Brasile. Il ritmo della rivolta sociale
Cosa sta succedendo in Brasile? Sin dal 2001 Goldman Sachs l’ha incluso tra nel novero dei paesi con uno sviluppo economico veloce e travolgente, autentiche nuove potenze globali. Con Russia, India, Cina e Sudafrica contribuisce all’acronimo Brics, che non è solo una sigla ma un fronte economico che all’ultimo vertice si è dotato di una propria banca di investimenti. Con gli altri del gruppo condivide una grande popolazione (duecento milioni di abitanti), un immenso territorio, abbondanti risorse naturali strategiche, sempre più peso nel mercato globale e, cosa più importante, una crescita del PIL travolgente. In queste settimane il Brasile sta vivendo proteste e manifestazioni popolari agite da centinaia di migliaia di persone. Una protesta esplosa dopo le lotte contro l’aumento dei prezzi del trasporto pubblico in alcune città del paese. Quali le ragioni che hanno messo in moto per la prima volta nella storia del Brasile moderno un sì gran numero di persone?
Dilma Rousseff ha dichiarato che negli ultimi 3 anni 40 milioni di cittadini sono entrati a pieno titolo a far parte della classe media. In Brasile c’è una struttura sociale in cui il divario tra classi è ancora abissale: 10 milioni di persone alla fame e una borghesia in crescita che all’apparenza non cerca rappresentanze ma rivendica diritti che mai le sono stati concessi. Una piazza plurale, multicefala che racchiude tutte queste voci diverse, stanca di subire i rapporti di potere di un altro modello sociale e con una forte spinta all’innovazione. Una piazza con la quale il governo non riesce a confrontarsi. La risposta dello Stato, puntuale e inesorabile, si è data su un piano repressivo fortissimo, con perquisizioni e arresti indiscriminati, 8 morti durante gli scontri con le “tropas de choque” della polizia meglio armata e preparata del Sudamerica, centinaia e centinaia di feriti.
Parallelamente altri elementi ci fanno riflettere sugli equilibri di un paese che cambia: la proposta di legge conto i gay avanzata dalla chiesa evangelica (sempre più influente in Brasile), la proposta di modifica costituzionale “Pec-37” che permetterebbe di limitare i poteri di indagine della procura generale e che in molti pensano che otterrebbe l’effetto di ostruire l’azione penale nei confronti dei politici corrotti, una riforma agraria promessa da PT da 20 anni e che ancora non trova risposte concrete, una compagine sindacale e del mondo del lavoro strutturata per corporazioni definite negli anni 40 dagli epigoni populisti di Mussolini (Getulio Vargas). Ed ancora l’aumento del costo della vita, la gentrificazione dettata dagli appetiti speculativi degli ultimi anni (in 5 anni è triplicato il prezzo delle case), che vede ora una evoluzione grazie ai grandi eventi in programma nei prossimi anni, mondiali di calcio (2014) e olimpiadi (2016), per i quali lo stato sta investendo 30 miliardi di dollari e grazie ai quali prevede la possibilità di una ridistribuzione importante di reddito (non memore di tutte le passate edizioni di questi eventi). Ed infine, le infiltrazioni della destra tra i manifestanti e i tentativi di portare le istanze rivendicative su questioni nazionaliste.
Il paese cambia, le contraddizioni emergono in modo sempre più travolgente, vale la pena cercare di capire l’emergere improvviso di movimenti sociali, in paesi dove il ritmo non è quello della crisi ma quello di una crescita che mantiene fuori gli ultimi.
Con un paragone un po’ azzardato potremmo rilevare come in poche settimane violente sollevazioni popolari abbiano scosso la Turchia e il Brasile, due grandi paesi in cui il poderoso sviluppo economico è andato di pari passo con la gigantesche opere pubbliche, processi di espulsione dei più poveri dalle aree investite dalla speculazione edilizia, meccanismi disciplinari violenti contro ogni forma di opposizione politica e sociale. L’aumento della ricchezza che non riduce davvero il divario sociale, ma offre ai nuovi ceti medi e agli strati degli esclusi un terreno di rivendicazione per l’accesso a libertà e risorse disponibili.
Il dibattito è aperto.
Anarres ne ha discusso con Simone, un compagno che conosce bene la realtà brasiliana.
Ascolta la chiacchierata
2013 06 21 brasile simone