Le piccole vacanze
le piccole vacanze.
Non lo dicevo io, percarità. Era Arbasino e mi piacque parecchio. Lo lessi durante una prolungata e noiosissima vacanza nell’entroterra toscano tanti anni fa. Storie minute di giovani in amore si intrecciavano nell’italia borghese del dopoguerra. Anche se l’attenzione narrativa di Arbasino era su dettagli inutili, sfumature appena abbozzate che, pagina dopo pagina, riaffioravano come indizi metrici. La narrazione così passava dal concentrarsi sul plot, a rapide occhiate per niente distratte, seppur laterali, attraverso parchi acquatici, utilitarie, tendoni circo, bancarelle, crocicchi illuminati dalla luna, nonne con soldi, cavalli, spiagge, film con Greta Garbo, corse in automobile… Studi universitari fatti male, trasalimenti sessuali confusi, droghine fatte in casa…
Arbasino era ipnagogico antelitteram a sua insaputa. Sapeva raccontare facendo vedere, toccare e annusare, senza che i contorni fossero netti, come in un sogno o nel dormiveglia quando affiorano e spariscono ombre di immagini e ricordi e le storie si mescolano una dentro l’altra. Probabilmente fu l’unico racconto delle vacanze che non trovai noioso.
Ma cosa significa tutto questo?
Anzitutto che per due giovedì andrò in vacanza. Piccole vacanze, dopo due anni forzatamente (ma felicemente) qui.
Per questo, ai pochi (o molti, chissà) che leggono questi post vorrei lasaciare una playlist ipnagogica di libri e dischi da portarsi dietro attraversando le statali per raggiungere le riviere, passeggiando con una vecchia zia, facendo l’amore sotto le stelle. E se rimarrà anche solo un ricordo indistinto e sfumato, riemergerà durante le brume settembrine e si mescolerà alla verità, scaldandoti come un vecchio amico. Proprio come le storie di Arbasino
dischi:
Taku Unami, Moe Kamura & Tetuzi Akiyama – Hontatedori [2013]
Genio. Tre personaggi schivi, a loro modo ingannevoli e multiformi. Inutile descrivere i rispettivi curricula, meglio immergersi nei ricordi di questo tropicalismo sfilacciato e barcollante. Piante succose, galassie marine, financo dinosauri. Fantasia al potere in qualcosa di indefinibile se non per relationem con opere simili. Da suggere nottetempo dondolandosi pigramente su un’amaca, meglio se ubriachi, mentre il cielo si abbassa verso terra. (*****)
Shintaro Sakamoto – How To Live with a Phantom [JP 2012]
Small but enough. Il meglio del j-pop più alternative, declamato e arrangiato con classe fuori dal comune3. Ipnagogico anche grazie alla slide, ha nel cantato in giapponese il suo core. Melodie fragili su canzoni da pomeriggio, ma attenzione ai numeri J-funk. Perfetto se andate a trovare parenti, molto indicato al solleone, quando la calura asfissia e vorreste sbranare quell’anguria gelata. (****)
Sei Miguel – Esfingico Suite for a Jazz combo [Clean feed 2010]
Beh, Clean Feed. Sinonimo di uberqualitat nel seno del jazz e delle altre musiche. Qui per l’occasione il cornettista Sei Miguel spiega in 3 lunghe composizioni il concetto di saudade. Sfilacciato e con i silenzi che prevalgono è il disco perfetto per una notte malinconica, dove perdersi è facile. (****)
ooIoo – Gamel [Thrill Jockey 2014]
Ovvero Joshimy p.we alle prese con il gamelan balinese e le altre contaminazioni. Immaginate i boredoms all’asilo che prendono confidenza con il minimalismo. Giocherellone ma non stupido, ha una bizzarra idea “sprirituale” di fondo. Per giochi non ortodossi sotto l’ombrellone. (****)
Aa.Vv – Digitalis Recordings Midlife Crisis [DR 2014]
Da Tulsa Oklahoma una bellissima ricognizione di strana elettronica a stelle e striscie. Sogno americano in azione versus inesplorati viaggi nel digitale. Per prepararsi alla serata e forse, non uscire più. (****)
libri
Breece J.D. Pancake – Trilobiti
Lo rileggerò di nuovo quest’estate. Potenza fondativa del nulla più assoluto. Le storie più comuni che possiate immaginare hanno sul loro fondo scheletri, ossa, conchiglie, terra, rane morte e ricordi per milioni di anni.
Sullo sfondo di una oscura Virginia circondata dalle piantagioni di Tabacco si muove il miglior scrittore americano degli ultimi 20 anni. Salinger depresso o Hemingway appassionato di paleontologia. fate voi ma leggetelo. (*****)
Kawabata Yasunari – Il Maestro di Go
Insuperabile ermetismo dal sol levante. Un giovane giornalista deve raccontare l’ultima partita di Go (una sorta di dama giapponese più complessa) su un quotidiano di tokio. La partita durerà dei mesi fino al mesto epilogo. Devastante metafora sulla fragilità della vita e sulla disciplina interiore, racconta attraverso assolute banalità di carattere tecnico, come a registrare fotogrammi senza scopo in una vita di silenzi dietro i paraventi.
La letteratura classica giapponese può essere un pozzo nero. Be careful. (****)
Silvio Pagani – Funghetti
Beh, non c’è bisogno che vi spieghi il perchè. Tra poco sarà autunno e spunteranmno i funghetti. Nautilus è uno dei migliori editori italiani, uno dei pochi veramente indipendenti. Questo è solo un pretesto affinchè consultiate il loro catalogo. (****)
William Borroughs – Le città della notte rossa
La storia delle città infernali di Tamaghis, narrata da uno dei massimi geni della letteratura contemporanea, si trasforma pian piano in una divina commedia senza paradiso e purgatorio, con le gambe perennemente a mollo in fluidi viscosi dall’odore di metallo marcito. Borroughs non seppe mai stare negli schemi. Cut-Up e follie varie sono banali pretesti per uno sfoggio di classe assoluta e crudeltà efferate tra schizzi di liquidi biologici, rapporti anali e civiltà scomparse. L’uomo del postmoderno e la sua perenne confusione sensoriale. L’intelligenza cognitiva e la casualità, tra innatismo, reincarnazione e buchi in vena.
Scommetto che lo mollerete prima della fine. Sapete perchè? per paura. (*****)
ci risentiamo giovedì 24 luglio e poi non vi mollo più……………..