D’inquinamento e solitudine

Già trent’anni fa, Ivan Illich scriveva che la società dei consumi avrebbe portato a un rapido inquinamento del pianeta e al depauperamento delle persone, conseguenze effettivamente avvenute.

Il mito del consumo e del progresso è divenuto egemonico in gran parte del pianeta, ma a goderne i frutti sono solo i più ricchi, mentre le classi più povere devono barcamenarsi tra i rifiuti che il sistema produttivo genera. Infatti se i primi possono godere delle innovazioni legate all’industria green, al resto dal mondo rimangono gli avanzi, ovvero il mercato del riciclaggio e smaltimento dei rifiuti.

Gran parte dei rifiuti occidentali finiscono nelle discariche di paesi più svantaggiati, contribuendo ad avvelenare l’aria e le falde acquifere su cui sono site, e non è un caso che il maggior numero delle vittime dell’inquinamento provenga proprio dai paesi dove questo commercio è più sviluppato. Non solo, quel che noi consideriamo vecchio o rotto lo gettiamo, mentre altrove trova nuova vita, ma con i rischi che ciò comporta, come nel caso delle stufe a legna che riscaldano le case e le baracche di miliardi di famiglie nel globo, ma sono tra le prime cause di malattie polmonari. Infine i rifiuti elettronici che vengono bruciati per ricavarne rame, oro e altri metalli di cui sono composti. Vere e proprie città di immondizie che sono l’unico sostentamento e la prima causa di morte per intere comunità.

Nei paesi più sviluppati ed economicamente più ricchi è la solitudine ad attanagliare la vita di milioni di persone, basti pensare che l’Inghilterra ha dovuto creare un ministero apposito per controllare quella che viene definita una vera e propria epidemia di solitudine.

Bauman cerca le radici di questo malessere nella de-regolamentazione dei mercati, nell’incertezza salariale, nella disgregazione delle famiglie, nella liquidità sentimentale, nella mancanza di immaginari alternativi; tutto questo crea apatia, incertezza, indifferenza ed un crescente distacco gli uni dagli altri. Distanza alimentata dagli apparecchi virtuali che hanno di fatto creato una delega della personalità umana e un’alternativa alle persone in carne e ossa, stravolgendo le nostre abitudini e il modo di rapportarci.

Il genere umano ha dichiarato una guerra totale alla solitudine: laddove non arrivano l’esaltazione dell’io e i rapporti gerarchici, arriva il conformismo e l’irresponsabilità della folla, ormai unica dimensione alternativa alla solitudine. A chi non può o non vuole accettare questo tipo di società non rimane che la prigionia, reale o apparente che sia, come succede sempre più spesso in Giappone, dove gli anziani preferiscono la galera all’abbandono e alcuni giovani, detti Hikikomori, scelgono di escludersi totalmente dalla vita reale auto-relegandosi in casa, senza incontrare nessuno per lunghi periodi, abbandonando la scuola e ogni tipo di attività che non sia legata a uno schermo. Eppure chi crede che questa sia una moda, o ad una malattia, non vede che dietro questi comportamenti si cela un rifiuto dei valori e delle istituzioni contemporanee.

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