Pulsations. Storie dal Giappone
Evoluzione e mutazione. velocità e stasi, pieno e vuoto. In equilibrio come sassi nella fontana, per una immersione con outsider music in 40 anni di storia free jazz da Ongaku.
Il meglio – o il peggio – di una stagione che continua ancora oggi, con lo stesso desiderio di confronto e ricerca di quando Masaiko Sato, Masayuki Takayanagy, Togashi, venivano visitati dagli improvvisatori di tutto il mondo in quel giappone ancora musicalmente rattrappito di metà anni 70. Personaggi questi che insieme ad altri continuano ad ornare di riconoscimenti “troppo esclusivi” la casa del jazz. Troppo distante e troppo sommerso per rivedere la luce, od oriente c’è un tesoro di racconti, strappi e rincorse. Ci sono artisti coraggiosi spesso dimenticati, come quel Kaoru Abe che ci ha lasciati così presto per accomodarsi nelle braccia della morte per overdose di eroina. Uno dei più selvaggi e incontaminati talenti di quella stagione, Abe ha rivoluzionato la prospettiva classica dell’approccio al tenor sax, raccontando le sue storie miserabili ai pochi spettatori che potevano ascoltarlo: i piccioni della metropolitana di Tokio, il popolo dei viaggiatori o i gabbiani sul lungomare di Kobe, dove Kaoru amava aggirarsi solo con il suo sax, per farlo eruttare un urlo di liberazione verso il profondo scuro delle acque.
Una stagione, quella del free, costellata di cicatrici e disgrazie (si veda la storia di togashi) e sopratutto di dimenticanze che vorremmo vedere dissolversi prima o poi, anche grazie alle potenzialità del libero web.
Un viaggio dentro dischi unici.
allacciate le cinture. endless waltz