Haiti contesa
Scritto dainfosu 15 Marzo 2024
In un’Haiti che ha dichiarato lo stato d’emergenza, con l’80% della capitale in mano alle bande armate ormai da sei mesi, si è arrivati ora al blocco totale delle infrastrutture e all’imposizione da Washington delle dimissioni dell’attuale governo. Di fatti il 12 Marzo Ariel Henry ha comunicato, da Puerto Rico dov’è stanziato nell’impossibilità di rientrare nel paese, le dimissioni non appena verrà instaurato un consiglio presidenziale di transizione.
La situazione attuale è il risultato dell’investimento statunitense nell’ascesa al potere di un’elité produttiva (Juvenel Moise ex presidente assassinato nel 2021 era uno dei maggiori industriali dell’isola) incaricata di gestire gli investimenti dei programmi di aiuto americani HELP e HOPE post terremoto e continuamente rinnovati. Elezioni fortemente contestate dalle organizzazioni sociali e dalla popolazione (in parte con forme di organizzazione autonome, in parte invece vincolate a competitors politici di Moise), che già accusavano il governo presieduto da Moise, assassinato poi nel 2021, di inadeguatezza di fronte alla crisi del paese.
Abbiamo indagato il ruolo ambivalente delle gang, prevalentemente capeggiate da ex-polizziotti e storicamente legate a varie branche delle elites di potere, tra cui spicca il golpista Jimmy Chèrizier e narcotrafficante a capo della G9 an fanmi (e famiglia) e ora a capo della coalizione che riunisce anche la gang G-pep, Vivre Ensemble, che sembra nascondersi dietro a ideali rivoluzionari per non abbandonare il potere ottenuto.
Dall’altra parte vi è la risoluzione, datata 3 ottobre, delle Nazioni Unite che ha approvato l’intervento nell’area di un contingente di caschi blu, guidato dai militari Kenyoti. Cosa potrebbe cusare l’arrivo dei poliziotti internazionali? Quali le reali prospettive rispetto all’insediamento di un nuovo governo ad interim sulla styabilità del paese?
Ne parliamo ai microfoni con Roberto Codazzi.