Vaccinazioni: qual è il rischio minore?

Scritto dasu 3 Marzo 2015

Da qualche settimana si leggono strani articoli o si sentono strane interviste, via cavo o via etere, che suonano come una chiamata generale a mobilitarsi contro l’abitudine sconsiderata di famiglie medio-abbienti, soprattutto del nord, a non vaccinare i propri figli. Ci troviamo forse di fronte al deteriorarsi di un totem che per decenni nessuno (se escludiamo gli studi di Illich e pochi altri nemici del progresso) aveva messo in discussione: le vaccinazioni di massa. L’occasione “scientifica” utilizzata da certi media sarebbe una improvvisa e pericolosissima recrudescenza di morbillo. Così, ci siamo chiesti se vi sia qualche differenza sostanziale, qualche mutamento di ceppo, tra una delle comuni malattie “esantematiche” che le nostre mamme ci portavano a prendere da amichetti o amichette che l’avessero già contratta, e questa terribile epidemia che viene brandita oggi contro genitori e medici fatti apparire come irresponsabili. La risposta è no, non c’è alcuna differenza. Nel mezzo si è prodotto un mutamento culturale e di percezione che è anche, largamente, il riflesso della potenza di un’industria che da decenni cresce in ricchezza e pervasività fino a essere percepita come, e spesso a sostanziarsi in, una vera e propria minaccia pubblica: l’industria farmaceutica.

Non ci interessa qui dare vita a un ulteriore dualismo manicheo tra l’assoluta inutilità dei vaccini e la loro assoluta bontà. Tra l’altro non ne avremmo gli strumenti. Ci preme però fissare una questione di metodo. Se l’interesse primario è la salute e la salvaguardia dei nostri piccoli, bisognerà sempre ragionare su quale sia il minor rischio per loro. Una malattia può essere invalidante ma altrettanto può esserlo una terapia. Ancora più imperdonabilmente se non necessaria.

Inoltre ci parrebbe opportuno che la medicina si interrogasse e ci interrogasse sulle ragioni del deteriorarsi sempre più evidente di un rapporto di fiducia che si è instaurato storicamente con fatica e che con altrettanta fatica oggi si mantiene. Le ragioni, partiamo da noi stessi, vanno in parte cercate nell’io ipertrofico dell’individuo contemporaneo che in quanto smisurato non si riconosce più nei propri limiti e nella propria vulnerabilità ma soprattutto, quando si parla dei bambini ancor più segnatamente, va ricercato nel divenire della professione medica, che nel suo processo di reificazione ha perso qualunque sacralità,  schiacciata dal peso del profitto e della razionalità economica che non appartengono, e non possono appartenere, alla logica della vita e della salute di tutti.

Abbiamo chiesto al dott. Eugenio Serravalle, autore del libro “Vaccinazioni: alla ricerca del rischio minore”, di accompagnarci nel ragionamento su un tema tanto delicato.

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