Lotta di tasse: una chiacchierata con Marta Fana

Scritto dasu 7 Giugno 2018

L’eventuale introduzione della flat tax, cavallo di battaglia leghista nel nuovo governo giallo verde, sta suscitando un ampio dibattito. Nonostante le ridicole pretese della trickle down economics, una delle più astruse tesi del neo-liberismo, se si danno piu soldi ai ricchi non ci sarà nessuno sgoccialmento verso i poveracci che sono in basso. La diminuzione della progressività dell’imposta si tradurrà ovviamente in un mancato gettito fiscale, inoltre il “risparmio” per le classi abbienti non ha mai stimolato gli investimenti (figuriamoci in miglioramenti delle condizioni dei lavoratori) quanto in un ulteriore finanziarizzazione e stimolo alla rendita. Con la tassa piatta si tenta in realtà di suggellare un nuovo patto sociale tra settori della borghesia entrato in crisi con lo sfaldamento dell’UE. Un patto che rinsaldi il legame tra media e piccola impresa, in particolare del Nord Italia, e grande borghesia apolide che gioca la sua partita come pure player sui mercati transnazionali.

C’è però dell’altro. La questione fiscale e della gestione delle risorse pubbliche sembra sia tornata al centro non solo del dibattito politico ma anche delle pulsioni di ampi settori popolari e delle istanze di movimento (basti pensare alla centralità del discorso sulla gestione del gettito fiscale nel movimento notav). La polverizzazione del tessuto produttivo fa dello Stato l’unico capitalista collettivo verso cui indirizzare richieste ridistributive e la richiesta di diminuzione delle tasse fa breccia anche nei settori popolari.


Abbiamo provato a sviscerare la questione con Marta Fana, dottore di ricerca in Economia e autrice del libro “Non è lavoro è sfruttamento”:

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