Dal teorema Zuccaro al reale business sulla pelle dei migranti sulla terraferma

Scritto dasu 5 Maggio 2017

Che il teorema avanzato dal Procuratore di Catania Carmelo Zuccaro sul legame tra ONG attive nel canale di Sicilia e trafficanti di migranti fosse una speculazione politica servita su un piatto d’argento per reazionari di ogni risma, grillini e leghisti in testa, era apparso immediatamente chiaro. A confermarlo sono le stesse parole pronunciate da Zuccaro, che nel frattempo ha incassato il sostegno del Csm, durante la sua audizione in Commissione parlamentare Schengen:

 

Vengo al discorso della volontà di creare corridoi sicuri. Qual è la volontà che anima le ONG? Noi abbiamo ovviamente fatto un ventaglio di ipotesi. Si può partire da quella peggiore, che è quella di un consapevole accordo che sarebbe potuto intercorrere tra le ONG e queste organizzazioni. Questa, che è l’ipotesi sicuramente peggiore, non dà al momento alcun riscontro, ma è ovvio che ci lavoriamo.

La volontà di creare corridoi sicuri è certamente un dato oggettivo. Loro stanno creando oggi un corridoio che consente un accesso in Italia, che sicuramente è del tutto anomalo, perché siamo interessati da correnti di traffico che certamente non ci sarebbero state se le ONG non avessero creato questi corridoi. Allora, io mi chiedo, ma sicuramente ve lo chiederete voi prima di me, perché è il vostro compito: è consentito a delle organizzazioni private di sostituirsi alle forze politiche e alle volontà delle nazioni nel creare questi corridoi e nello scegliere le modalità per creare questi corridoi? È consentito che siano loro a sostituirsi agli Stati? Io credo che questo sia un problema di carattere politico che voi vi dovete porre. Il problema che mi pongo è il seguente: questi soggetti, a prescindere dal fatto che ancora non ci risulta e probabilmente non perseguiranno profitti privati, si rendono comunque responsabili del reato quantomeno di cui all’articolo 12 della cosiddetta «Bossi-Fini» oppure no? Per questo vi dico che non appena si verificherà un caso che mi dia la possibilità di farlo, su questo aprirò un’indagine, perché evidentemente si può dubitare del fatto che sia lecito scegliere comunque il porto di approdo e portare in Italia dei migranti che non dovrebbero finire in Italia. Questo è il dato oggettivo che io debbo in questo momento certificare.

 

In un macabro gioco di ruoli tutto interno alla quotidiana guerra ai migranti, di fronte al falco Zuccaro a far la parte della “colomba” è niente meno che la Guardia costiera italiana, che nelle parole dell’ammiraglio Vincenzo Melone ha spiegato l’ovvio rispetto alle attività di soccorso in mare, ovvero che:  “[n]on c’è alcun controllo preventivo o generalizzato della Guardia Costiera sull’attività delle unità delle Ong straniere. E’ chiaro che con i nostri mezzi non ce la possiamo fare, ecco perché chiamiamo a raccolta tutto ciò che è possibile. Non farlo equivarrebbe a un’omissione. (…) I soccorsi in mare sono il sintomo di una malattia che si sviluppa sulla terraferma: l’attività di ricerca e soccorso non è né la causa né può dare soluzioni”.

 

A proposito di terraferma, è interessante come la stampa di regime non abbia invece riportato praticamente nulla di quanto dichiarato dallo stesso Zuccaro sulla reale portata criminale del business sulla pelle dei migranti su tutto il territorio italiano nel sistema di prima accoglienza, nelle gabbie dei Cpr e degli Hotspot, etc., da parte di Ong, Onlus, Coop e associazioni vicine a quasi tutte le forze politiche. Qui, perlatro, non si tratta di teoremi e pretestuose ipotesi investigative del Procuratore, bensì di atti processuali, alcuni già andati a giudizio e sentenza.

Questa mattina ne abbiamo parlato con il giornalista Antonio Mazzeo, autore di diverse inchieste sul business della malaccoglienza:

polemica pretestuosa su ong


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