Tutti pazzi per le terre rare

Liberation front

Il ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha annunciato l’imminente legge sulle materie prime critiche in italia, che aprirà la strada all’estrazione di metalli da transizione e terre rare nei confini nazionali, allineandosi alle nuove linee guida europee (Critical Raw Materials Act).

I toni propagandistici e pioneristici delle dichiarazioni governative sono però fuorvianti rispetto al reale scenario geopolitico che influenza la produzione e la distribuzione di queste risorse, cruciali per attuare la transizione energetica. In Italia potrebbero non esserci i presupposti per l’effettiva estrazione su larga scala di questi materiali: tuttavia, i rifiuti minerari della passata stagione mineraria potrebbero essere un’alternativa percorribile.

Sebbene sia importante non sottovalutare le iniziative italiane rispetto alle terre rare, indici di un più generale progetto di preservazione dello status quo attraverso il ritorno all’estrazione delle materie prime, fuori dal piccolo paese un mondo intero si sta mobilitando intorno a questi materiali. Il primato cinese sta venendo problematizzato dal blocco occidentale, ma anche nutrito di nuove alleanze fuori dalla sfera atlantica. L’inaggirabile monopolio delle competenze per la raffinazione delle terre rare, detenuto dal colosso cinese, sta plasmando il tessuto di alleanze e rivalità sul mercato delle materie prime, a partire dalla cosiddetta crisi delle terre rare del 2010-2012, che dimostrò il potere cinese di determinare disponibilità e prezzi degli elementi chiave del futuro capitalista.

Intanto, l’estrazione delle terre rare sta producendo in tutto il mondo il suo portato di devastazione ambientale e sociale. Dal Madagascar al Myanmar, dalla Svezia alla Malesia alla Cina, sono già numerosi i punti sulla mappa in cui imperversano i conflitti generati dall’estrazione di questi materiali. Li elenchiamo con l’aiuto di una recente pubblicazione di EjAtlas.

Qui si può ascoltare l’intero approfondimento:

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