Il naufragio di Lampedusa e il razzismo anche dopo la morte

Che lo Stato periodicamente eserciti il suo potere di uccidere, come forma di controllo ed annichilimento delle vite nonché con l’obbiettivo di terrorizzare – e così controllare – il più ampio numero di persone in viaggio senza documenti europei, non è certo novità. Eppure vale la pena ogni volta ribadirlo e darsi il tempo per capire come – e con quali intenti – il potere decida di protrarre le pratiche razziste anche al di là del confine della vita stessa.

Che il Mar Mediterraneo sia un cimitero a cielo aperto non è di certo un segreto; eppure puntualmente ogni strage in mare viene silenziata dalla stragrande maggioranza delle coperture mediatiche.
In questo episodio di Harraga, cerchiamo piuttosto di approfondire la notizia del naufragio di metà Agosto 2025 riportando il giusto termine di strage – non tragedia – per descriverlo e sottolineare le precise responsabilità. Nonché con l’aiuto di attivistx di Maldusa a Lampedusa e con quellx di MEM.MED dalla Sicilia, cerchiamo non solo di entrare nel merito degli eventi ma anche di descrivere, e far una prima analisi, di come il razzismo – e la sua burocrazia – si spinga ben oltre il confine della vita, ricadendo a cascata sulle famiglie dei morti di frontiera.

Primo collegamento con chi si trova in questo momento a Lampedusa con Maldusa,

Secondo collegamento con MemMed -Memoria Mediterranea, gruppo attivo nel supporto alla ricerca delle persone migranti disperse nel Mediterraneo e nel monitoraggio delle pratiche di frontiera.




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