L’ombra dell’olio di palma sulla sierra leone

Nel 2011 viene firmato un accordo tra la società Socfin (con sede in Lussemburgo, che gestisce 200 000 ettari di piantagioni tra Africa ed Asia di palma da olio e alberi della gomma) e le autorità della Sierra Leone per garantire alla prima l’utilizzo della terra per 50 anni con lo scopo di insediarvi delle monocolture per la produzione di olio di palma.

Non senza buone motivazioni si può descrivere questa operazione come landgrabbing: la popolazione locale, che da sempre vive d’agricoltura di sussistenza, si è vista espropriare i terreni, con la forza e con le minacce, è stata ingannata su molti aspetti fondamentali dell’accordo, ed ha dovuto assistere alla deforestazione delle aree boschive presenti nella zona.

Un ruolo fondamentale nel garantire l’impunità della Socfin è stato giocato dal capotribù dell’area del Sahn Malen (provincia meridionale della Sierra Leone), da subito rivelatosi grande sostenitore dell’investimento straniero, soprattutto grazie a forme di corruzione (sfacciatamente dichiarate “buone corruzioni” dalla compagnia stessa) nei suoi confronti.

Attualmente la popolazione del luogo si divide tra favorevoli alle piantagioni (che secondo l’immortale mito del progresso porterebbero lavoro e benessere) e persone che invece decidono di resistere a questa appropriazione indebita, organizzandosi in forme associative e protestando in diverse maniere. Queste forme di attivismo sono state più volte represse tramite denunce, arresti e assassinii da parte della polizia.

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