Ambra e Matteo morti di repressione – Cyberwar e influencers
[dalla puntata del 19 aprile 2021 di Bello Come Una Prigione Che Brucia]
MORTI DI REPRESSIONE
Ambra Berti e Matteo Tenni, due delle tante storie in cui il contatto tra sofferenza e apparato repressivo conduce alla morte. Ambra è morta in carcere a soli 28 anni, forse per un errore di somministrazione della “terapia psicofarmacologica”; sicuramente un decesso che i suoi assassini hanno subito cercato di ricondurre a “cause naturali”, al solito, inevitabile “arresto cardiaco”.
Matteo è stato ucciso con un colpo di pistola sparato da un carabiniere; un’esecuzione avvenuta sotto gli occhi della madre, alla quale è stato addirittura impedito di soccorrere il figlio e che sta subendo pressioni per ritrattare la sua versione degli eventi.
Una vicenda che descrive come le tecniche di sottomissione armata da parte delle forze dell’ordine nei confronti di persone confuse e sofferenti portino – troppo spesso – a un’escalation letale.
Ne parliamo insieme a Sabrina, una compagna del Trentino, che ci racconterà anche delle reazioni di fronte a queste due morti, per non farle sprofondare nella normalità.
CYBERWAR
Un recente rapporto dell’intelligence statunitense dipinge gli attuali scenari della cyberwar nelle sue articolazioni tra “guerra informatica” e “guerra di informazioni”. Attacchi a colpi di malware per sabotare infrastrutture, oppure a colpi di profili social per indirizzare il consenso, screditare un’azienda, manipolare l’elettorato. Uno scenario che si interseca anche con la rivalità USA/Cina nella corsa al primato sull’Intelligenza Artificiale e le conseguenti ricadute sulla nostra quotidianità. A margine una storia di influencers nigeriani arruolati per promuovere la liberazione di Alex Saab, un ricco trafficone esperto in riciclaggio di denaro.
Parole chiave: Ambra Berti, Matteo Tenni, carcere, repressione, Taser, sottomissione; cyberwar, propaganda, intelligenza artificiale, consenso