Il caffè di Murat: corruzione e ipocrisia sul Bosforo

Scritto dasu 11 Dicembre 2020

Per questa puntata Murat comincia a invitare questo annus horribilis ad accomiatarsi e lo saluta con una vecchia canzone: selçuk ural güle güle sana, che, come spiega, è un po’ accomiatarsi senza rimpianto (in questo caso dal 2020).

In questa puntata abbiamo affrontato in particolare due argomenti: il primo, estemporaneo e imprevisto, nasce dall’episodio parigino dell’incontro tra PSG e Başakşehir, divenuta oggetto di dibattito per il gesto di coscienza antirazzista dimostrata dai calciatori delle squadre… di entrambe? Apparentemente sì: alcuni calciatori sono particolarmente sensibili anche perla pigmentazione della loro epidermide e quindi hanno sviluppato una maggiore coscienza di spettatori, giornalisti (come Massimo Fini) e quaterna arbitrale. Ma forse nel caso della compagine turca (una squadra molto discutibile e nel portafoglio della famiglia di Erdoğan) c’è una bona dose di ipocrisia – a parte ovviamente gli africani, come il fiero Demba Ba, o gli afrodiscendenti. Infatti il Başakşehir è stata la prima squadra a fare il saluto militare quando l’esercito turco ha invaso il Rojava con l’operazione Ramoscello d’Ulivo.

Il secondo argomento, che denuncia maggiormente il sistema Erdoğan nei suoi gangli, raccoglie ed espone i dati sciorinati dai nuovi sindaci di Ankara, la capitale, e Istanbul, la maggiore megalopoli del paese, che hanno reso pubblici i numeri di quella corruzione delle amministrazioni precedenti insita e a fondamento del potere del presidente. Hanno mandato le carte alla procura e c’è da inorridire a vedere quanto in precedenza i bandi fossero taroccati, con il conseguente spreco di denaro e l’enorme condizionamento delle istituzioni religiose che sono il fulcro del consenso del presidente.

Per la prima volta non ci si è limitati a parlare della corruzione, ma si è documentata con precisione:

E infine i consigli per non assumere il caffè, soprattutto turco, durante indisposizioni, eh eh eh:

 

 


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