inquinamento, un problema di classe
liberation front
Con il termine Plutocene si va a sottolineare come l’impatto umano sulla vita della terra sia strettamente legato alla ricchezza: i ricchi tendono a consumare (e dunque inquinare) di più, mentre i meno abbienti devono fare i conti con le difficoltà dovute alla propria condizione che non permette scelte “etiche”. Ad esempio i processi di gentrificazione che li allontanano dai luogo di lavoro o l’uso di una macchina vecchia e inquinante. Non solo, chi detiene la ricchezza è anche responsabile delle attività inquinanti di quelle società su cui si investe, spesso grandi aziende che detengono il monopolio dell’estrattivismo, dell’agroindustria, dei trasporti, del petrolchimico, ecc.
La sovranità del consumatore è il mantra narrato dai promotori della transizione ecologica, mentre è dimostrato come l’estrazione, la produzione e la circolazione di materie e merci rimanga sempre nelle mani di pochi e al consumatore non rimane che una minima libertà di scelta. Sia l’elitè del progresso verde, sia i movimenti ecologisti, tendono a far ricadere sul singolo individuo la crisi climatica, supponendo che uno stile di vita genuino affiancato a tecnologie green siano il primo passo per salvare il pianeta. Ma questi rimedi sono fortemente classisti e il più delle volte si scontrano con l’impossibilità dei più di modificare il proprio stile di vita.
La responsabilità individuale che vogliono inculcare è la prima forma di appannaggio per non vedere chi sono i veri responsabili del tracollo ecologico che stiamo vivendo
Ne parliamo con Riccardo Mastini autore dell’articolo “La politica del plutocene” (https://jacobinitalia.it/la-politica-nel-plutocene/)