Torino: una città all’insegna dello sportwashing

Scritto dasu 25 Ottobre 2023

“Utilizzare lo sport per ripulirsi l’immagine e distogliere l’attenzione da altri problemi ben più gravi”.

Così Rebecca Vincent, attivista di Reportes sans frontières, definiva lo sportwashing nel 2015. Proprio l’anno scorso il Qatar ha attuato una “pulizia” mediatica utilizzando il Campionato mondiale di calcio per promuovere la propria immagine di Stato civile. Per ritrovare l’esempio storico più conosciuto bisogna però tornare al secolo scorso, ovvero alle Olimpiadi di Berlino del 1936, avvenute sotto il regime nazista e usate per consolidare l’idea del superuomo ariano.

Torino pare muoversi nella stessa direzione, anche se non in toni tanto drastici. Negli ultimi anni il Comune ha investito nei grandi eventi, sportivi e non, cercando di creare un nuovo volto a una città  ancorata a un immaginario proletario, sulla scia delle fallimentari Olimpiadi del 2006. Questo perché Torino non è ancora riuscita a ottenere un riconoscimento internazionale come città turistica o universitaria, e si affida allora a mega manifestazioni, come l’Eurovision o le ATP Finals, per generare ingenti flussi di persone, immettendo in circolo al contempo grossi investimenti. Risulta ancora presto per sapere se questa strategia ha un’effettiva funzionalità economica, ma possiamo essere certi che non apporta grandi benefici a chi vive quotidianamente la città.

Per di più la retorica della promozione sportiva è utilizzata dal Comune solo in presenza di investimenti economici. Ecco allora che vengono incentivate le competizioni di tennis o i derby di calcio, o la costruzione di una Cittadella dello Sport al parco del Meisino, anche se questo comporterà il danneggiamento di una vera oasi naturalistica in città. Ancora, disincentivare la possibilità di praticare sport di base, a prezzi accessibili, esternalizzando i campi da gioco comunali a privati, i quali porteranno investimenti sul quartiere, aumentando però i costi della pratica sportiva. Insomma, Torino, al di là della facciata sport-friendly, sembra intenzionata a modificare la fruizione dell’attività sportiva, non più bene necessario e collante nei quartieri, ma pratica riservata solamente a chi potrà permettersela.

Ne abbiamo parlato con Filo della Rete dello sport popolare di Torino:

 

 

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