Запрещенные Джаз из России, России метафора
Leo feigin vive ancora semisepoloto nel suo piccolo appartamento di shoreditch, london e continua a pubblicare dischi che non ascolta quasi nessuno, come se la storia “pericolosa” che sto per raccontarvi fosse oramai evaporata e che una specie di “benedizione” sia arrivata a esorcizzare qui dischi che nessuno voleva, che molti avevano persino paura a tenere in casa.
Cosa c’era di tanto spaventoso nel free jazz russo? Era forse solo censura? La storia è scritta nelle rughe di Feigin, vero e proprio monumento alla vita vissuta pericolosamente. Dice di fughe sotto il filo spinato, di concerti banditi e musicisti seguiti. Di sicuro oggi non è più così e mr. Feigin ha accumulato abastanza esperienza da sapere che quella musica, così sovversiva e promiscua, oggi non è che un sassolino per i collezionisti. Leo Records è il resoconto di una battaglia culturale condotta nel bel mezzo del collasso sovietico, quando berlino si sbriciolava e da ovest impazzava la caccia al russo. Il regime stesso e poi il babau “comunista” costutito dal blocco occidentale hanno contribuito a far sparire buona parte delle testimonianze (e dei musicisti…) di quella musica incendiaria. Non tutte però.
Il tesoro nascosto a Shoreditch non è che una nano-particella di quell’immenso continente che si apriva da berlino guardando verso est. Russia e repubbliche baltiche hanno conquistato nel jazz quello che è stata l’emancipazione dall’imperpo comunista di Mosca. Il mediatore culturale di questa operazione epocale è sicuramente mr.Feigin. Nella sua borsa, per non parlare del suo passato – si dice – di spia per il kgb, c’è più di un mistero.
Ovviamente i meriti dell’operazione non sono soltanto i suoi. Pigmalione e Cicerone allo stesso tempo, Feigin non sarebbe nulla senza i suoi musicisti,. Uomini e donne da tutte le latitudini che hanno sfidato la censura dell’ex URSSS prima e poi il massacro ideologico anticomunista.
Sovversivo in musica è stato certamente il Ganelin Trio. Arrivato a suonare per la prima volta a Berlino (ovest) proprio nei giorni in cui il muro cadeva, era letteralmente scortato da un quarto musicista che li seguiva ovunque, senza suonare. Registrava il gradimento del pubblico, annotava informazioni, teneva i contatti, decideva chi fosse o meno degno di attenzioni. Feigin arrivò nel momento giusto, proprio a quella performance. Giurò persiono per iscritto che se avesse avuto le registrazioni non le avrebbe mai pubblicate mai suoi occhi tremolavano nel vedere quello che succedeva sul palco. Il disco “…old bottles” è stato pubblicato e poi ritirato due volte in vinile. Sparendo nei meandri rugginosi di collezionisti spie cecoslovacchi e, finalmente in cd dalla Leo Records che coraggiosamente propose all’epoca tutto il set intitolato “non troppo”. Ascoltandolo si capisce che il regime non gradiva l’ironia, per dirla facile. Musica che ha letteralmente zittito il pubblico berlinese. Feigin lo nascose, e poi, collassato del tutto l’urrss, pubblicò. E fu l’inizio di un diluvio di uscite da Est e Nord Est da brividi. La musica raccontava quelle terre immense e le loro spaventose contraddizioni, utilizzando il medium di un jazz raffinatissimo e provocatorio che dimostra di aver abbondamente digerito e tritato la tradizione e pur avendo masticato l’avanguardia ne ha sputato fuori le spine.
I frutti di questo mestiere rivoluzionario saranno raccolti, comunque, per sempre nelle registrazioni memorabili che giacciono in questo catalogo: Sainkho Namchylak, Vladimir Tarasov, Alexey Lapin, Alexey Kruglov. Segnatevi questi nomi. Prima che un nuovo regime si porti via in vostri archivi.