BASTIONI DI ORIONE 10/04/2025- LA SOCIETÀ CINESE AL TEMPO DEI DAZI – IL TERRORE S’INSTALLA A PORT-AU-PRINCE -DIETRO AL BALLOTTAGGIO TANTI ECUADOR
La Guerra dei dazi impatta con il Partito comunista cinese e la società cinese, decoupling e reazioni alla confusione trumpiana. Violenze se possibile ancora più efferate a Port-au-Prince, blocco di merci, fame e migrazione; muro dominicano, traffici di armi e droga. Noboa vs Gonzáles: il ballottaggio in Ecuador vede il confronto dei molti mondi che compongono il paese..
I reciproci tentativi di isolare il nemico dal mercato
Abbiamo chiesto ad Alessandra Colarizi, direttrice editoriale di “China Files”, di restituirci un’idea di quello che può essere lo sguardo della società cinese sulla scomposta guerra commerciale trumpiana.
A iniziare dall’identificazione di eventuali nuovi partner commerciali in sostituzione del mercato statunitense (considerando anche un’improbabile ulteriore estensione della presenza cinese in Africa, a fronte di un più probabile controllo della regione limitrofa – il libero scambio con Corea e Giappone? – e dell’Asean), o di assorbimento interno di parte delle esportazioni; prendendo poi in considerazione le contromisure non solo tariffarie adottate dal governo cinese, mirate e dunque già meditate prima che si scatenasse la buriana; la riduzione dei bond americani in pancia alle casse di Pechino (secondo detentore mondiale del debito di Washington); la creazione del welfare.
Si è inserito anche il problema dei porti di Panama e degli altri scali interessati all’operazione di Trump, che mira a mettere sotto pressione la Cina. Il problema è quanto la guerra commerciale vada a impattare sul mercato del lavoro e sulle condizioni dei lavoratori cinesi, che hanno saputo inscenare “incidenti di massa” per protestare contro la recessione della qualità della vita.
Queste ostilità si vanno a inserire in una contingenza che vede dal covid e dalla bolla immobiliare in avanti la situazione economico-finanziaria meno positiva e arrembante nello sviluppo commerciale cinese, che viene tamponata con il nazionalismo e la rivalità con gli Usa, quindi la guerra commerciale scatenata da Trump potrebbe essere un atout per rinforzare la difesa. Si va dipingendo un gioco di guerra che vede i due contendenti intenti a isolare il nemico nel suo recinto, precludendogli relazioni commerciali con il resto del mondo.
Sicuramente i prodotti cinesi sono concorrenziali con qualsiasi altro prodotto per qualità/prezzo, a prescindere da qualsiasi guerra di dazi. Rimane da vedere se il prevedibile mafioso della Casa Bianca non imporrà all’Europa di applicare le stesse tariffe comminate alla Cina dalla inaffidabile amministrazione trumpiana, altrimenti…
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Gangs of Port-au-Prince
Non si arresta la vendetta coloniale per l’atto rivoluzionario di indipendenza di Toussaint Louverture che nel 1791 fece di Haiti la prima colonia affrancata dal giogo francese. Infatti l’indifferenza per le condizioni disastrose in cui versa in particolare la capitale e la crisi esistenziale di un paese privo di risorse, saccheggiato da gang che spadroneggiano facendosi beffe di truppe keniane dell’Onu e armate dalla vicina Florida.
Roberto Codazzi ci aggiorna sulla situazione, ma soprattutto dipinge il quadro per cui riusciamo a farci un’idea di cosa significa vivere in queste condizioni, con le gang che controllano tutti i quartieri della capitale tranne uno, con sparuti gruppi di autodifesa di cittadini (e si registrano linciaggi di appartenenti alle gangs catturati), scarsità di cibo, baratto, ritorno alle campagne per poter coltivare almeno il nutrimento, difficoltà di movimenti per i molti posti di blocco gestiti dalle bande e le comunicazioni affidate a eroici giornalisti radiofonici che vengono assassinati, quando si individuano le sedi delle radio. Le uniche merci che transitano tra Miami e Port-au-Prince sono le armi; altra provenienza di armi è dalla Colombia/Venezuela nel sistema del narcotraffico, che vede in Haiti un hub.
Tra Repubblica dominicana e Haiti ci sono costanti frizioni, frontiere chiuse – pur se sono concesse aperture a merci per consentire la sopravvivenza in assenza di possibilità di accesso al territorio haitiano. Ora si aggiungono rimpatri e restrizioni sui cittadini haitiani presenti in territorio dominicano, anche se la repubblica dominicana si fonda sulla manodopera a basso costo dei “cugini” haitiani, che ora si contano in misura di circa 2 milioni di presenze in condizioni precarie. Si organizzano marce per l’espulsione dal territorio turistico dominicano.
Gli haitiani sono respinti senza interruzione dagli Usa dal mandato di Obama: una situazione consolidata dalle immagini al confine messicano, quando venivano inseguiti con i lazos; i rimpatri sono ora ridotti dalla chiusura degli aeroporti.
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Con Davide Matrone ,docente universitario e giornalista freelance che vive a Quito , parliamo delle elezioni presidenziali in Ecuador , lunedi ci sarà il ballottaggio fra la candidata di “Revolucion Ciudadana”, partito legato al correismo ,Luisa Gonzalez e il figlioccio della dinastia più ricca dell’Ecuador ,Daniel Noboa ,attuale presidente . Nonostante qualche scivolone xenofobo sulla questione dei rifugiati venezuelani che vorrebbe rimpatriare forzosamente e l’assenza nella sua campagna elettorale dei temi del lavoro ,Luisa Gonzalez incarna la sinistra che c’è in Ecuador in questo momento storico ,sicuramente lontana dalla radicalità del correismo della prima ora .L’alleanza storica con il movimento indigeno Pachakutik – braccio politico della Confederazione delle nazionalità indigene dell’Ecuador (Conaie), la più grande del Paese – guidato da Leonidas Iza sposta il baricentro della ” revolucion ciudadana” verso posizioni piu’ progressiste ed evidenzia il prevalere all’interno delle comunità indigene di posizioni antiliberiste rompendo con il sostegno ai presidenti conservatori Lasso e Noboa dei cosidetti “ponchos dorados ” la borghesia indigena che aveva fatto blocco con le élite reazionarie di Quito. Noboa ha fallitto totalmente sulla questione della sicurezza in un paese che è diventato hub privilegiato dei narcotrafficanti in America Latina ,tanto da dover ricorrere ai mercenari americani della “Blackwater” ,mandando evidenti segnali di debolezza e inadeguatezza nell’affrontare il problema della sicurezza che è molto sentito dalla popolazione che fino a qualche tempo fa viveva in paese considerato realtivamente sicuro ,mentre adesso L’Ecuador ha il tasso di omicidi più elevato del Sudamerica. Il ricorso ai mercenari nordamericani si configura anche come un ingerenza palese di un paese straniero negli affari interni dell’Ecuador ,mentre si manifesta la subordinazione di Noboa alle pretese di Washington che vorrebbe riappropiarsi anche della base militare di Manta , chiusa nel 2006 da Correa.
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