Treviso, verità e giustizia per Danilo Riahi

Scritto dasu 26 Agosto 2025

Si terrà questo giovedì 28 agosto alle 19 il presidio «Verità e giustizia per Danilo Riahi» davanti al carcere di via Santa Bona Nuova a Treviso.

La protesta nasce dalla morte del diciassettenne tunisino, deceduto il 13 agosto all’ospedale di Treviso dopo un tentativo di suicidio nell’istituto penale minorile, dove era stato rinchiuso pochi giorni prima. Il ragazzo era arrivato in Italia un anno fa attraversando il Mediterraneo: era quello che viene definito un minore straniero non accompagnato. Il 9 agosto era stato arrestato a Vicenza, dopo vari tentativi di furto e una fuga dalla polizia in «evidente stato di agitazione». Immobilizzato con il taser, era stato trasferito nel carcere minorile di Treviso, dove, secondo la versione ufficiale, avrebbe tentato il suicidio poche ore dopo.

Abbiamo raggiunto al telefono due compagni del Collettivo Rotte Balcaniche, tra le realtà promotrici del presidio, per farci raccontare chi era Danilo, qual è la ricostruzione ufficiale della sua morte, cosa non torna, come si sta dando sostegno alla famiglia del ragazzo. Ascolta o scarica la diretta:

Di seguito, il comunicato di indizione del presidio.

Verità e giustizia per Danilo Riahi
Presidio il 28 agosto ore 19, via Santa Bona Nuova, zona carceri, Treviso.
L’ultima volta che un ragazzo si era tolto la vita in un carcere minorile era il 2003, 22 anni fa. E non è un
caso che accada ora, dopo il decreto Caivano del governo Meloni. Con questo decreto, nelle carceri minorili
italiane si registra un sovraffollamento inedito e l’adozione di un paradigma sempre più punitivo anche per
i minori detenuti. E non è un caso che succeda a Treviso, l’istituto più sovraffollato d’Italia, dove si sfiora il
doppio delle presenze rispetto alla disponibilità di posti.
Danilo Riahi era un ragazzo tunisino, arrivato da un anno in Italia attraverso il Mediterraneo. È morto il 13
agosto all’ospedale Ca’ Foncello dopo essere stato rinchiuso pochi giorni prima nel carcere minorile di
Treviso. Il 9 agosto Danilo era stato arrestato in seguito a vari tentativi di furto a Vicenza, dopo essere
fuggito dalla polizia in evidente stato di agitazione. Immobilizzato con il taser, veniva portato nel carcere
minorile di Treviso, dove poche ore dopo, secondo la versione dei giornali e delle autorità, avrebbe tentato
il suicidio.
Danilo aveva sognato di venire in Italia per costruirsi un futuro, una vita degna e libera, ma quel sogno si è
infranto troppo presto, in carcere. Questo comunicato nasce dall’urgenza di fare luce su una vicenda
drammatica che rischia di essere oscurata e ridotta a un racconto distorto e parziale: un presunto “eccellente
lavoro” delle forze dell’ordine, una morte troppo in fretta derubricata a fatalità. Vogliamo stare vicino alla
famiglia – che, residente a Tunisi, ha ricevuto dalle autorità informazioni molto scarne sulla morte del figlio
– e accompagnare il loro dolore, ma anche indicare le evidenti responsabilità su quanto accaduto, per far sì
che simili tragedie non si ripetano.
In questa vicenda un aspetto fondamentale è stato cancellato dalla narrazione mediatica: quello
della condizione psicofisica in cui si trovava Danilo. Appare evidente dalla descrizione dei fatti che il
ragazzo si trovasse in un grave stato di crisi psicologica. Una situazione che richiedeva cura, non
repressione. Come mai è stato portato in un carcere minorile invece che in un ospedale? È stato
visitato dopo essere stato colpito con il taser? Cosa (non) è stato fatto per accertarne le condizioni di
salute psico-fisica prima di rinchiuderlo in un carcere? Per quanto tempo è stato privo di sorveglianza
mentre tentava il suicidio?
Le autorità dovranno rispondere delle loro azioni e delle loro omissioni, perché troppi punti di domanda
rimangono aperti. Adesso pretendiamo verità e giustizia: vogliamo sapere esattamente che cosa è
successo al momento dell’arresto, in carcere, in ospedale, perché un ragazzo di diciassette anni è
morto mentre si trovava sotto la custodia dello Stato. Dalla questura di Vicenza alla polizia penitenziaria
di Treviso, fino agli operatori dell’ospedale: chi ha avuto un ruolo in questa vicenda deve assumersene la
responsabilità. Chiediamo inoltre che siano effettuate approfondite indagini sul corpo di Danilo prima
che venga rimpatriato in Tunisia, come già richiesto dall’avvocato della famiglia.
Troviamo ancora più sconvolgente che, proprio mentre Danilo era ricoverato in ospedale in fin di vita, il
Questore di Vicenza abbia convocato una conferenza stampa per elogiare il “lavoro encomiabile” degli
agenti. Un gesto che mostra quanto sia radicata la logica della disumanizzazione: un ragazzo in fin di vita
sparisce di fronte all’occasione per celebrare l’efficienza repressiva.
Questa storia non è e non può essere archiviata come una “piccola storia ignobile”, perché è una storia che
parla delle migliaia di ragazzi che come Danilo vivono le nostre città, costantemente etichettati come
soggetti pericolosi “delinquenti”, “maranza”, per giustificare la sempre maggiore militarizzazione della vita
sociale. Come hanno dimostrato i commenti sui social alla morte di Danilo, diventano il capro espiatorio
per sfogare odio e violenza. È la fiamma razzista su cui soffia questo governo, per creare consenso attorno
all’emergenza sicurezza mentre definanzia il sistema d’accoglienza, istituisce le zone rosse, facilita la
carcerazione preventiva dei minori, taglia la spesa sociale.
Ricordiamo Danilo ma ricordiamo anche Ramy, Moussa, Wissem, e tutte le vittime del razzismo di stato,
della violenza della polizia, delle carceri, dei CPR. La storia di Danilo ha avuto un epilogo tragico, ma sta
a noi non farla finire qui. Chiediamo con forza verità e giustizia, che vengano aperte delle indagini serie
sulla sua morte e su tutto quello che l’ha preceduta. Invitiamo tutte e tutti a scendere in piazza con noi
giovedì 28 agosto, ore 19, fuori dal carcere di Treviso.
Collettivo Rotte Balcaniche
Centro Sociale Django
Centro Sociale Arcadia


Radio Blackout 105.25

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