Forze dell’ordine. I pestaggi di Milano e Livorno

Scritto dasu 1 Giugno 2023

Lo scorso 24 maggio, durante un arresto, un carabiniere ha tirato un calcio in faccia a un giovane di 28 anni che si trovava già a terra e aveva le mani bloccate da un altro carabiniere che cercava di immobilizzarlo. Questa ennesima violenza in divisa, documentata da un video, è diventata un caso locale e nazionale suscitando larga indignazione. Una violenza razzista, dal momento che il giovane colpito dal calcio è di nazionalità tunisina.
Quello stesso giorno a Milano quattro agenti della polizia locale hanno colpito violentemente alla testa con il manganello Bruna, 41 anni, di origini brasiliane. Dopo averla fatta cadere a terra lungo un’aiuola hanno continuato a colpirla selvaggiamente alla testa e sul corpo. Scene di violenza transfobica, sierofobica, sessista e razzista che anche in questo caso sono state documentate da un video, suscitando la rabbia che ha portato a manifestazioni a Milano e in altre città.
Le vittime sono entrambe persone razzializzate: solo la circolazione virale di un video ha permesso che le violenze che hanno subito non cadessero nell’oblio, divenissero pubblici e suscitassero indignazione. Tuttavia solo un caso fortuito ha reso visibile quella che, altrimenti, è una “normale” gestione dell’ordine pubblico.
Una gestione che ha registri diversi a seconda delle persone coinvolte.

Ne abbiamo già parlato con Giulia Fabini, autrice di “Polizia e migranti in città. Negoziare il confine nei contesti locali”

Ascolta la diretta:


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