INDIGENI BRASILIANI: TURISMO E ASSIMILAZIONE CULTURALE COME FORME DI ETNOCIDIO

Nel Brasile di Bolsonaro, la condizione delle popolazioni native, tra cui quella degli Yanomami, si fa sempre più drammatica, a causa delle assassine decisioni governative di non fornire un’adeguata assistenza sanitaria ai popoli dell’Amazzonia, e di lasciare larga agibilità agli innumerevoli minatori illegali che costantemente attaccano e devastano questi territori alla ricerca di metalli preziosi.  

Ma se le malattie infettive e le incursioni estrattiviste sono due piaghe con cui da sempre si devono scontrare i popoli indigeni, decisamente più recente è il problema dell’invasione del turismo nelle zone confinanti con i loro territori: le cittadine brasiliane limitrofe con cui i nativi intrattengono piccoli scambi commerciali, vengono puntualmente invase da masse di turisti in cerca dell’ “esperienza indigena” da acquistare e consumare. Dalla vendita di manufatti tipici alle vere e proprie parate in costumi tradizionali, la cultura indigena viene così mercificata e venduta al turista, in una spettacolarizzazione che la rende innocua e di facciata, così come la pretende il pubblico pagante lì presente.

Questo superficiale interesse verso le tradizioni native nasconde, neanche troppo velatamente, quella mentalità razzista che gli indigeni subiscono quotidianamente sulla loro pelle: nelle stesse cittadine in cui si fanno soldi sulla loro cultura, queste persone si trovano costantemente oggetto di discriminazione e disprezzo, in una situazione che è stata ulteriormente legittimata dall’alto grazie alle dichiarazioni e volontà di “assimilazione” (leggi: etnocidio) di Bolsonaro e dei suoi ministri. Proprio un’esponente del ministero dell’agricoltura e dei cosiddetti “ruralistas”, Luana Ruiz Silva, esprime le proprie idee nazionaliste e razziste in un audio che abbiamo tradotto in diretta.

Ascolta la puntata qui:




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