Intorno ai blocchi dei portuali genovesi

Scritto dasu 4 Aprile 2018

Mercoledì scorso la tragica morte di un camionista avvenuta nel porto di Genova ha dato il via al blocco dei varchi e a un conseguente sciopero di 24 ore che ha di fatto ingarbugliato la città per tutta la giornata. Il giorno successivo i blocchi sono continuati, questa volta senza copertura sindacale, per appoggiare 25 lavoratori della compagnia Pietro Chiesa (una delle diverse società che organizzano la manodopera all’interno del porto) che avevano un incontro in Prefettura per decidere quale sarebbe stato il loro futuro. La richiesta dei portuali era di essere integrati nella Compagnia Unica, volontà che a parole è stata accolta dai terminalisti grazie alla forza contrattuale che i lavoratori sono stati in grado di mettere in campo.

Una forza che i portuali riescono ancora a muovere e che dà non pochi grattacapi a chi vorrebbe ora ristrutturare il lavoro nel porto genovese rendendolo compatibile alle necessità del mercato globale sempre più flessibile che prevedrebbe condizioni di lavoro peggiori per i “carbunin“.

Una situazione, quella dei portuali liguri, piuttosto atipica per i tempi che corrono dove l’unità tra lavoratori, la capacità di organizzarsi oltre il sindacato e di imporgli le proprie condizioni di lotta e l’utilizzo di pratiche efficaci, la rendono un esempio agli occhi di chi non rinuncia a battersi sul posto di lavoro nonostante le difficili condizioni del presente.

Ne abbiamo parlato con Cristian, compagno portuale a Genova.

 

Ascolta la diretta:

cristianporto1

 

 


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