contro il mito dell’automazione

liberation front

L’automazione è la narrazione che usa il capitalismo per poter vendere i suoi prodotti, la loro “rivoluzione” è perfettamente in continuità con lo sfruttamento legato all’uso delle macchine nel  mondo lavoro. L’automazione  tende a invisibilizzare tutto il marcio del sistema produttivo, dal classismo all’inquinamento fino allo sfruttamento lavorativo. Invece il passaggio ad un economia digitale, con tutti i suoi orpelli tecnologici di raccolta dati, mappatura, sensori, satelliti sono altamente inquinanti, senza andare a sostituire niente, solo aggiungendo prodotti automatizzati ai prodotti classici. Anche il mantra che la tecnologia ci avrebbe liberato dal lavoro è una menzogna, semplicemente si il lavoro si è trasformato, cancellando la classe media a fare di un lavoro sempre più precario e invadente, legato ancor di più ai ritmi della macchina, ritmi che vanno a colpi di click.

L’effetto hype che usano per lanciare i nuovi prodotti si rivelano sempre erronei, servono solo a creare immaginari e nuovi bisogni per i consumatori, mentre nel complesso i miglioramenti legati alle nuove tecnologie rimangono quasi nulli, sia a livello individuale che sociale. Anche la stessa ragione sociale dei vari ingegneri e programmatori è occulta, il loro lavoro è teso ad aprire il mercato, senza apportare alcun vantaggio collettivo. Occorre un nuovo protagonismo conflittuale per per riscrivere il concetto di sviluppo e trovare processi di liberazione che siano tali e non prodotti di mercato.

Ne parliamo con Roberto Ciccarelli filosofo e autore di diversi saggi che ha curato anche la prefazione del libro “Cambiate lavoro, per favore” di Celia Izoard da cui abbiamo preso alcuni spunti per la trasmissione

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