Rom e sinti. Dai campi di sterminio ai campi della democrazia
Venerdì 23 gennaio incontro su “Rom e sinti: la memoria che non c’è. Dai campi di sterminio ai campi della democrazia”. Ore 21 corso Palermo 46
Interverrà Paolo Finzi, curatore di “A forza di essere vento”, di cui verranno proiettati alcuni stralci.
Anarres, nella puntata del 16 gennaio, ha sentito Paolo per introdurre i temi della conferenza in particolare sul Porrajmos.
Ascolta la diretta del 16 gennaio:
Nella puntata del 23 gennaio abbiamo parlato con Paolo dei “campi della democrazia”
Ascolta la diretta:
Pochissimi in Europa conoscono la parola Porrajmos. Eppure ricorda una delle pagine più terribili della memoria di quei popoli che tanti continuano a chiamare “zingari” o “nomadi”.
Porrajmos è la parola che nelle lingue sinte e rom definisce il “divoramento” subìto tra il 1934 e il 1945. L’Europa nazista e fascista fu teatro dell’annientamento di almeno la metà dell’intera popolazione rom e sinta europea. Cinquecentomila uomini, donne e bambini perseguitati, imprigionati, uccisi, deportati nei lager e seviziati, vittime degli orrendi esperimenti medici nazisti, sterminati nelle camere a gas e nei forni crematori.
Nei processi ai nazisti colpevoli di crimini contro l’umanità che seguirono la guerra, primo tra tutti quello di Norimberga, Rom e Sinti non ebbero spazio. Le loro sofferenze vennero seppellite da un silenzio, più pesante dei muri di Auschwitz. Solo nel 1980 il governo tedesco, in seguito ad una iniziativa della Verband Deutscher Sinti und Roma, riconobbe ufficialmente che i Rom e i Sinti durante la guerra avevano subito una persecuzione razziale. La persecuzione razziale subita dai Rom e dai Sinti è per lo più rimossa o, persino, negata.
In Italia per lunghi decenni persecuzioni razziali subite dai rom e dai sinti durante la dittatura fascista non hanno mai avuto parola. La Legge n. 211 del 20 luglio 2000 che istituisce il Giorno della Memoria non ricorda esplicitamente lo sterminio subito dalle popolazioni sinte e rom.
Nel dopoguerra i rom e i sinti vennero destinati ai “campi di transito” nonostante non fossero più nomadi. Lo stigma nei loro confronti è forte e radicato. Sono considerati stranieri, anche se spesso discendono da gruppi arrivati nella penisola oltre 700 anni fa.
Negli ultimi anni si sono moltiplicati gli attacchi e le violenze fisiche e verbali. Le cronache narrano di sgomberi violenti, continui controlli di polizia, persecuzioni, insulti, botte. Nemmeno i bambini sfuggono agli attacchi.
In questi mesi, a Mirafiori, un gruppo di profughi bosniaci, apolidi di fatto, sono finiti nel mirino dei fascisti di Forza Nuova, Casa Pound e Fratelli d’Italia. Pochi anni fa alle Vallette, alla testa del corteo che finì con il pogrom della Continassa, c’era l’allora segretaria provinciale ed oggi onorevole del PD, Bragantini.
Rom e sinti sono costretti a vivere ai margini delle nostre città, in baracche fatiscenti, tra topi e fango.
Nel luglio del 2008 un gruppo di famiglie rom rumene decise di farla finita con il campo di via Germagnano ed occuparono uno stabile dell’Enel abbandonato da anni. Per sgomberarli i poliziotti fecero irruzione mascherati spaccando tutto. Un pullman della GTT li deportò in via Germagnano. Il comune di Torino collaborò a riportare nel campo abusivo, uomini, donne e bambini, la cui stessa vita è considerata abusiva.
Ogni tanto la furia razzista brucia i campi, i campi della democrazia.