Macerie su Macerie – 15 luglio 24 – Un mondo instabile di cemento: attualità del Vajont

Nel 1963  le acque scure della diga del Vajont travolgono il fondovalle, 2000 abitanti del posto trovano così la morte.

Sebbene sia una storia lontana ormai più di sei decenni, agli albori delle infrastrutture fisiche che hanno servito il cosiddetto boom economico, essa ci restituisce non solo la complessità della costruzione della società industrializzata del XX secolo, ma soprattutto la fragilità di quei fabbricati che ancora informano lo spazio che attraversiamo. Specie a fronte degli eventi metereologici estremi, presentati nel discorso pubblico come la causa naturale e senza responsabili dei continui crolli di edifici e delle infrastrutture italiane, il caso Vajont racconta del variegato sistema di potere nella colonizzaizone dello spazio considerato strategico per la crescita economica, per l’edificazione di vere e proprie tombe di cemento, fatto di politici, geologici, urbanisti, forze dell’ordine e magistrati.

Dopo una cronistoria dei fatti che precedono il disastro, tra militarizzazione del territorio e propaganda, ci addentriamo con Marco Armiero, autore de La Tragedia del Vajont, nell’analisi della contrapposizione tra quelle che erano le previsioni sull’insicurezza del bacino idrico degli abitanti del luogo e le garanzie degli esperti coinvolti dall’azienda costruttrice e dalle istituzioni.
Troviamo qui la puntuale la scelta del lessico dei movimenti di opposizione di allora, l’utilizzo di termini come ‘presagio’, i quali spiegano bene quanto il sapere popolare venga sminuito e relegato nell’ambito della magia rispetto al razionale sapere scientifico dell’expertise, coi suoi interessi legati alla riproduzione del mondo capitalistico.



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