Datacenter, il lato sommerso dell’AI-ceberg. Tecnica, guerra, sacralità.
Happy Hour
Happy Hour. Pillole sintetiche dal mondo-guerra.
Puntata_due
“Torino, l’Ai cerca spazio in città: in arrivo altri 5 data center. Appena inaugurato quello di Rai way in via Verdi, la Cittadella dell’Aerospazio di corso Marche ipotizza un grande server in tandem con Leonardo. Ma altri sono in (probabile) arrivo targati Avio, Bbbell, Enel e, soprattutto, Hines, che prepara un maxi progetto con la costruzione di sei edifici alti 30 metri a due passi dall’aeroporto di Caselle“.
Dalla rassegna stampa delle ultime settimane lo spunto per provare ad interrogare un’industria, in larga parte urbana, centrale per alimentare il mondo-guerra e quanto mai “neubolosa”. Non soltanto in quanto sostrato materiale della “nuvola” (il cloud), ma piuttosto perchè le infrastrutture raggruppate sotto il termine di “Datacenter” sono estremamente varie e i luoghi in cui sorgono securizzati e poco inclini alla visibilità. Spazio fisico di archiviazione e di analisi in tempo reale di dati – la cantina di Internet e dell’AI – e al contempo tecnologia della memoria funzionale alla governamentalità algoritmica, il Datacenter è un apparato centrale del tecno-capitalismo e delle sue guerre.
Qui gli indirizzi dei datacenter a Torino.
Un pezzo di internet andato a fuoco, il datacenter OVH a Strasburgo, marzo 2021.
Oltre alla guerra, al ruolo del Politecnico, di Leonardo, dell’aerospazio, uno dei fronti interni a noi prossimi su cui affinare lo sguardo sarà il nesso tra Datacenter e agroindustria. Il 31 gennaio 2024 è stato approvato un protocollo di intesa relativo all’agricoltura di precisione, o agricoltura 4.0, tra il Politecnico di Torino e il Comune di Saluzzo, che da 78 anni ospita la “Mostra della Meccanica Agricola”, dove oggi vengono esposti enormi trattori e macchine per lavorare la terra sempre più “smart” e costosi. Dopo lo sradicamento dell’agricoltura contadina, di fronte alla possibile conflittualità dei braccianti sfruttati, la pax capitalista sancita dall’alleanza tra grande capitale agroindustriale, politica, polizia e cooperative trova nel Datacenter un fondamentale alleato. I droni con AI per la raccolta delle mele fabbricati dall’israeliana Tevel e sperimentati a Saluzzo dall’azienda Rivoira possono lavorare 24 ore su 24, svolgendo la loro mansione con efficienza e soprattutto senza protestare.
Contro la sacralizzazione della tecnologia, apriamo la scatola nera del Datacenter con un compagno con cui in passato abbiamo già abbozzato alcune riflessioni sull’endiadi guerra e tecnica.
00:00:00 – Aprire la scatola nera: cos’è un datacenter?
00:07:37 – Storia sociale del datacenter (I): centralizzazione e guerra di classe
00:14:13 – Storia sociale del datacenter (II): un’industria urbana
00:19:00 – Guerra esterna e interna, agricoltura di precisione, telemedicina, e-governance, fintech: il boom dell’AI e dei data center
00:28:11 – Spazialità (I): Starlink, Armada, la “nuova frontiera” dello spazio e la centralità dello Stato nei processi di accumulazione del capitalismo digitale
00:38:42 – Spazialità (II): datacenter e “città dei varchi”
00:45:10 – Torino e i datacenter: spazi industriali dismessi, vicinanza a Milano e ruolo di Politecnico, Leonardo e comparto militare dell’Aerospazio
00:53:46 – Italia, perno digitale nel Mediterraneo?
00:55:58 – Tecnologia della memoria e vita umana: il datacenter come oracolo
01:02:47 – La macchina che si emancipa dall’uomo, il cervello come macchina. Contro il millenarismo tecnologico tecno-utopico e tecno-distopico, contro il mito dell’equivalenza tra umano e tecnica, l’impensato della sacralizzazione della tecnologia
01:13:43 – Datacenter e regimi di visibilità (I): il mito della sostenibilità ambientale, tra nucleare e geoingegneria
01:17:39 – Datacenter e regimi di visibilità (II): il mito dell’automazione, l’addestramento alla vergogna prometeica
01:20:22 – Vampirizzazione dell’ecosistema e rimosso delle miniere
01:25:58 – “Se Google diventa il mio vicino, ci sarà ancora acqua?”: ambiguità delle proteste contro i datacenter, indicazioni per una lotta fondamentale
“Come possiamo attaccare una realtà che ci è nemica, senza conoscerla a fondo? Ecco, a ben riflettere, la risposta non era difficile. In effetti, ad esempio, ci piace molto attaccare la polizia, ma nessuno di noi si fa poliziotto per questo. Ci si documenta: la polizia che cosa fa? che tipo di randello usa? Si mettono insieme quel poco di conoscenze che permettono ad occhio e croce di individuare il poliziotto. In altre parole, se dobbiamo attaccare il poliziotto, che è una cosa che ci piace moltissimo, non ci facciamo poliziotti per questo, ci limitiamo ad acquisire alcune conoscenze in merito alla polizia. Per attaccare la nuova tecnologia, allo stesso modo, non è necessario essere ingegneri, ma possiamo acquisire delle conoscenze abbastanza facili, tutte quelle indicazioni pratiche che ci permettono di poterla attaccare. Ma da questo problema viene fuori un altro problema, molto più importante: la nuova tecnologia non è un fantasma astratto, è una cosa concreta. Ad esempio, il sistema internazionale delle comunicazioni è un fatto concreto. Per riuscire a costruirci immagini astratte nella testa, deve distribuirsi nel territorio. È in questo campo che vengono usati i nuovi materiali, poniamo nella costruzione dei cavi di trasmissione, ed è in questo campo che diventa importante conoscere la tecnologia, non come funziona nel suo aspetto produttivo, ma come si distribuisce realmente nel territorio. Cioè dove sono i centri di gestione (che sono sempre molteplici), dove sono i canali di comunicazione, tutte cose che non sono idee astratte, ma cose fisiche, oggetti che corrono nello spazio e che garantiscono il controllo. Intervenire con un sabotaggio in queste strutture, è facilissimo, difficile è sapere dove sono collocati i cavi. Ad un certo punto diventa indispensabile conoscere la distribuzione della tecnologia. Questo, pensiamo, sarà sicuramente il problema rivoluzionario più importante dei prossimi anni“. (Nuove svolte del capitalismo)
A Saluzzo, i droni dell’israeliana Tevel raccolgono la frutta per l’azienda Rivoira.