PNRR e fondi d’investimento europei: il capitalismo rimodella i territori montani

Nati ufficialmente con l’intento di risollevare l’economia dei singoli Stati in seguito ai danni subiti a causa della gestione pandemica e dei suoi lockdown, i piani di investimento europei che hanno coinvolto l’Italia portano con sé diverse ombre sulla loro destinazione d’uso e sulle reali finalità per cui sono stati assegnati. In questo approfondimento specifico ci siamo occupati di capire come questi fondi siano capaci e abbiano l’obiettivo di modificare i territori rurali, specialmente quelli montani. La direzione sembra tracciata: il rilancio della montagna avverrà grazie alla digitalizzazione e alla tecnologizzazione di territori ancora poco investiti dallo sviluppo economico che contraddistingue le città, ma che rappresentano zone potenzialmente interessanti da sfruttare e dominare, in un’ottica di “colonialismo interno” allo Stato stesso.

Le Alpi e gli Appennini si prestano bene a questo ruolo di colonia, sia per l’appetitosa presenza di risorse (minerarie, idriche, energetiche) da accaparrarsi, sia per la loro bassa densità di popolazione, che la rende una terra di nessuno dove riscrivere nuove economie e imporre progetti di investimento. E come ogni colonialismo degno di tale nome, le risorse depredate non sono solo quelle tangibili, ma anche quelle immateriali, attraverso la pratica della folklorizzazione e mercificazione delle culture tradizionali.

Di queste nuove forme di gentrificazione della montagna e di ristrutturazione del capitale ne abbiamo parlato con Manuel Oxoli, autore dell’articolo “NextGenerationEu, Recovery Fund, PNRR: la messa a profitto dei territori montani”, apparso sul numero 65 di Nunatak, rivista di storie, culture, lotte della montagna.

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