I riti della memoria
La memoria può essere ossificata in un rito celebrato dallo Stato? Un rito con tanto di sacerdoti ed officianti, che la infilzino sulla carta assorbente come una farfalla nella teca di un collezionista? Magnifica ed oscena nella rigidità imposta.
Di fronte alla Shoah, al Porrajmos, allo sterminio nazista, ai campi dove il limite della ferocia di Stato pare ineguagliabile, qualcuno ha parlato di crimine assoluto. Ma poi c’é sempre chi si ingegna a fare peggio. Dal Ruanda alla ex Jugoslavia si conferma l’intuizione di Primo Levi in “Se questo è un uomo”. Se è accaduto, potrà accadere ancora. E’ scritto nella carne e nel sangue di un’umanità che trova la propria cifra in gesti che non hanno paragone nella ferinità degli animali non umani. Non è un destino, ma una possibilità sempre in agguato.
Chi sa spesso vorrebbe dimenticare.
Il giorno della memoria è per gli altri. La speranza è che il rito divenga l’antidoto necessario al ritorno del buio. Sappiamo che non funziona.
L’antisemitismo e l’antiziganismo non sono mero patrimonio dei fascisti di ieri e di oggi, ma sono come un virus dimenticato ma mai debellato, pronto a riemergere, infettando la società.
Focolai di infezione di tanto in tanto ce lo ricordano.
La bimba bionda che vive con i rom greci ma non può essere figlia loro. Giorni di indignazione urlata verso i rom che rubano i bambini e ne fanno mercimonio. Quando la madre, una rom ungherese povera, racconta di averla regalata perché non poteva averne cura, si scopre che la bambina bionda ha tanti fratelli e sorelle biondi come lei.
Falso allarme? No. L’allarme suonerà ancora ed ancora, perché, si sa, gli zingari rubano i bambini.
Di questi tempi la gente ha particolarmente in odio la finanza, le banche. Subito tra i chiacchiericci riemerge l’immagine dell’ebreo dedito all’usura, del banchiere senza scrupoli che vuole dominare il mondo. Il grande complotto che giustifica i pogrom torna a far capolino tra di noi.
La memoria è quindi un esercizio inutile? Una fatica che non viene ripagata?
Difficile crederlo. La trasmissione delle testimonianze resta il filo tenue che su cui possiamo tessere una tela robusta, capace di riparare dal vento ghiacciato degli inverni dell’oblio.
Purché sia memoria viva, capace di attraversarci, di farsi com-passione, comune sentire, comune consapevolezza che non c’é sudario più robusto della ragion di Stato perhé l’orrore si ripeta, perché la ferocia trovi le proprie ragioni, perché l’umanità si spezzi in uomini e no.
A pochi giorni dalla “giornata della memoria” ne abbiamo discusso con Paolo Finzi, anarchico di origine ebraica che da tanti anni è impegnato a diffondere la storia dello sterminio nazista di rom e sinti.
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