Macerie su Macerie – podcast 16/10/23 – “SPAZIOCIDIO”: il controllo politico e la guerra di Israele attraverso la costruzione e la distruzione del territorio
Cuius est solum eius est usque ad coelum et ad inferos
(Il proprietario del suolo possiede anche il cielo sopra di esso e la profondità della terra al di sotto)
Guardo fuori dalla finestra e vedo la mia morte avvicinarsi – Anonimo palestinese
A Macerie su Macerie un contributo audio tratto da una conferenza di Eyal Weizman, architetto israeliano il cui contributo teorico è stato fondamentale per capire le modalità tanto sofisticate quanto atroci di colonizzazione dei territori palestinesi da parte di Israele.
Accanto alle operazioni fatte di bombe, missili, attacchi di terra e di aria anche attraverso l’utilizzo del fosforo bianco (2008/09; 2012; 2014; 2019 e ora il maxi attacco promesso e in parte cominciato contro la Striscia di Gaza), si accostano avvenimenti di una guerra più lenta ma non meno efferata: la modellazione del territorio attraverso l’utilizzo della frontiera come linea d’azione e penetrazione nei territori palestinesi, talvolta per controllare interamente le persone, i loro flussi e lo spazio politico effettivo, talaltra per sottrarre spazio ed escludere la popolazione che prima lo viveva.
Cicli di distruzione e costruzione che non solo hanno permesso l’insediamento veloce di nuovi coloni israeliani laddove la vecchia popolazione è stata costretta alla fuga, ma soprattutto l’imposizione di un regime spaziale che diventa arma prima di governo e di morte perché può essere continuamente rimodellato, frammentato, interdetto e finire poi per “stringersi attorno ai palestinesi come un cappio”.
“La frontiera lineare, un’astrazione cartografica ereditata dal concetto di spazialità associato allo stato-nazione, è esplosa in una moltitudine di sinonimi – strutture provvisorie, trasportabili, attuabili e rimovibili che espandono o restringono il territorio a piacere: “muri di divisione”, “barriere”, “posti di blocco”, “chiusure d’emergenza”, “aree precluse ai civili”, “blocchi stradali”, “zone rosse”, “aree sterili”, “posti di controllo”, “zone di sicurezza speciale”. Queste aree di frontiera sono dinamiche, fluiscono e rifluiscono di continuo come le onde del mare; avanzano strisciando e circondano di sorpresa villaggi e strade palestinesi. A volte addirittura sfondano pareti e irrompono nelle case dei palestinesi.
[…] La posizione dei posti di controllo militari viene costantemente cambiata e di conseguenza il traffico palestinese viene alterato e bloccato in maniera sempre diversa. Le basi militari mobili creano teste di ponte che sostengono la logistica di operazioni militari in continuo sviluppo. L’esercito israeliano compie incursioni nei villaggi e nei campi profughi palestinesi, li occupa e poi si ritira. Il Muro di divisione, solo un elemento di una molteplice serie di barriere, cambia costantemente tracciato, e il suo percorso registra come un sismografo le battaglie politiche e legali che lo circondano. Là dove parti di territorio sembrano essere ermeticamente sigillate entro recinzioni e mura israeliane, vengono scavati tunnel palestinesi sotto terra. I territori elastici non devono essere pensati come ambienti pacifici: gli spazi politici altamente elastici sono spesso molto più pericolosi e mortali di quelli statici, rigidi. La morfologia dinamica della frontiera fa pensare a un mare punteggiato da molteplici arcipelaghi di enclave etnico-nazionali, omogenee al loro interno e alienate dall’esterno – il tutto sotto un mantello di sorveglianza aerea da parte di Israele. In questo irripetibile ecosistema territoriale esistono zone diversissime fra loro – quelle di pirateria politica, quelle di cri- si “umanitaria”, di violenza barbarica e di piena, “debole” o nessuna cittadinanza – che si affiancano, si sovrappongono e si compenetrano.” (Eyal Weizman – Architettura dell‘occupazione. Spazio politico e controllo territoriale in Palestina e Israele).