Anna e Silvia sequestrate dall’amministrazione penitenziaria nel carcere punitivo de L’Aquila

Scritto dasu 22 Giugno 2019


A Caterina Calia, legale di Anna, abbiamo chiesto innanzitutto le condizioni in cui versano le nostre compagne dopo 24 giorni di sciopero della fame, deciso per venire trasferite in un luogo almeno consono al regime detentivo previsto per loro dall’ingiustizia giuridica, e ora i chili persi cominciano a essere preoccupanti; e poi in quale contesto fisico si dipanano le loro giornate rubate dall’amministrazione carceraria, una descrizione del tugurio in cui sono state infitte, le strutture fatiscenti che racchiudono la loro clausura. Il buco dove sono state sbattute. Il quadro kafkiano che ne esce è ulteriormente aggravato dalle considerazioni che sorgono a valutare la mossa della galassia amministrativa – non scelta di procura o politica in questo caso, ma vessazione e persecuzione puramente burocratica, quindi operata da un Eichmann che può decidere dell’esistenza di chi è affidato all’arcipelago Gulag  italiano – quando anziché trasferire Silvia e Anna altrove e chiudere quella infame sezione cadente e in cui piove dentro, vi sbattono anche Natasha, estradata dalla Francia nei giorni scorsi. Un’evidente irrisione dei 24 giorni di sacrificio delle due compagne, che vivono in pochi metri quadri, torturate dall’inettitudine ottusa delle onnipotenti Gom, sottoposte a regole degne di Comma22 per l’irrazionale follia o il calcolato massimo peggioramento delle condizioni di sopravvivenza, nel più totale rifiuto del diritto a un’assistenza medica speciale per la scelta di operare uno sciopero della fame ormai lunghissimo e debilitante, mantenuto oscurato da tutti i giornali (a parte il garantista “Il Dubbio“).

Questa la testimonianza dell’avvocato Calia ai microfoni di venerdì 21 giugno:

Nelle fessure peggiorative delle pieghe amministrative del 41bis


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