Francesco o il lupo?

L’elezione di Jorge Bergoglio, gesuita argentino di origini astigiane, è stata una sorpresa che ha scompaginato le previsioni della vigilia.
Nello scontro durissimo tra Joseph Ratzinger e il suo segretario di Stato, Tarcisio Bertone, Bergoglio è stato presentato come una sorta di outsider, che vince contro i pezzi da novanta dei due schieramenti.
In un’epoca in cui la narrazione mediatica degli eventi concorre potentemente alla loro determinazione, la fazione vincente nello scontro diretto rischiava di partire in salita. Una salita che rischiava seriamente di essere molto ardua.
I cardinali nordamericani su cui immediatamente i media hanno concentrato l’attenzione, quelli che hanno cercato in ogni moodo di scongiurare un’apertura troppo ravvicinata del conclave, sono stati avvolti per settimane dalla rievocazione dei tanti episodi di pedofilia, coperti da questo o da quell’alto prelato. Il brasiliano Scherer, su cui Bertone e i Cavalieri di Colombo avevano puntato, non è mai entrato in gara.
Il grande favorito, il ciellino Angelo Scola, era un gigante con i piedi di argilla. Tutti i cosiddetti “curiali” sono stati iscritti dai media in una sorta di casta clericale, nemica dell’innovazione. In cosa consistesse l’innovazione è difficile da dire. Il nuovismo è una nuance intellettuale di origine novecentesca che il nuovo secolo eredita senza la spinta ambiguamente vitalista che ne ha fatto un vessillo di destra. Oggi il “nuovo” alligna negli scaffali del supermercato dove non fa che riconiugare l’eterno ritorno dell’eguale, ossia la merce nel suo girare scisso da qualsivoglia residuale legame con il bene comune.
Se a questo si aggiunge che la curia e, più in generale, i cardinali italiani, erano divisi e in lotta tra loro, diventa più facile azzardare qualche ipotesi sul percorso che ha portato alla nomina di Bergoglio.
I media sono un’arma a doppio taglio. In questo caso hanno inciso a fondo nell’immagine di curiali e nuovisti: serviva quindi qualcuno che potesse dare in fretta e radicalmente una ripulita esteriore, che al contempo non fosse inviso al papa emerito, l’uomo che, dopo aver costruito nella curia tutta la sua carriera, rinuncia al trono di Pietro per non soccombere nello scontro con Bertone.
Il risultato ha sconcertato gli analisti, perché Bergoglio è considerato un “progressista”, lontano sia dal feroce e lucido dottrinarismo di Ratzinger, sia dal pragmatismo di stile anglosassone di chi vuole difendere il potere della chiesa cattolica, del quale lo IOR è strumento potente.
Bergoglio è stato spinto da una cordata senza potere quale quella di Tettemanzi e dei cardinali dell’area di Martini, plaudito da Bianchi della comunità di Bose.
Bergoglio pare indossare bene i panni di un papa che avvicina la chiesa ai poveri delle Villas Miserias argentine, che si nomina Francesco, pur essendo gesuita, che rifiuta sfarzi e omaggi, che si butta in mezzo alla gente.
Su di lui si allunga l’ombra scura della feroce dittatura che, negli anni ’70 torturò ed uccise 30.000 oppositori politici.
La chiesa argentina collaborò attivamente con la dittatura. Il nunzio apostolico Pio Laghi consigliava i generali sui metodi per massacrare ed uccidere con la benedizione di dio.
Secondo quanto scrive il giornalista argentino Horacio Vebitsky anche il giovane capo della compagnia di Gesù a Baires fece la sua parte. Togliendo il proprio appoggio a Yorio e Jalics, due gesuiti – seguaci della teologia della liberazione – che operavano nelle baraccopoli della capitale, avrebbe di fatto favorito il loro arresto da parte dei militari. Yorio e Jalics rifiutarono di sciogliere la comunità da loro fondata a Bajo Flores e per questo Bergoglio gli vietò di dire messa. Entrambi detenuti nella famigerata Esma, verranno torturati per cinque mesi prima di essere rilasciati.
Yorio è morto nel 2000, debilitato nel fisico da torture dalle quali non si riprese mai completamente.
Jalics, oggi ottantaseienne, nell’ultima settimana ha abbandonato la comunità da lui fondata in Germania per rifugiarsi in una sperduta località della natia Ungheria. Non ha ricevuto i giornalisti ma ha emesso un comunicato che, nonostante le acrobazie dei titolisti dei giornali, è un capolavoro di gesuitica ipocrisia. Parla di riconciliazione con Bergoglio ma non lo scagiona affatto dalle accuse. Scrive Jalics. “Non posso prendere alcuna posizione riguardo al ruolo di Jorge Mario Bergoglio”
Negli anni della dittatura in Argentina e più in generale in Sudamerica, furono in tanti, anche tra i gesuiti, a pagare un duro prezzo per essersi messi – nel qui ed ora – dalla parte dei poveri. Bergoglio fece invece una rapida carriera.
Secondo Verbitsky il nuovo papa è un grande attore, che sa rivolgersi ai poveri, affinché accettino senza ribellarsi la loro sorte.
Il lupo si è travestito da agnello?
Se così fosse la chiesa cattolica dimostrerebbe ancora una volta la propria straordinaria plasticità nel forgiare un immagine adatta ai tempi per vendere un prodotto fuori da ogni tempo.
Francesco sarebbe quindi il degno successore di Benedetto, l’uomo che più di ogni altro, nelle vesti di prefetto per la congrgazione della dottrina della fede, regolò i conti con la teologia della liberazione.
Ne sapremo di più, al di là delle operazioni di lifting papale, appena Bergoglio deciderà di mettere mano alle prime nomine.

Anarres ne ha discusso a caldo con il proprio vaticanista di riferimento.
Ascoltatevi una chiacchierata in cui le domande sono più delle risposte 2013 03 14 francesco o il lupo




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