare, costruire rete con team di psicologi, assistenti sociali, \u003Cmark>islamisti\u003C/mark>, giuristi, psichiatri per un approccio “olistico” al problema. Poi se niente funziona dovrebbero avvertire la polizia. 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E’ un braccio di ferro per la conquista del potere.\r\nLe tensioni tra Abdel Fattah al-Burhan, presidente del Consiglio sovrano e il suo vice, Mohamed Hamdan Dagalo – Hemetti -, nonché leader di RSF, erano palpabili da tempo per divergenze sul calendario dell’integrazione nell’esercito regolare dei miliziani delle RSF, che probabilmente non vogliono per nulla essere integrati.\r\nI combattimenti scoppiati sabato tra le unità dell’esercito fedeli al presidente e l’RSF di Hemetti, sono i primi di questo tipo da quando i due si erano alleati per spodestare Omar Hassan al-Bashir nel 2019.\r\nVale la pena ricordare che entrambi avevano fatto parte dell’entourage di al Bashir, che hanno deposto per evitare di essere travolti dalla protesta popolare assieme a lui.\r\nDagalo, un tagliagole di provincia, distintosi per la ferocia delle sue truppe contro le popolazioni africane del Darfur, che uccidevano gli uomini, stupravano le donne e rapivano i bambini nei villaggi in cui entravano, ha acquisito enormi poteri e ricchezze.\r\nSecondo i media di casa nostra si tratterebbe di un golpe filorusso, vista la presenza nel paese di truppe mercenarie della Wagner legate al vicepresidente.\r\nIn realtà il quadro è molto più complesso, in un sistema di alleanze variabili su scala planetaria, dove ciascuno gioca in proprio e cambia spesso di fronte.\r\nIl governo del generale Al Burhan è sostenuto da gruppi e potenze che normalmente hanno altri schieramenti: dagli islamisti locali, dall’Egitto (che a casa propria combatte e perseguita gli islamisti), dagli Stati Uniti (che hanno combattuto gli islamisti in Afganistan ma si schierano con Burhan in Sudan), dalla Cina (che perseguita gli islamisti uiguri a casa propria) e dagli iraniani. Dagalo è sostenuto da alcune grosse grosse compagnie minerarie anche straniere, dai russi della Wagner, dall’Arabia saudita e dagli Emirati arabi uniti. Burhan e Dagalo sono entrambi alleati dell’Arabia saudita nella guerra in Yemen.\r\nIl quadro non è affatto lineare, perché in ballo ci sono interessi economici e di potenza non sempre facili da decifrare.\r\n\r\nI sette milioni di abitanti di Khartoum sono allo stremo, barricati in casa per il timore di essere bersaglio di pallottole vaganti. Molti sono sfollati o profughi, scappati da guerre o contrasti interni. Avevano sperato di aver finalmente trovato pace e sicurezza, di non dover rivivere tali momenti di angoscia.\r\nLa metropoli è sull’orlo di una catastrofe umanitaria: il suo già fragile sistema sanitario è vicino al collasso, mancano acqua e corrente ed è sempre più difficile reperire cibo e beni di prima necessità.\r\nAnche in altre parti del paese si combatte. A Niyala, nel Sud-Darfur, sono morti almeno 22 civili dall’inizio del conflitto. Tra domenica e lunedì sono stati saccheggiati gli uffici dei ministeri delle Finanze, degli Affari locali, dell’Istruzione e delle Dogane. Razziati anche gli uffici di UNICEF e di altre organizzazioni internazionali.\r\nEntrambe le fazioni hanno affermato oggi di aver guadagnato terreno, entrambi sostengono di avere il controllo del palazzo presidenziale, di radio e TV.\r\nTruppe in appoggio a Dagalo sono arrivate dal Ciad e dalla Libia\r\n\r\nIn Sudan ci sono, anche se la loro presenza è sempre stata minimizzata, anche truppe straniere. Avieri egiziani al confine con l’Egitto ma non solo.\r\nVa ricordato che ai miliziani janjaweed di Dagalo è stato affidato anche il compito del controllo delle frontiere, dell’immigrazione “illegale” e del traffico di esseri umani. L’Unione Europea si è impegnata a sostenere finanziariamente questo incarico e l’Italia invece ha varato un programma nascosto di addestramento dei tagliagole, inviando nel 2022 una missione segreta a Khartoum.\r\nIl 12 gennaio di quell’anno uno dei dirigenti del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), agenzia che dipende dalla presidenza del consiglio, il colonnello Antonio Colella, con quattro uomini fidatissimi e una donna apparentemente rappresentante di una NGO, ha incontrato il capo dei filibustieri, il generale Mohamed Hamdan Dagalo.\r\nIl loro compito è quello di impedire il passaggio dei migranti, usando i metodi già sperimentati in Darfur, con più soldi, materiale logistico e sostegno politico. La vicenda è divenuta di pubblico dominio quando è stata raccontata da Africa ExPress, che l’ha appresa grazie ai propri contatti nell’area di El Obeid, 400 chilometri a sud della capitale. All’interrogazione parlamentare del pentastellato Airola il governo non ha mai dato alcuna risposta.\r\nI militari di Dagalo venivano addestrati ad El Obeid e a Khartum, ma anche in Italia. É possibile che alcuni di loro siano ancora nel nostro paese.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Alberizzi di Africa ExPress\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/04/2023-04-18-alberizzi-sudan.mp3\"][/audio]","18 Aprile 2023","2023-04-18 15:30:01","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/04/230416-khartoum-al-0918-121b3c-e1681767617227-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/04/230416-khartoum-al-0918-121b3c-e1681767617227-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/04/230416-khartoum-al-0918-121b3c-e1681767617227-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/04/230416-khartoum-al-0918-121b3c-e1681767617227.jpg 600w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Golpe in Sudan. 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A Niyala, nel Sud-Darfur, sono morti almeno 22 civili dall’inizio del conflitto. Tra domenica e lunedì sono stati saccheggiati gli uffici dei ministeri delle Finanze, degli Affari locali, dell’Istruzione e delle Dogane. Razziati anche gli uffici di UNICEF e di altre organizzazioni internazionali.\r\nEntrambe le fazioni hanno affermato oggi di aver guadagnato terreno, entrambi sostengono di avere il controllo del palazzo presidenziale, di radio e TV.\r\nTruppe in appoggio a Dagalo sono arrivate dal Ciad e dalla Libia\r\n\r\nIn Sudan ci sono, anche se la loro presenza è sempre stata minimizzata, anche truppe straniere. Avieri egiziani al confine con l’Egitto ma non solo.\r\nVa ricordato che ai miliziani janjaweed di Dagalo è stato affidato anche il compito del controllo delle frontiere, dell’immigrazione “illegale” e del traffico di esseri umani. L’Unione Europea si è impegnata a sostenere finanziariamente questo incarico e l’Italia invece ha varato un programma nascosto di addestramento dei tagliagole, inviando nel 2022 una missione segreta a Khartoum.\r\nIl 12 gennaio di quell’anno uno dei dirigenti del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), agenzia che dipende dalla presidenza del consiglio, il colonnello Antonio Colella, con quattro uomini fidatissimi e una donna apparentemente rappresentante di una NGO, ha incontrato il capo dei filibustieri, il generale Mohamed Hamdan Dagalo.\r\nIl loro compito è quello di impedire il passaggio dei migranti, usando i metodi già sperimentati in Darfur, con più soldi, materiale logistico e sostegno politico. La vicenda è divenuta di pubblico dominio quando è stata raccontata da Africa ExPress, che l’ha appresa grazie ai propri contatti nell’area di El Obeid, 400 chilometri a sud della capitale. 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Anche l’emittente Al Arabiya, mostrando i video, parla di feriti. Questa mattina alcune fonti scrivevano di 7 morti.\r\nNei fatti le comunicazioni sono interrotte da ieri sera ed è quindi molto difficile avere notizie fresche e precise.\r\nIn Sudan, sin dagli anni Cinquanta c’era un ampio fronte laico, segnato dalla presenza di un grosso partito comunista. Gli islamisti erano, e rimangono una minoranza nel paese, ma hanno sempre tenuto salde le leve del potere economico, condizionando pesantemente gli esecutivi succedutisi nel paese. Il primo dittatore Nimeiri era un laico ma ha poi avuto una virata in senso islamista.\r\nBashir, l’uomo forte del Sudam dal 1989 al 2019, pur esssendo laico, ha preso il potere grazie all’appoggio del fondatore dei Fratelli musulmani sudanesi, Hassan al Surabi. Responsabile della guerra feroce nella regione del Darfur, Bashir è al contempo il fautore dell’indipendenza del Sud Sudan, dopo decenni di guerriglia. Cacciato grazie alle imponenti manifestazioni popolari del 2019, è stato sostituito da un governo di transizione costituito da civili e militari, sotto il pesante controllo dei militari.\r\nIl 17 novembre i militari avrebbero dovuto abbandonare la scena politica. Il colpo di stato del 25 ottobre è il segnale inequivocabile dell’indisponibilità a lasciare il controllo del paese in mano ai civili.\r\nDifficile prevedere cosa accadrà nei prossimi giorni e mesi. Molto dipenderà dalle piazza, che due anni fa, riuscirono ad imporre la fine della dittatura.\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Alberizzi di Africa Express\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/10/2021-10-26-sudan-alberizzi.mp3\"][/audio]","26 Ottobre 2021","2021-10-26 14:59:02","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/10/sudan-e1635253130501-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"112\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/10/sudan-e1635253130501-300x112.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/10/sudan-e1635253130501-300x112.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/10/sudan-e1635253130501-1024x381.jpeg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/10/sudan-e1635253130501-768x286.jpeg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/10/sudan-e1635253130501.jpeg 1200w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Sudan. 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Anche l’emittente Al Arabiya, mostrando i video, parla di feriti. Questa mattina alcune fonti scrivevano di 7 morti.\r\nNei fatti le comunicazioni sono interrotte da ieri sera ed è quindi molto difficile avere notizie fresche e precise.\r\nIn Sudan, sin dagli anni Cinquanta c’era un ampio fronte laico, segnato dalla presenza di un grosso partito comunista. Gli \u003Cmark>islamisti\u003C/mark> erano, e rimangono una minoranza nel paese, ma hanno sempre tenuto salde le leve del potere economico, condizionando pesantemente gli esecutivi succedutisi nel paese. Il primo dittatore Nimeiri era un laico ma ha poi avuto una virata in senso islamista.\r\nBashir, l’uomo forte del Sudam dal 1989 al 2019, pur esssendo laico, ha preso il potere grazie all’appoggio del fondatore dei Fratelli musulmani sudanesi, Hassan al Surabi. Responsabile della guerra feroce nella regione del Darfur, Bashir è al contempo il fautore dell’indipendenza del Sud Sudan, dopo decenni di guerriglia. Cacciato grazie alle imponenti manifestazioni popolari del 2019, è stato sostituito da un governo di transizione costituito da civili e militari, sotto il pesante controllo dei militari.\r\nIl 17 novembre i militari avrebbero dovuto abbandonare la scena politica. Il colpo di stato del 25 ottobre è il segnale inequivocabile dell’indisponibilità a lasciare il controllo del paese in mano ai civili.\r\nDifficile prevedere cosa accadrà nei prossimi giorni e mesi. Molto dipenderà dalle piazza, che due anni fa, riuscirono ad imporre la fine della dittatura.\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Alberizzi di Africa Express\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/10/2021-10-26-sudan-alberizzi.mp3\"][/audio]",[283],{"field":105,"matched_tokens":284,"snippet":280,"value":281},[71],{"best_field_score":144,"best_field_weight":145,"fields_matched":112,"num_tokens_dropped":49,"score":146,"tokens_matched":112,"typo_prefix_score":49},6645,{"collection_name":60,"first_q":71,"per_page":288,"q":71},6,10,{"facet_counts":291,"found":322,"hits":323,"out_of":484,"page":112,"request_params":485,"search_cutoff":38,"search_time_ms":486},[292,300],{"counts":293,"field_name":298,"sampled":38,"stats":299},[294,296],{"count":22,"highlighted":295,"value":295},"anarres",{"count":22,"highlighted":297,"value":297},"I Bastioni di Orione","podcastfilter",{"total_values":31},{"counts":301,"field_name":37,"sampled":38,"stats":320},[302,303,305,307,309,311,313,315,317,319],{"count":22,"highlighted":17,"value":17},{"count":31,"highlighted":304,"value":304},"Egitto",{"count":31,"highlighted":306,"value":306},"Bastioni di Orione",{"count":112,"highlighted":308,"value":308},"IS",{"count":112,"highlighted":310,"value":310},"YPG",{"count":112,"highlighted":312,"value":312},"kobane",{"count":112,"highlighted":314,"value":314},"al quaeda",{"count":112,"highlighted":316,"value":316},"cobane. cabilia",{"count":112,"highlighted":318,"value":318},"presidio a Torino",{"count":112,"highlighted":173,"value":173},{"total_values":321},24,8,[324,350,372,398,426,457],{"document":325,"highlight":340,"highlights":346,"text_match":142,"text_match_info":349},{"comment_count":49,"id":326,"is_sticky":49,"permalink":327,"podcastfilter":328,"post_author":329,"post_content":330,"post_date":331,"post_excerpt":55,"post_id":326,"post_modified":332,"post_thumbnail":333,"post_title":334,"post_type":335,"sort_by_date":336,"tag_links":337,"tags":339},"95297","http://radioblackout.org/podcast/bastioni-di-orione-30-01-2025-colombia-nel-catatumbo-si-arena-il-processo-di-pace-e-la-presidenza-petro-sudan-guerra-senza-fine-i-territori-doltremare-francesi-spingono-per-la-decolonizzazione/",[297],"radiokalakuta","Bastioni di Orione in questa puntata insieme a Cristina Vargas, antropologa colombiana , racconta della situazione del Catatumbo ,regione della Colombia al confine con il Venezuela . Una regione ricca di materie prime ma occupata dalla coltivazione della coca e da laboratori per la produzione ,dove lo stato colombiano è totalmente assente e il territorio è attraversato da guerriglie in complicità con i trafficanti ,cartelli della droga messicani e paramilitari. Qui si stanno scontrando da diversi giorni le forze dell'ELN (gruppo guerrigliero attivo dal 1964) e i dissidenti del 33° fronte delle FARC (Forze armate rivoluzionarie della Colombia) per il controllo del territorio .Questi scontri hanno fatto ripiombare la regione nell'incubo della guerra provocando circa 40000 profughi costretti ad abbandonare le proprie abitazioni e fuggire anche verso il confine venezuelano . Il presidente Petro ha inviato l'esercito e dichiarato lo stato d'emergenza , il processo di pace che era stato implementato con le guerriglie si è arenato forse definitivamente ,anche perchè ormai i capi dell'ELN sono ricercati e l'organizzazione considerata alla stregua di un gruppo criminale di narcotrafficanti . La risposta militare e lo stato di guerra impedisce una mobilitazione sociale dal basso ,le condizioni strutturali di arretratezza della regione che costringono i contadini a dedicarsi alla coltivazione della coca ,non trovano risoluzione anche per l'incapacità dello stato colombiano di reperire le risorse per un cambiamento di rotta dell'economia del Catatumbo dipendente dalla produzione e dal traffico della coca. A Bogotà il governo Petro è in difficoltà ,non ha una maggioranza in parlamento , la crisi economica e la disillusione rispetto alle aspettative della sua presidenza stanno allontanando alcuni settori sociali che lo avevavo sostenuto. Tuttavia la crisi dei migranti rimpatriati \"manu militari\" dall'amministrazione Trump e la minaccia dei dazi ,è stata raccontata dai media colombiani come un braccio di ferro vincente con l'ingombrante vicino yanqui ,giocato dalla presidenza Petro sul principio del rispetto della dignità umana dei rimpatriati che ha raccolto un vasto consenso nel paese.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/02/BASTIONI-DI-ORIONE-30012025-CRISTINA-VARGAS.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nCon Ali, cittadino italo sudanese residente aTorino , parliamo della guerra in Sudan ,con uno sguardo dall'interno che ci restituisce una prospettiva di drammatica divisione della società sudanese. Emerge il dato della presenza nell'esercito e anche nelle Forze di Supporto Rapido di elementi legati al vecchio regime di Al Bashir ,alcuni di questi personaggi come Ahmad Harun ,ex ministro degli interni del governo islamista, ricercati dalla giustizia internazionale. Alcuni di questi islamisti radicali provengono anche da altri paesi mentre altri costituiscono pezzi dello stato profondo del regime di Al Bashir. Alcune milizie combattenti sono state formate dai servizi segreti del precedente governo e si sono rese protagoniste delle brutalità commesse contro la popolazione civile ,mentre sul terreno nonostante l'avanzata dell'esercito di Al Bhuran con la conquista del capoluogo della fertile regione di El Gezira ,le RSF di Hemmeti controllano importanti porzioni di territorio tra cui il Kordofan e il Darfur. Constatiamo la mancanza di volontà di dialogo tra le parti ,la violenza crescente contro la popolazione civile ,le dimensioni della catastrofe umanitaria ,la divisione della società sudanese ,la debolezza delle forze politiche eredi della rivoluzione civile che defenestro' Al Bashir ,la pervasività della fallace percezione del ruolo stabilizzatore dell'esercito anche all'interno della diaspora sudanese .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/02/BASTIONI-30012025-ALI-SUDAN.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nInfine con Adriano Favole ,antropologo e conoscitore della Nuova Caledonia, parliamo della nascita del \" Front international de decolonisation\" che unisce i movimenti indipendentisti di Guadalupa, Martinica, Guyana francese, Polinesia e Corsica nella cui dichiarazione finale si afferma che \" l' obiettivo fondamentale è unire le nostre forze per liberare definitivamente i nostri paesi e il pianeta da ogni presenza coloniale. Affermiamo che nel contesto del crollo di un ordine mondiale caratterizzato dallo sfruttamento dei più fragili e dal dominio di una parte significativa del mondo da parte di poche potenze predatorie, è giunto il momento di unirci per guidare le nostre nazioni alla loro piena sovranità e partecipare così alla costruzione di un mondo migliore, rispettoso della dignità delle donne e degli uomini \". Si esprime una forte richiesta anche del riconoscimento della cultura dei popoli nativi che viene totalmente ignorata nel sistema scolastico dove nello specifico della Nuova Caledonia,nei programmi scolastici non vengono menzionati i legami con le altre isole del Pacifico. Il colonialismo francese si estrinseca nell'asse privilegiato con la metropoli a discapito dei paesi limitrofi ,costringendo ad importare merci costose dalla \"madrepatria\" ,impedendo le relazioni commerciali con altre isole con cui le popolazioni della Nuova Caledonia hanno sempre avuto relazioni di scambio ,costituendo un sistema insostenibile e costoso per la popolazione locale . La Francia che sta perdendo ormai pezzi del suo ex impero in Africa ,persiste a sostenere la sua presenza nel Pacifico per ragioni geo strategiche ,per lo sfruttamento delle risorse marine e anche se in misura minore per lo sfruttamento del nichel. \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/02/BASTIONI-DI-ORIONE-FAVOLE-NUOVA-Caledonia.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n ","1 Febbraio 2025","2025-02-01 19:53:48","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/blade-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 30/01/2025-COLOMBIA, NEL CATATUMBO SI ARENA IL PROCESSO DI PACE E LA PRESIDENZA PETRO-SUDAN GUERRA SENZA FINE-I TERRITORI D'OLTREMARE FRANCESI SPINGONO PER LA DECOLONIZZAZIONE.","podcast",1738439628,[338],"http://radioblackout.org/tag/bastioni-di-orione/",[306],{"post_content":341},{"matched_tokens":342,"snippet":344,"value":345},[343],"islamisti ","giustizia internazionale. 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coinvolgendo la popolazione civile.\r\n\r\nOrmai gli scontri si estendono in quasi tutte le regioni ,rinfocolando le tensioni nel Kordofan e nel Darfur dove i protagonisti sembrano essere gli stessi ,prima Janjawid ora le forze di supporto rapido di Hemmetti .\r\n\r\nIl nostro interlocutore ci segnala anche degli scontri fra diversi gruppi etnici e la scelta di alcuni giovani legati all'opposizione a Bashir di combattere le RSF a fianco dell'esercito nonchè la discesa in campo degli islamisti nostalgici del vecchio regime ,la guerra coinvolge altri soggetti estendendo la frattura all'interno della società sudanese.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/BASTIONI-DI-ORIONE-51023-SUDAN.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nCi occupiamo di Haiti con Roberto Codazzi conoscitore dell'isola che ci racconta della condizione dell’isola caraibica devastata da un rincorrersi di crisi che pare inarrestabile, e la condizione della popolazione, ostaggio a un tempo delle bande armate e di uno Stato fallito.\r\n\r\nParliamo della decisione delle Nazioni Unite di autorizzare l'invio di un contingente di circa 1000 soldati kenioti per una missione definita statica al fine di contrastare lo strapotere delle gang che ormai controllano i quartieri della capitale e anche gli approviggionamenti di benzina e gasolio.\r\n\r\nLa popolazione fugge dalle violenze mentre l'amministrazione dello stato è al collasso ,le prospettive di successo della missione keniota sono incerte considerando il pregresso fallimento della missione MINUSTAH che contribui' alla diffusione del colera e fu accusata di vessazioni nei confronti della popolazione civile .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/BASTIONI-DI-ORIONE-051023-HAITI.mp3\"][/audio]","8 Ottobre 2023","2023-10-08 18:47:40","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 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liberato il proprio territorio sperimentando una vera e propria rivoluzione sociale, fondata sulla partecipazione dal basso, l'uguaglianza tra uomini e donne e il rispetto dell'ambiente.\r\nProprio in queste ore, la \"confederazione democratica\" del Rojava è sotto attacco.\r\nLe sue milizie di difesa del popolo (YPG) e delle donne (YPJ), con l'aiuto dei guerriglieri del PKK, stanno combattendo – in particolare nel cantone di Kobane – un'eroica e disperata resistenza contro i tagliagole dello “Stato islamico”.\r\nL'autogoverno del Rojava sta dimostrando sul campo la possibilità di un' alternativa alla balcanizzazione del Medio oriente, alla guerra fratricida, alla rapina delle risorse...\r\nProprio per questo si trova isolato, censurato, strangolato, dalla politica ipocrita di tutte le forze statali e capitaliste (Turchia in testa), che sostengono di fatto l'avanzata dell'I.S., mentre pubblicamente fingono di opporvisi.\r\nProprio per questo, in ogni dove c’è chi sta riconoscendo come propria la resistenza degli uomini e delle donne di Rojava!\r\nSpezziamo l'isolamento!\r\nSosteniamo la resistenza del Rojava!\r\n\r\nQuesto l'appello per un primo momento di azione solidale con gli uomini e le donne del Rojava.\r\n\r\nAnarres si è collegata con Murat Cinar in Turchia.\r\n\r\nCon Murat abbiamo fatto il punto sulla rivolta sociale in Turchia, dove cresce l'opposizione alla politica di Erdogan, che ha murato la frontiera con la Siria, impedendo il passaggio sia di aiuti per la popolazione, sia di armi e volontari pronti a unirsi alle miliziani e alle miliziane delle YPG/YPJ, che resistono con armi leggere all'artiglieria e alle armi pesanti dell'ISIS.\r\nAi tagliagole dello \"Stato islamico\" è stato delegato il compito di far piazza pulita di un’anomalia libertaria, che potrebbe contaminare altri territori, mostrando la possibilità concreta di una pratica politica federalista, oltre il filo spinato degli Stati nazione. L’Isis è stata (ed è ancora) sostenuta da chi oggi l’addita come male da combattere, ma non fa nulla per evitare il massacro.\r\nLa jahad del califfo oggi impensierisce chi l’ha finanziata, armata, sostenuta, ma in Rojava è il cane da guardia del (dis)ordine imperiale.\r\nPer due anni il governo turco ha permesso alla mafia locale di far passare armi e combattenti in Siria.\r\nErdogan da giorni dichiara che Kobane è perduta, che non ci sono più bambini o anziani in città. Mente.\r\nMeno ipocrite sono le dichiarazioni che pongono sullo stesso piano l'ISIS, e le YPG/YPJ, considerate entrambe organizzazioni terroriste.\r\n\r\nNegli ultimi giorni le rivolta sta divampando in Turchia, dove negli scontri ci sono stati 28 morti, uccisi sia dalla polizia sia dalla destra ultranazionalista turca, come dagli islamisti curdi delle formazioni finanziate e sostenute dai servizi segreti turchi.\r\nIl governo Erdogan, che pure era riuscito a farsi eleggere per il terzo mandato, nonostante la rivolta di Ghezi Park e le accuse di corruzione che avevano investito il suo partito, oggi rischia grosso.\r\n\r\nMolto forte è l'opposizione popolare ad una guerra in Siria, mentre cresce la solidarietà - non solo tra i curdi - con la resistenza in Rojava.\r\n\r\nMartedì 14 ottobre Murat si collegherà con piazza Castello a Torino, per un aggiornamento sulla situazione.\r\n\r\nAscolta la diretta di oggi:\r\n\r\n2014 10 10 murat turchia","10 Ottobre 2014","2018-10-17 22:59:28","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/10/kobane-turchia-kurdistan-siria-20-200x110.jpg","Ovunque è Kobane, ovunque è resistenza. Diretta dalla Turchia",1412950781,[384,385,386,129,69],"http://radioblackout.org/tag/kobane/","http://radioblackout.org/tag/murat-cinar/","http://radioblackout.org/tag/presidio-a-torino/",[312,388,318,15,17],"murat cinar",{"post_content":390},{"matched_tokens":391,"snippet":392,"value":393},[71],"destra ultranazionalista turca, come dagli \u003Cmark>islamisti\u003C/mark> curdi delle formazioni finanziate e","Presidio solidale con la resistenza del Rojava - martedì 14 ottobre \r\nore 18 - in piazza Castello a Torino\r\nDa più di due anni il popolo del Rojava – regione a maggioranza curda nel nord della Siria – ha liberato il proprio territorio sperimentando una vera e propria rivoluzione sociale, fondata sulla partecipazione dal basso, l'uguaglianza tra uomini e donne e il rispetto dell'ambiente.\r\nProprio in queste ore, la \"confederazione democratica\" del Rojava è sotto attacco.\r\nLe sue milizie di difesa del popolo (YPG) e delle donne (YPJ), con l'aiuto dei guerriglieri del PKK, stanno combattendo – in particolare nel cantone di Kobane – un'eroica e disperata resistenza contro i tagliagole dello “Stato islamico”.\r\nL'autogoverno del Rojava sta dimostrando sul campo la possibilità di un' alternativa alla balcanizzazione del Medio oriente, alla guerra fratricida, alla rapina delle risorse...\r\nProprio per questo si trova isolato, censurato, strangolato, dalla politica ipocrita di tutte le forze statali e capitaliste (Turchia in testa), che sostengono di fatto l'avanzata dell'I.S., mentre pubblicamente fingono di opporvisi.\r\nProprio per questo, in ogni dove c’è chi sta riconoscendo come propria la resistenza degli uomini e delle donne di Rojava!\r\nSpezziamo l'isolamento!\r\nSosteniamo la resistenza del Rojava!\r\n\r\nQuesto l'appello per un primo momento di azione solidale con gli uomini e le donne del Rojava.\r\n\r\nAnarres si è collegata con Murat Cinar in Turchia.\r\n\r\nCon Murat abbiamo fatto il punto sulla rivolta sociale in Turchia, dove cresce l'opposizione alla politica di Erdogan, che ha murato la frontiera con la Siria, impedendo il passaggio sia di aiuti per la popolazione, sia di armi e volontari pronti a unirsi alle miliziani e alle miliziane delle YPG/YPJ, che resistono con armi leggere all'artiglieria e alle armi pesanti dell'ISIS.\r\nAi tagliagole dello \"Stato islamico\" è stato delegato il compito di far piazza pulita di un’anomalia libertaria, che potrebbe contaminare altri territori, mostrando la possibilità concreta di una pratica politica federalista, oltre il filo spinato degli Stati nazione. L’Isis è stata (ed è ancora) sostenuta da chi oggi l’addita come male da combattere, ma non fa nulla per evitare il massacro.\r\nLa jahad del califfo oggi impensierisce chi l’ha finanziata, armata, sostenuta, ma in Rojava è il cane da guardia del (dis)ordine imperiale.\r\nPer due anni il governo turco ha permesso alla mafia locale di far passare armi e combattenti in Siria.\r\nErdogan da giorni dichiara che Kobane è perduta, che non ci sono più bambini o anziani in città. Mente.\r\nMeno ipocrite sono le dichiarazioni che pongono sullo stesso piano l'ISIS, e le YPG/YPJ, considerate entrambe organizzazioni terroriste.\r\n\r\nNegli ultimi giorni le rivolta sta divampando in Turchia, dove negli scontri ci sono stati 28 morti, uccisi sia dalla polizia sia dalla destra ultranazionalista turca, come dagli \u003Cmark>islamisti\u003C/mark> curdi delle formazioni finanziate e sostenute dai servizi segreti turchi.\r\nIl governo Erdogan, che pure era riuscito a farsi eleggere per il terzo mandato, nonostante la rivolta di Ghezi Park e le accuse di corruzione che avevano investito il suo partito, oggi rischia grosso.\r\n\r\nMolto forte è l'opposizione popolare ad una guerra in Siria, mentre cresce la solidarietà - non solo tra i curdi - con la resistenza in Rojava.\r\n\r\nMartedì 14 ottobre Murat si collegherà con piazza Castello a Torino, per un aggiornamento sulla situazione.\r\n\r\nAscolta la diretta di oggi:\r\n\r\n2014 10 10 murat turchia",[395],{"field":105,"matched_tokens":396,"snippet":392,"value":393},[71],{"best_field_score":144,"best_field_weight":145,"fields_matched":112,"num_tokens_dropped":49,"score":146,"tokens_matched":112,"typo_prefix_score":49},{"document":399,"highlight":417,"highlights":422,"text_match":142,"text_match_info":425},{"comment_count":49,"id":400,"is_sticky":49,"permalink":401,"podcastfilter":402,"post_author":295,"post_content":403,"post_date":404,"post_excerpt":55,"post_id":400,"post_modified":379,"post_thumbnail":405,"post_title":406,"post_type":335,"sort_by_date":407,"tag_links":408,"tags":414},"25328","http://radioblackout.org/podcast/lagonia-di-kobane-lis-cavallo-di-troia-dal-maghreb-al-rojava/",[295],"Le milizie di autodifesa delle comunità del Rojava lo dicono da settimane. Il cerchio intorno a Kobane si sta stringendo, l'offensiva dell'IS, bene armato e deciso a farla finita con l'unica esperienza di autogoverno territoriale laica, femminista, egualitaria in medio oriente, stringe d'assedio la città.\r\nGli esponenti della comunità curda nel nostro paese ieri - con una mossa disperata - hanno protestato dentro Montecitorio, denunciando il sostegno attivo della Turchia all'IS. Si sono guadagnati una pacca sulla spalla dal parlamentare incaricato di rassicurarli sul nulla.\r\nOggi con 298 voti a favore e 98 contrari il Parlamento di Ankara autorizza le truppe turche a condurre operazioni di terra, in Iraq e Siria, contro lo Stato Islamico (Isis) e il regime di Bashar Assad aprendo un nuovo capitolo del conflitto in corso in Medio Oriente.\r\nIl provvedimento lascia intravede in filigrana i reali obiettivi di Erdogan, che riconferma la propria attitudine espansionista in chiave neottomana.\r\nIl governo ottiene «per il periodo di un anno» l’autorizzazione a compiere interventi «contro gruppi terroristi in Siria ed Iraq» al fine di «creare zone sicure per i profughi dentro la Siria» e «proteggerle con delle no fly zone», oltre a poter «addestrare e provvedere logistica e armamenti all’Esercito di liberazione siriano» ovvero i ribelli filo-occidentali.\r\nInutile ricordare che il PKK e le YPG sono per la Turchia e gli Stati Uniti organizzazioni \"terroriste\", le uniche che si sono battute sia contro il regime di Assad sia contro l'Is e le brigate quaediste Al Nusra.\r\nDifficile dubitare che il governo turco interverrà quando l'IS avrà massacrato la popolazione di Kobane e distrutto l'autogoverno in questo cantone. Le frontiere con la Turchia sono serrate. Si aprono varchi qua e là nelle zone dove i guerriglieri del PKK e i solidali libertari arrivati dalle zone turcofone riescono a imporlo. Non per caso il ministro della Difesa turco, Ismet Yilmez, ha dichiarato «non siamo tenuti a prendere iniziative immediate».\r\n\r\nL'agenzia Reuters ha raggiunto telefonicamente il \"capo\" delle forze di autodifesa curde, Esmat al-Sheikh. La sua testimonianza è terribile: \"La distanza tra noi e i jihadisti è meno di un chilometro. Ci troviamo in un'area piccola e assediata. Nessun rinforzo ci ha raggiunto e il confine con la Turchia è chiuso\". \"Cosa mi aspetto? - si chiede il comandante - Uccisioni generalizzate, massacri e distruzione. Siamo bombardati da carri armati, artiglieria, razzi e mortai\".\r\nNei loro comunicati le milizie curde negano in parte questo scenario. Secondo i media ufficiali del PKK e delle YPG e osservatori kobane sarebbe ancora sotto il controllo delle YPG. Questa notte e questa mattina ci sono stati bombardamenti con mortai pesanti da parte dell'ISIS, ieri i tentativi di ieri di entrare a Kobane sono stati frustrati dalla resistenza da parte delle YPG e\r\nalmeno due tank del'IS sono andati distrutti.\r\nLa partita militare vede una netta superiorità militare dell'IS, che è dotata di artiglieria, mentre le YPG hanno solo armi leggere e armamento anticarro di squadra (nei video si vedono RPG 5 e 7, diverse fonti dicono che hanno anche dei MILAN, che sono molto più moderni degli RPG 5). Finché gli islamisti stanno al di fuori Kobane possono attaccare con artiglieria di medio calibro, mortai da 80 e forse obici da 105 M 777 howitzer (americani, catturati in iraq). In città la situazione sarebbe (o già è) diversa: qui si troverebbbero a fronteggiare una guerra urbana dove chi attacca è in pesante svantaggio tattico, con i carri MBT bloccati nelle vie strette ed esposti al tiro, impossibilitati ad usare artiglieria media per evitare perdite da fuoco amico. Inoltre li miliziani delle YPG hanno dichiarato che piuttosto di cadere prigionieri preferiscono prendere una granata e farsi saltare sotto i carri nemici.\r\nNei giorni scorsi un corrispondente de La Stampa a da una cittadina oltre la frontiera turca, riportava la testimonianza di un guerrigliero curdo di Kobane che negava che i bombardieri statunitensi e britannici avessero agito nella zona.\r\nL'IS, lautamente finanziata prima dai sauditi, poi dal Quatar, appoggiata dagli Stati Uniti e dai suoi alleati nella NATO è diventata ingombrante ma è ancora utile.\r\nI cavalieri di Montezuma sui loro tornado arriveranno - se arriveranno - quando i coltelli dei Jhaidisti saranno affondati nella carne viva degli uomini, delle donne, dei bambini di Kobane.\r\nNel nostro paese ben pochi colgono la posta in gioco. Certa sinistra stalinista non trova di meglio che appoggiare chiunque si opponga a Bashar al Assad trasformato in campione di un'improbabile medioriente \"socialista\", ma non esitano a sostenere chiunque sia nemico degli Stati Uniti. Chi sa? Oggi che il fronte delle alleanza sta subendo una brusca virata potrebbero trovare simpatici i salafiti con il coltello. D'altra parte sono gli stessi che sostengono il governo ferocemente confessionale di Hamas.\r\n\r\nRaccontare quello che succede, cercando di ricostruire gli eventi tramite fonti dirette, non è facile ma è più che mai necessario, perché il sudario del silenzio non avvolga la resistenza in Rojava.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Karim Metref, torinese di origine kabila, scrittore, blogger, insegnante, che nei giorni del rapimento del turista francese poi sgozzato dall'IS nel Maghreb si trovava in visita ai parenti nel proprio paese natale a pochi chilometri dal luogo del rapimento.\r\nLa sua testimonianza ci restituisce un'immagine molto diversa da quella proiettata dai media main stream.\r\nL'Is nel Maghreb è erede diretta di Al Quaeda nel Maghreb, a sua volta figlia delle formazioni salafite che hanno insanguinato l?Algeria per dieci lunghi anni.\r\nFormazioni che il governo di Bouftelika ufficialmente avversa ma nei fatti copre. In Kabilia molti sono convinti dell'ambiguità di formazioni i cui capi provenivano tutti dai paracadutisti, unità d'elite dell'esercito algerino, ancora oggi asse portante del potere nel paese, nonostante il ridimensionamento imposto da Bouftelika. Catturati tutti e tre dai gruppi di autodifesa popolare sorti nei villaggi più esposti ai loro attacchi, sono liberi e non sono mai stati processati dallo Stato algerino. Più che legittimo il sospetto che le formazioni della guerriglia salafita sulle montagne della Kabilia siano un ottimo pretesto per mantenere forte la pressione in questa regione dove la ribellione cova ancora sotto la cenere.\r\nLe analogie con il Rojava, sia pure meno drammatiche, sono molto forti.\r\n\r\nAscolta la diretta di Anarres con Karim:\r\n\r\n2014 10 03 karim metref is algeria kobane\r\n\r\nRingraziamo \"lorcon\" per le i dati sullo scenario militare a Kobane","3 Ottobre 2014","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/10/rojava-200x110.jpg","L'agonia di Kobane. L'IS cavallo di Troia dal Maghreb al Rojava",1412359059,[409,410,411,412,130,69,413],"http://radioblackout.org/tag/cobane-cabilia/","http://radioblackout.org/tag/iraq/","http://radioblackout.org/tag/is/","http://radioblackout.org/tag/pkk/","http://radioblackout.org/tag/ypg/",[316,415,308,416,20,17,310],"iraq","pkk",{"post_content":418},{"matched_tokens":419,"snippet":420,"value":421},[71],"degli RPG 5). 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Si sono guadagnati una pacca sulla spalla dal parlamentare incaricato di rassicurarli sul nulla.\r\nOggi con 298 voti a favore e 98 contrari il Parlamento di Ankara autorizza le truppe turche a condurre operazioni di terra, in Iraq e Siria, contro lo Stato Islamico (Isis) e il regime di Bashar Assad aprendo un nuovo capitolo del conflitto in corso in Medio Oriente.\r\nIl provvedimento lascia intravede in filigrana i reali obiettivi di Erdogan, che riconferma la propria attitudine espansionista in chiave neottomana.\r\nIl governo ottiene «per il periodo di un anno» l’autorizzazione a compiere interventi «contro gruppi terroristi in Siria ed Iraq» al fine di «creare zone sicure per i profughi dentro la Siria» e «proteggerle con delle no fly zone», oltre a poter «addestrare e provvedere logistica e armamenti all’Esercito di liberazione siriano» ovvero i ribelli filo-occidentali.\r\nInutile ricordare che il PKK e le YPG sono per la Turchia e gli Stati Uniti organizzazioni \"terroriste\", le uniche che si sono battute sia contro il regime di Assad sia contro l'Is e le brigate quaediste Al Nusra.\r\nDifficile dubitare che il governo turco interverrà quando l'IS avrà massacrato la popolazione di Kobane e distrutto l'autogoverno in questo cantone. Le frontiere con la Turchia sono serrate. Si aprono varchi qua e là nelle zone dove i guerriglieri del PKK e i solidali libertari arrivati dalle zone turcofone riescono a imporlo. Non per caso il ministro della Difesa turco, Ismet Yilmez, ha dichiarato «non siamo tenuti a prendere iniziative immediate».\r\n\r\nL'agenzia Reuters ha raggiunto telefonicamente il \"capo\" delle forze di autodifesa curde, Esmat al-Sheikh. La sua testimonianza è terribile: \"La distanza tra noi e i jihadisti è meno di un chilometro. Ci troviamo in un'area piccola e assediata. Nessun rinforzo ci ha raggiunto e il confine con la Turchia è chiuso\". \"Cosa mi aspetto? - si chiede il comandante - Uccisioni generalizzate, massacri e distruzione. Siamo bombardati da carri armati, artiglieria, razzi e mortai\".\r\nNei loro comunicati le milizie curde negano in parte questo scenario. Secondo i media ufficiali del PKK e delle YPG e osservatori kobane sarebbe ancora sotto il controllo delle YPG. Questa notte e questa mattina ci sono stati bombardamenti con mortai pesanti da parte dell'ISIS, ieri i tentativi di ieri di entrare a Kobane sono stati frustrati dalla resistenza da parte delle YPG e\r\nalmeno due tank del'IS sono andati distrutti.\r\nLa partita militare vede una netta superiorità militare dell'IS, che è dotata di artiglieria, mentre le YPG hanno solo armi leggere e armamento anticarro di squadra (nei video si vedono RPG 5 e 7, diverse fonti dicono che hanno anche dei MILAN, che sono molto più moderni degli RPG 5). Finché gli \u003Cmark>islamisti\u003C/mark> stanno al di fuori Kobane possono attaccare con artiglieria di medio calibro, mortai da 80 e forse obici da 105 M 777 howitzer (americani, catturati in iraq). In città la situazione sarebbe (o già è) diversa: qui si troverebbbero a fronteggiare una guerra urbana dove chi attacca è in pesante svantaggio tattico, con i carri MBT bloccati nelle vie strette ed esposti al tiro, impossibilitati ad usare artiglieria media per evitare perdite da fuoco amico. Inoltre li miliziani delle YPG hanno dichiarato che piuttosto di cadere prigionieri preferiscono prendere una granata e farsi saltare sotto i carri nemici.\r\nNei giorni scorsi un corrispondente de La Stampa a da una cittadina oltre la frontiera turca, riportava la testimonianza di un guerrigliero curdo di Kobane che negava che i bombardieri statunitensi e britannici avessero agito nella zona.\r\nL'IS, lautamente finanziata prima dai sauditi, poi dal Quatar, appoggiata dagli Stati Uniti e dai suoi alleati nella NATO è diventata ingombrante ma è ancora utile.\r\nI cavalieri di Montezuma sui loro tornado arriveranno - se arriveranno - quando i coltelli dei Jhaidisti saranno affondati nella carne viva degli uomini, delle donne, dei bambini di Kobane.\r\nNel nostro paese ben pochi colgono la posta in gioco. Certa sinistra stalinista non trova di meglio che appoggiare chiunque si opponga a Bashar al Assad trasformato in campione di un'improbabile medioriente \"socialista\", ma non esitano a sostenere chiunque sia nemico degli Stati Uniti. Chi sa? Oggi che il fronte delle alleanza sta subendo una brusca virata potrebbero trovare simpatici i salafiti con il coltello. D'altra parte sono gli stessi che sostengono il governo ferocemente confessionale di Hamas.\r\n\r\nRaccontare quello che succede, cercando di ricostruire gli eventi tramite fonti dirette, non è facile ma è più che mai necessario, perché il sudario del silenzio non avvolga la resistenza in Rojava.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Karim Metref, torinese di origine kabila, scrittore, blogger, insegnante, che nei giorni del rapimento del turista francese poi sgozzato dall'IS nel Maghreb si trovava in visita ai parenti nel proprio paese natale a pochi chilometri dal luogo del rapimento.\r\nLa sua testimonianza ci restituisce un'immagine molto diversa da quella proiettata dai media main stream.\r\nL'Is nel Maghreb è erede diretta di Al Quaeda nel Maghreb, a sua volta figlia delle formazioni salafite che hanno insanguinato l?Algeria per dieci lunghi anni.\r\nFormazioni che il governo di Bouftelika ufficialmente avversa ma nei fatti copre. 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Mercoledì 6 agosto c'é stato un blackout totale. A Tripoli internet, la rete dei cellulari e l'acqua funzionano a singhiozzo.\r\nAnche l'assistenza sanitaria è a rischio, perché il governo filippino ha chiesto ai 13mila lavoratori immigrati nel paese di lasciare la Libia. Ben tremila filippini lavoravano in Libia come infermieri e medici.\r\nIl parlamento, eletto il 25 giugno, in una consultazione in cui gli islamisti al potere dopo la guerra civile scatanatasi dopo l'intervento di Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti ed Italia nel paese, sono ora in minoranza, si è riunito per la prima volta a Tobruk, 1500 chilometro da Tripoli. Tobruk è nell'estremo est del paese, molto vicino alla frontiera egiziana.\r\nLunedì 4 agosto 160 parlamentari su 188 hano eletto presidente del parlamento il giurista Aguila Salah Iss. Alla votazione non hanno preso parte i deputati vicini ai Fratelli Musulmani che hanno boicottato la votazione, perché sia il Gran Mufti al-Ghariani e il presidente uscente Abu Sahmain, sostenuto dagli islamisti, hanno detto che ritengono incostituzionale la nuova Assemblea.\r\nUn'assemblea parlamentare quasi in esilio, perché sia la capitale Tripoli, che il maggiore centro della Cirenaica, Bengasi sono teatro di feroci combattimenti.\r\n\r\nGli Stati Uniti e quasi tutti i Paesi europei hanno rimpatriato i propri connazionali ed evacuato le proprie rappresentanze, con l'eccezione dell'ambasciata italiana che rimane aperta. Gli interessi italiani nell'ex colonia sono ancora fortissimi e il governo Renzi non può certo permettersi di abbandonare il campo. Già nel 2011, dopo mesi alla finestra il governo italiano decise di intervenire in Libia, rompendo l'alleanza con il governo di Muammar Gheddafi, per contrastare il piano franco inglese di sostituire l'Italia sia nerll'interscambio commerciale sia nel ruolo di referente privilegiato in Europa.\r\nL'Italia riuscì in quell'occasione a mantenere i contratti dell'ENI, ma, nonostante le assicurazioni delle nuove autorità libiche, non è mai riuscita ad ottenere l'outsourcing della repressione dell'immigrazione già garantito da Gheddafi. In questi giorni il governo moltiplica gli allarmi sull'emergenza immigrati, ma, nei fatti la crisi libica rende difficile richiudere la frontiera sud.\r\n\r\nPer profughi e migranti la situazione nel paese è terribile. L'Alto commissariato Onu per i rifiugati, che ha lasciato Tripoli a causa degli scontri, segnala che circa 30mila persone hanno passato il confine con la Tunisia la scorsa settimana, mentre ogni giorno 3.000 uomini attraversano la frontiera con l'Egitto; sono soprattutto egiziani che lavoravano in Libia, ma anche libici che possono permettersi la fuga. Tuttavia, la condizione peggiore è quella dei rifugiati provenienti dall'Africa subsahariana. \"Sono quasi 37mila - spiega l'agenzia Onu - le persone che abbiamo registrato; nella sola Tripoli, più di 150 persone provenienti da Eritrea e Somalia hanno chiamato il nostro numero verde per richiedere medicinali o un luogo più sicuro dove stare. Stiamo anche ricevendo chiamate da molti siriani e palestinesi che si trovano a Bengasi e che hanno un disperato bisogno di assistenza\".\r\n\r\nGli africani neri rischiano la pelle. Uomini delle milizie entrano nelle case che danno rifugio ai profughi, che vengono derubati di ogni cosa e spesso uccisi. Molti maschi vengono rapiti e ridotti in schiavitù: vengono obbligati a fare i facchini durante gli spostamenti, le donne vengono invece sistematicamente stuprate. Nelle carceri, dove i migranti subsahariani sono detenuti finché pagano un riscatto, la situazione è peggiorata: oltre ai \"consueti\" abusi ai prigionieri è negato anche il cibo.\r\n\r\nLe divisioni storiche tra Tripolitania, Cirenaica, e Fezzan sono divenute esplosive. Al di là della partita politica c'é la lotta senza quartiere per il controllo delle risorse, in primis il petrolio.\r\nDopo la caduta di Moammar Gheddafi tre estati fa, i vari governi che si sono succeduti non sono riusciti a imporsi sui circa 140 gruppi tribali che compongono la Libia. Il 16 maggio Khalifa Haftar, ex generale dell'esercito, a capo della brigata Al Saiqa ha attaccato il parlamento e lanciato l'offensiva contro le forze islamiste, particolarmente forti nella Cirenaica, la regione di Bengasi. Oggi a Bengasi le milizie islamiste hanno preso il controllo della città mentre il generale Haftar controllerebbe solo l'aeroporto. I gruppi jihadisti, riuniti nel Consiglio della Shura dei rivoluzionari di Bengasi, hanno proclamato un emirato islamico. Tra di loro, ci sono anche i salafiti di Ansar al Sharia.\r\nHaftar, che alcuni ritengono agente della CIA, è sostenuto da Egitto e Algeria e, forse, dagli stessi Stati Uniti non ha le forze per prendere il controllo della regione. La coalizione contro di lui comprende sia gli islamisti sia laici che non lo considerano un golpista.\r\nLa politica statunitense nella regione è all'insegna delle ambigue alleanze che caratterizzano da un paio di decenni le scelte delle varie amministrazioni. In Libia Obama sostiene Haftar, mentre in Siria appoggia le milizie quaediste anti Assad, le stesse che in Iraq hanno invaso il nord, controllando Mosul e la cristiana piana di Ninive. D'altro canto il sostegno verso il governo dello shiita Nouri al Maliki è solo verbale: nessuna iniziativa militare è stata sinora intrapresa contro il Califfato di Al Baghdadi. Al Quaeda, un brand buono per tante occasioni, è come un cane feroce, che azzanna i tuoi avversari, ma sfugge completamente anche al controllo di chi lo nutre e l'ha nutrito per decenni. L'Afganistan ne è la dimostrazione.\r\nNello scacchiere geopolitico in Libia, chi pare aver perso la partita sono state le formazioni vicine ai Fratelli Musulmani sostenute dal Qatar, a sua volta apoggiato dalla Francia.\r\n\r\nA Tripoli la situazione è fuori controllo: lo scontro è tra la milizia di Zintan, una città del nordovest, e un gruppo armato nato dall'alleanza delle milizie di Misurata e di alcuni gruppi islamisti. Dal 13 luglio, gli scontri, con oltre 100 morti, si concentrano attorno all'aeroporto, controllato dai primi e bombardato dai secondi. La scorsa settimana, per vari giorni la capitale è stata coperta dal fumo di un deposito di carburante, colpito da alcuni razzi da qui arriva parte del petrolio importato in Italia con il gasdotto Greenstream, che copre il 10-11% dei consumi nazionali.\r\n\r\nSe le formazioni quaediste dovessero prendere il controllo dei pozzi petroliferi le conseguenze sarebbero gravi soprattutto per la Tunisia e per i paesi africani.\r\n\r\nQuesta situazione mette in luce la decadenza degli Stati Uniti, che fanno di un'alchimia da stregoni una strategia. Un gioco complesso che sempre meno produce i risultati desiderati.\r\nOltre la scacchiera dei grandi giochi restano le migliaia e migliaia di uomini, donne, bambini massacrati.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con Karim Metref, un torinese di origine Kabila, insegnante, blogger, attento osservatore di quanto accade in nord Africa.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2014 08 01 karim metref libia","7 Agosto 2014","2018-10-17 22:59:29","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/08/libia-200x110.jpg","Libia. Il grande gioco tra sangue e petrolio",1407441307,[438,439,440,441,442],"http://radioblackout.org/tag/al-quaeda/","http://radioblackout.org/tag/italia/","http://radioblackout.org/tag/libia/","http://radioblackout.org/tag/petrolio/","http://radioblackout.org/tag/stati-uniti/",[314,444,445,446,447],"italia","libia","petrolio","Stati Uniti",{"post_content":449},{"matched_tokens":450,"snippet":451,"value":452},[71],"una consultazione in cui gli \u003Cmark>islamisti\u003C/mark> al potere dopo la guerra","La Libia è attraversata da una guerra per bande che sta frantumando il paese, rendendo sempre più difficile la vita sia ai libici sia ai numerosi profughi subsahariani che ci vivono. Mercoledì 6 agosto c'é stato un blackout totale. A Tripoli internet, la rete dei cellulari e l'acqua funzionano a singhiozzo.\r\nAnche l'assistenza sanitaria è a rischio, perché il governo filippino ha chiesto ai 13mila lavoratori immigrati nel paese di lasciare la Libia. Ben tremila filippini lavoravano in Libia come infermieri e medici.\r\nIl parlamento, eletto il 25 giugno, in una consultazione in cui gli \u003Cmark>islamisti\u003C/mark> al potere dopo la guerra civile scatanatasi dopo l'intervento di Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti ed Italia nel paese, sono ora in minoranza, si è riunito per la prima volta a Tobruk, 1500 chilometro da Tripoli. Tobruk è nell'estremo est del paese, molto vicino alla frontiera egiziana.\r\nLunedì 4 agosto 160 parlamentari su 188 hano eletto presidente del parlamento il giurista Aguila Salah Iss. Alla votazione non hanno preso parte i deputati vicini ai Fratelli Musulmani che hanno boicottato la votazione, perché sia il Gran Mufti al-Ghariani e il presidente uscente Abu Sahmain, sostenuto dagli \u003Cmark>islamisti\u003C/mark>, hanno detto che ritengono incostituzionale la nuova Assemblea.\r\nUn'assemblea parlamentare quasi in esilio, perché sia la capitale Tripoli, che il maggiore centro della Cirenaica, Bengasi sono teatro di feroci combattimenti.\r\n\r\nGli Stati Uniti e quasi tutti i Paesi europei hanno rimpatriato i propri connazionali ed evacuato le proprie rappresentanze, con l'eccezione dell'ambasciata italiana che rimane aperta. Gli interessi italiani nell'ex colonia sono ancora fortissimi e il governo Renzi non può certo permettersi di abbandonare il campo. Già nel 2011, dopo mesi alla finestra il governo italiano decise di intervenire in Libia, rompendo l'alleanza con il governo di Muammar Gheddafi, per contrastare il piano franco inglese di sostituire l'Italia sia nerll'interscambio commerciale sia nel ruolo di referente privilegiato in Europa.\r\nL'Italia riuscì in quell'occasione a mantenere i contratti dell'ENI, ma, nonostante le assicurazioni delle nuove autorità libiche, non è mai riuscita ad ottenere l'outsourcing della repressione dell'immigrazione già garantito da Gheddafi. In questi giorni il governo moltiplica gli allarmi sull'emergenza immigrati, ma, nei fatti la crisi libica rende difficile richiudere la frontiera sud.\r\n\r\nPer profughi e migranti la situazione nel paese è terribile. L'Alto commissariato Onu per i rifiugati, che ha lasciato Tripoli a causa degli scontri, segnala che circa 30mila persone hanno passato il confine con la Tunisia la scorsa settimana, mentre ogni giorno 3.000 uomini attraversano la frontiera con l'Egitto; sono soprattutto egiziani che lavoravano in Libia, ma anche libici che possono permettersi la fuga. Tuttavia, la condizione peggiore è quella dei rifugiati provenienti dall'Africa subsahariana. \"Sono quasi 37mila - spiega l'agenzia Onu - le persone che abbiamo registrato; nella sola Tripoli, più di 150 persone provenienti da Eritrea e Somalia hanno chiamato il nostro numero verde per richiedere medicinali o un luogo più sicuro dove stare. Stiamo anche ricevendo chiamate da molti siriani e palestinesi che si trovano a Bengasi e che hanno un disperato bisogno di assistenza\".\r\n\r\nGli africani neri rischiano la pelle. Uomini delle milizie entrano nelle case che danno rifugio ai profughi, che vengono derubati di ogni cosa e spesso uccisi. Molti maschi vengono rapiti e ridotti in schiavitù: vengono obbligati a fare i facchini durante gli spostamenti, le donne vengono invece sistematicamente stuprate. Nelle carceri, dove i migranti subsahariani sono detenuti finché pagano un riscatto, la situazione è peggiorata: oltre ai \"consueti\" abusi ai prigionieri è negato anche il cibo.\r\n\r\nLe divisioni storiche tra Tripolitania, Cirenaica, e Fezzan sono divenute esplosive. Al di là della partita politica c'é la lotta senza quartiere per il controllo delle risorse, in primis il petrolio.\r\nDopo la caduta di Moammar Gheddafi tre estati fa, i vari governi che si sono succeduti non sono riusciti a imporsi sui circa 140 gruppi tribali che compongono la Libia. Il 16 maggio Khalifa Haftar, ex generale dell'esercito, a capo della brigata Al Saiqa ha attaccato il parlamento e lanciato l'offensiva contro le forze islamiste, particolarmente forti nella Cirenaica, la regione di Bengasi. Oggi a Bengasi le milizie islamiste hanno preso il controllo della città mentre il generale Haftar controllerebbe solo l'aeroporto. I gruppi jihadisti, riuniti nel Consiglio della Shura dei rivoluzionari di Bengasi, hanno proclamato un emirato islamico. Tra di loro, ci sono anche i salafiti di Ansar al Sharia.\r\nHaftar, che alcuni ritengono agente della CIA, è sostenuto da Egitto e Algeria e, forse, dagli stessi Stati Uniti non ha le forze per prendere il controllo della regione. La coalizione contro di lui comprende sia gli \u003Cmark>islamisti\u003C/mark> sia laici che non lo considerano un golpista.\r\nLa politica statunitense nella regione è all'insegna delle ambigue alleanze che caratterizzano da un paio di decenni le scelte delle varie amministrazioni. In Libia Obama sostiene Haftar, mentre in Siria appoggia le milizie quaediste anti Assad, le stesse che in Iraq hanno invaso il nord, controllando Mosul e la cristiana piana di Ninive. D'altro canto il sostegno verso il governo dello shiita Nouri al Maliki è solo verbale: nessuna iniziativa militare è stata sinora intrapresa contro il Califfato di Al Baghdadi. Al Quaeda, un brand buono per tante occasioni, è come un cane feroce, che azzanna i tuoi avversari, ma sfugge completamente anche al controllo di chi lo nutre e l'ha nutrito per decenni. L'Afganistan ne è la dimostrazione.\r\nNello scacchiere geopolitico in Libia, chi pare aver perso la partita sono state le formazioni vicine ai Fratelli Musulmani sostenute dal Qatar, a sua volta apoggiato dalla Francia.\r\n\r\nA Tripoli la situazione è fuori controllo: lo scontro è tra la milizia di Zintan, una città del nordovest, e un gruppo armato nato dall'alleanza delle milizie di Misurata e di alcuni gruppi \u003Cmark>islamisti\u003C/mark>. Dal 13 luglio, gli scontri, con oltre 100 morti, si concentrano attorno all'aeroporto, controllato dai primi e bombardato dai secondi. La scorsa settimana, per vari giorni la capitale è stata coperta dal fumo di un deposito di carburante, colpito da alcuni razzi da qui arriva parte del petrolio importato in Italia con il gasdotto Greenstream, che copre il 10-11% dei consumi nazionali.\r\n\r\nSe le formazioni quaediste dovessero prendere il controllo dei pozzi petroliferi le conseguenze sarebbero gravi soprattutto per la Tunisia e per i paesi africani.\r\n\r\nQuesta situazione mette in luce la decadenza degli Stati Uniti, che fanno di un'alchimia da stregoni una strategia. Un gioco complesso che sempre meno produce i risultati desiderati.\r\nOltre la scacchiera dei grandi giochi restano le migliaia e migliaia di uomini, donne, bambini massacrati.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con Karim Metref, un torinese di origine Kabila, insegnante, blogger, attento osservatore di quanto accade in nord Africa.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2014 08 01 karim metref libia",[454],{"field":105,"matched_tokens":455,"snippet":451,"value":452},[71],{"best_field_score":144,"best_field_weight":145,"fields_matched":112,"num_tokens_dropped":49,"score":146,"tokens_matched":112,"typo_prefix_score":49},{"document":458,"highlight":475,"highlights":480,"text_match":142,"text_match_info":483},{"comment_count":49,"id":459,"is_sticky":49,"permalink":460,"podcastfilter":461,"post_author":295,"post_content":462,"post_date":463,"post_excerpt":55,"post_id":459,"post_modified":464,"post_thumbnail":465,"post_title":466,"post_type":335,"sort_by_date":467,"tag_links":468,"tags":472},"21172","http://radioblackout.org/podcast/egittotunisia-la-spada-dellislam-e-i-cannoni-dei-militari/",[],"La \"primavera\" egiziana è finita nel sangue e nell'autoritarismo. Il colpo di stato che ha portato al potere i militari, la persecuzione dei Fratelli Musulmani, le centinaia di morti, gli attentati, paiono chiudere ogni spazio per un'opposizone laica e non autoritaria. Sull'orlo della guerra civile il paese si accinge a incoronare Al Sissi presidente.\r\nE' la fine della primavera: un nuovo faraone si accinge a regnare, la componente più radicale dei Fratelli Musulmani si prepara al martirio. Sin qui poco male: purtroppo la grande coalizione Matarod, pur fermando l'arroganza dei Fratelli che si accingevano a disegnare il paese a propria immagine, ha tuttavia aperto la strada al colpo di mano di Al Sissi.\r\nUno scenario che ricorda quello dell'Algeria dei primi anni Novanta, quando i militari fermarono l'irresistibile ascesa del FIS, il fronte islamico di salvezza, aprendo la strada ad un bagno di sangue durato due anni e costato 250.000 morti.\r\n\r\nUn esito simile era possibile anche in Tunisia, ma, negli ultimi minuti della partita, i dirigenti di Ennahda hanno fatto marcia indietro, adottando una linea decisamente più moderata.\r\nLa nuova Costituzione è la più progressista dell’intera regione, pur nelle ambiguità di un testo che all’articolo 6 afferma che lo Stato protegge la religione e il sacro ma al tempo stesso anche la libertà di coscienza. Per non dire dell'articolo 7 che fissa nella famiglia il nucleo della società ma stabilisce l’uguaglianza tra uomo e donna. Sempre l'articolo 7 stabilisce la divisione dei poteri, non menziona la sharia, ma sancisce che l’Islam è la religione di Stato.\r\nLa situazione resta tuttavia foriera di qualsiasi sviluppo. Non dimentichiamo che Ennahada, prima della violenta caduta dei propri \"cugini\" egiziani, governava a proprio esclusivo profitto e flirtava con le milizie salafite che nel 2012 e 2013 hanno messo a ferro e fuoco le città, incendiato i caffè con l’alcol nel menù, aggredito i laici, assassinato due leader dell’opposizione.\r\n\r\nDifficile credere che alla svolta degli islamisti tunisini sia estraneo il destino dei vicini egiziani, ben più radicati di loro nel paese, perché Hannada era fuorilegge sotto Ben Alì, mentre i Fratelli Musulmani egiziani hanno vissuto all'ombra del regime di Mubarak, spartendo fette di potere, senza mai subire una reale persecuzione. Durante l'insurrezione di Tarhir i Fratelli hanno mantenuto un profilo basso, arrivando a prendere le distanze dalla propria componente giovanile, quando questa decise di unirsi ai rivoltosi.\r\nLa loro forza è stata anche la loro debolezza. L'incapacità di comprendere che la ricchezza di Tarhir non si sarebbe fatta facilmente ingabbiare sotto la cappa integralista, la presunzione di aver posto sotto controllo i militari.\r\nUbris - l'arroganza che fa incazzare gli dei - la chiamavano i greci. Dai fulmini di Giove e ai cannoni di Al Sissi.\r\n\r\nA farne le spese la libertà di tutti. 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Sempre l'articolo 7 stabilisce la divisione dei poteri, non menziona la sharia, ma sancisce che l’Islam è la religione di Stato.\r\nLa situazione resta tuttavia foriera di qualsiasi sviluppo. Non dimentichiamo che Ennahada, prima della violenta caduta dei propri \"cugini\" egiziani, governava a proprio esclusivo profitto e flirtava con le milizie salafite che nel 2012 e 2013 hanno messo a ferro e fuoco le città, incendiato i caffè con l’alcol nel menù, aggredito i laici, assassinato due leader dell’opposizione.\r\n\r\nDifficile credere che alla svolta degli \u003Cmark>islamisti\u003C/mark> tunisini sia estraneo il destino dei vicini egiziani, ben più radicati di loro nel paese, perché Hannada era fuorilegge sotto Ben Alì, mentre i Fratelli Musulmani egiziani hanno vissuto all'ombra del regime di Mubarak, spartendo fette di potere, senza mai subire una reale persecuzione. Durante l'insurrezione di Tarhir i Fratelli hanno mantenuto un profilo basso, arrivando a prendere le distanze dalla propria componente giovanile, quando questa decise di unirsi ai rivoltosi.\r\nLa loro forza è stata anche la loro debolezza. L'incapacità di comprendere che la ricchezza di Tarhir non si sarebbe fatta facilmente ingabbiare sotto la cappa integralista, la presunzione di aver posto sotto controllo i militari.\r\nUbris - l'arroganza che fa incazzare gli dei - la chiamavano i greci. Dai fulmini di Giove e ai cannoni di Al Sissi.\r\n\r\nA farne le spese la libertà di tutti. 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