12 dicembre 1969/2011. La strage di Stato e l’assassinio di Giuseppe Pinelli
Sono passati 42 anni da quel dicembre a Milano. 40 anni dal giorno che una bomba di Stato uccise 17 persone nella banca dell’Agricoltura in piazza Fontana.
Torniamo indietro. A quel dannato 15 dicembre del 1969, il giorno che Giuseppe Pinelli venne ammazzato nella questura di Milano, nella stanza del commissario della “squadra politica” Luigi Calabresi. Fu poi gettato dalla finestra per simulare un suicidio.
La caccia all’anarchico era scattata subito dopo la strage in banca: decine e decine di compagni erano stati fermati e portati in questura e sottoposti a martellanti interrogatori. Giuseppe Pinelli, partigiano, ferroviere, sindacalista libertario, attivo nella lotta alla repressione, era uno dei tanti. Uno dei tanti che in quegli anni riempivano le piazze per farla finita con lo sfruttamento e l’oppressione.
Il copione venne preparato con cura ed eseguito a puntino. Un sistema politico e sociale che aveva imbalsamato la Resistenza, represso la protesta operaia e contadina, stava traballando sotto la pressione delle lotte a scuola e in fabbrica.
La strage di piazza Fontana, la criminalizzazione degli anarchici, l’assassinio di Giuseppe Pinelli furono la risposta dello Stato al movimento del Sessantotto e del Sessantanove.
Solo la forza di quel movimento impedì che il cerchio si chiudesse, che gli anarchici venissero condannati per quella strage, la prima delle tante che insanguinarono l’Italia.
Quelle stragi, maturate nel cuore stesso delle istituzioni “democratiche”, miravano ad imporre una svolta autoritaria, a dittature feroci come quelle di Grecia, Argentina, Cile. Ancora oggi viene diffusa la favola dei “servizi segreti deviati”. Gli stragisti sedevano sui banchi del governo. Uomini dei servizi e poliziotti come Calabresi obbedivano fedelmente alle direttive dello Stato.
Ne abbiamo parlato con Paolo Finzi, allora giovane anarchico, testimone e protagonista di quei giorni.
“Conobbi Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico per meno di due anni – tra la primavera del ’68 (quando lo incontrai ad una conferenza pubblica alla Casa della Cultura di Milano, mentre volantinava) ed il tardo autunno dell’anno successivo (quando ci ritrovammo in questura, nell’ambito della retata antianarchica subito dopo la strage di piazza Fontana). Eppure quei 21 mesi, incastonati tra la primavera libertaria che sarebbe poi esplosa nel maggio ’68 e la strage di stato che ne é stata – dopo l’autunno caldo – la risposta istituzionale, hanno segnato la mia vita.
Giovane staffetta partigiana durante la Resistenza, anarchico da sempre, sindacalista libertario promotore del rilancio a Milano dell’Unione Sindacale Italiana, esperantista, tra i fondatori della Croce Nera Anarchica per aiutare gli anarchici detenuti, anticlericale, attivo e ben conosciuto nella sinistra milanese, era un punto di riferimento per tanti.
L’ho rivisto l’ultima volta nelle stanze dell’ufficio politico della questura milanese, quella notte del 12 dicembre ’69, quando in tanti (certo più di un centinaio) ci ritrovammo là “fermati”, più o meno “sospettati” dell’attentato alla banca dell’Agricoltura. Come quasi tutti i fermati, fui rilasciato la sera successiva.
Pino no.” (Paolo Finzi)
Ascolta l’intervista [audio:https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2011/12/2011-12-11-Strage-di-Stato-Paolo-Finzi.mp3|titles=2011 12 11 Strage di Stato Paolo Finzi]