Ei fu salone immobile
Scritto dainfosu 29 Luglio 2016
Verminaio figlio del Sistema Torino ante litteram, il trentennale Salone del libro è la prima vittima del crollo di potere PD nel capoluogo sabaudo? o piuttosto è semplicemnte la congiuntura che ha favorito la fine della terapia intensiva che gli ha permesso nelel ultime edizioni di sopravvivere con trucchi contabili, salvataggi in extremis di banche e politica, equlibrismi tra poteri forti che in qualche modo continuavano a trovare un rendiconto da una formula stantia che scontentava tutti? Ora in articulo mortis ci sono inni e peana che riescono a definirlo la migliore kermesse bibliofila del mondo, esagerazioni che cercano di mettere la foglia di fico all’arroganza del potere che ancora pochi giorni fa si permetteva di affidarsi all’impresentabile Antonella Parigi, assessore regionale, o a Massimo Bray, ex ministro e poco credibile a calarsi nelle vesti di presidente di una scalcinata Fondazione in mezzo alla tempesta con personaggi che patteggiano e altri che non hanno ancora capito di aver sbagliato ogni mossa a disposizione per non colpire le suscettibilità altrui, senza considerare che l’appeal era finito, come anche gli sms degli ascoltatori sottolineavano: un ingresso carissimo per cui l’assenza di sconti al pubblico scoraggiava e dall’altro canto il taglieggiamento degli editori per pochi metri quadri di stand impedivano elargizioni dovendo rientrare della spesa per un meccanismo stantio.
Sono queste prassi consolidate e di cui questi gestori e amministratori non sanno fare a meno ad aver infastidito e accelerato il tracollo verso cui si sono lanciati incapaci anche di presagirlo o di capacitarsi (come della sconfitta ale elezioni: Dio acceca chi vuole perdere), privi di alternative che lascino immaginare un futuro non fatto di paesaggi di rovine e desertificazione, e che possono avera amareggiato soprattutto chi come il nostro interlocutore si è battuto per i piccoli editori, di cui è esponente (Lorenzo Armando amministra la compagnia editoriale Lexis che raccoglie marchi storici dell’edioria torinese come Rosenberg & Sellier e Celid e fa parte di aie e odei, gli editori indipendenti che avevano cercato una soluzione da contrapporre al mandato di Motta, eissario dei grandi editori e distributori che non perdono occasione per affossare la piccola e media editoria); il risultato dei suoi sforzi è stato un muro di indifferenza prima e poi incapacità di sfruttare l’occasione data dall’esigenza di rinnovare e liberarsi di personaggi anche inquisiti, di lobbies stantie senza cadere nelle mene del trappolone intentato con successo da quela lenza di Federico Motta.
Il racconto di Lorenzo tocca tutte le parti in questa commedia provinciale… e non se ne salva una: politici, editori, banche, sponsor.