Stato biometrico, Stato dei varchi_20.01.25

Happy Hour. Pillole sintetiche dal mondo-guerra.
Puntata_uno

Se il rapporto essere umano-Capitale appare oggi come rapporto sociale preponderante, con il cieco e inarrestabile incedere della Tecnica, in Europa alcune tra le più recenti forme di conflittualità contro l’ordine costituito si sono manifestate nella forma di un rifiuto ad aderire “docilmente” all’essere ridotti a “fondo”, risorsa sacrificabile per alimentare il progresso tecno-capitalista, il cui fondamento fatto di guerra costante, saccheggio e annientamento è pienamente svelato anche nel “cuore della civiltà”. Il rifiuto di cui parliamo è sentito nella carne, prima che nel pensiero, e si traduce nel tradimento viscerale della fedeltà al principio di autorità allo Stato, di cui l’antagonismo contro il Green Pass in epoca pandemica e più recentemente le decine di migliaia di atti di diserzione e rivolta contro la mobilitazione alla guerra di trincea in Ucraina e in Russia sono tra gli esempi più eclatanti. 

Oggi, in Europa (e non solo) chi si rifiuta è sempre più “messo al bando”. La non-sottomissione, l’indisponibilità all’obbedienza da parte delle masse che sempre più sono “eccedenti” anche a queste latitudini, è infatti preludio a fenomeni di disorganizzazione sociale a cui lo Stato-rete risponde in maniera autoritaria e autoritativa, in modo del tutto trasversale alle sue tassonomie di governo formali. A trasformarsi è la stessa infrastruttura della cittadinanza, intesa come dispositivo di governo fondamentale del rapporto tra Stato e popolazione interna, con il passaggio da una logica classificatoria e verbale propria della burocrazia documentale, a una logica matematica e numerica astratta, de-linguistica, tale per cui il controllo, la sorveglianza e la punizione/eliminazione diventano automatizzati e ineludibili.

La diffusione di tecnologie di identificazione biometrica, con cui si trasforma il concetto di “identità legale inchiodandolo alla “verità” del corpo, è al centro di questa trasformazione. Questi dispositivi sono funzionali a quello che può essere definito “Stato dei varchi” o ban-opticon (da ban: mettere al bando), un modello di gestione e controllo ubiquo delle masse, la cui storia origina a fine Ottocento nei corpi dei recidivi nelle prigioni europee e in quelli dei colonizzati in Asia e in Africa.

Ne parliamo con l’antropologo Armando Cutolo, autore di “ID Wars in Côte d’Ivoire(di seguito il minutaggio):

 

00.00 – intro, il cittadino “messo al bando”;
01.20 – il diffondersi in Europa della logica della de-soggettivazione sulla scena dell’identificazione;
04.25 – la genealogia poliziesca e imperiale dello Stato biometrico, tra prigioni europee e colonie ottocentesche;
15.30 – il fondamento de-linguistico del dispositivo biometrico, una “verità” inscritta nel corpo, in Europa storicamente atto a sorvegliare la mobilità dello “straniero” e dell’alieno interno per eccellenza, il “rom”;
21.43 – le aporie dell’identificazione biometrica, assenza di “veridizione” e pratiche di falsificazione;
25.14 – non solo sorveglianza: la biometria come strumento del capitalismo digitale che veste gli abiti di “sviluppo” e “democrazia” nel Sud globale, il sistema “Aadhaar” in India, il ruolo della Banca Mondiale (ID4D) in Africa;
35.30 – la “fine del lavoro” dove il lavoro formale non c’è mai stato: gli schemi di reddito minimo biometrici “contro la povertà” in Costa d’Avorio come governo delle masse eccedenti;
42.01 – centralizzazione degli archivi, collaborazione tra agenzie governative e aziende multinazionali, partecipazione dei cittadini all’identificazione biometrica: la centralità dello Stato;
46.30 – l’identità civile biometrica indistinguibile da un dispositivo di sorveglianza.

 

L’interoperabilità tra piattaforme di governo biometrico e governo algoritmico è alla base del capitalismo cibernetico contemporaneo, trovando applicazioni diversificate e flessibili a seconda degli scopi, dal portafoglio digitale, alle app per la mobilitazione coatta alla guerra in Russia e Ucraina. Alle nostre latitudini le cd. “smart cities”, ne sono un terreno di sperimentazione per eccellenza. Torniamo sul caso di Venezia, tra Smart Control Room, ticket di accesso, varchi nella Stazione dei treni, ma anche partecipazione passiva e attiva dei cittadini alle piattaforme di organizzazione e sorveglianza sociale.

In collegamento telefonico un compagno del Collettivo Sumud, autore dell’opuscolo “Un organo che tutto controlla, un controllo che tutto organizza“:  

 




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