Mozambico: gas e caos
liberation front
la maledizione del gas si è avventata sul Mozambico: una bomba ecologica e sociale è pronta a scoppiare in uno dei paesi più poveri dell’Africa, già colpito l’anno scorso da due violentissimi cicloni che hanno raso al suolo la regione a nord di Cabo Delgado.
Nel 2010 il governo mozambicano conclude un affare con la Francia per l’acquisto di 30 tonnare, un contratto losco celebrato in pompa magna da entrambi i governi. Eppure qualcosa non va, alcune di queste imbarcazioni risultano pesantemente militarizzate. Nello stesso anno Exxon Mobil, Total ed Eni scoprono al largo del Mozambico enormi giacimenti di gas. Il Mozambico naturalmente non riesce a ripagare i pescherecci acquistati e si sdebita vendendo le concessioni per l’estrazione del gas al largo di Cabo Delgado. Firmati gli accordi giungono i rappresentanti di Total, ma anche delle banche francesi Credit Agricole e Societè Generale, oltre ai rappresentanti politici e finanziari del governo francese. Non solo, l’intera area si arma: da una parte eserciti di mercenari finanziati dalle multinazionali europee per difendere i siti e i giacimenti, dall’altra gruppi di ribelli che attaccano i villaggi e le popolazioni. Si apre una scia di sangue che l’esercito del Mozambico non sembra in grado di riuscire a fermare, intanto le terre abbandonate dalle persone in fuga vengono occupate sia dai ribelli sia dalle compagnie petrolifere.
La privatizzazione della guerra, la proliferazione di armamenti e la presenza di formazioni paramilitari è un contorno inevitabile laddove avviene l’usurpazione delle ricchezze da parte delle compagnie occidentali.
Qui un breve resoconto tratto dal rapporto dell’ong “amis de la terre” – Dall’eldorado del gas al caos
(https://www.foei.org/wp-content/uploads/2020/06/De-leldorado-gazier-au-chaos_les-Amis-de-la-Terre_rapport_FR.pdf)
In seguito un intervista ad Alessandro di Re:Common per capire meglio l’implicazione di Eni in questo affaire . L’azienda italiana ha svolto il ruolo di apripista nella ricerca dei giacimenti e nella costruzione dei gasdotti. Dopo il Delta del Niger il Cane A Sei Zampe è pronto a tornare in Africa a suon di corruzione, armamenti e sfruttamento lavorativo e delle risorse.