L’in-differenza della guerra : la Ca’ Foscari nel governo cibernetico di Venezia
Scritto dainfosu 8 Aprile 2024
Portando a piena emersione ciò che hanno evidenziato i conflitti totali del Novecento, la guerra sembra oggi spogliarsi di tutti quei tratti di discrezione in cui le dottrine politiche pretendevano confinarla. Pace/guerra, militare/civile, interno/esterno, la guerra come paradigma della modernità riacquisisce la sua attitudine originaria all’in-differenza.
Un pensatore controverso come Ernst Jünger, parlando di mobilitazione totale scriveva negli anni Trenta parole pregnanti per il nostro presente: “Anche l’immagine della guerra come di un’azione armata sfuma sempre più nell’immagine ben più ampia di un gigantesco processo di lavoro. Accanto agli eserciti che si affrontano sui campi di battaglia sorgono eserciti di nuovo tipo (…) in generale, l’esercito del lavoro. (…) Per dispiegare energie di questa misura non è più sufficiente armare il braccio che porta la spada: è necessario essere armati fino nelle midolla, fino nel più sottile nervo vitale. Porre in essere quelle energie è il compito della mobilitazione totale, di un atto cioè attraverso il quale è possibile, impugnando un unico comando su di un quadro di controllo, far confluire la rete d’energie – tanto ramificata e diffusa – della vita moderna, nella grande corrente dell’energia bellica” . Una mobilitazione totale che non tanto viene eseguita, “quanto piuttosto essa stessa si esegue: in pace e in guerra è l’espressione di una misteriosa e cogente esigenza, a cui siamo sottomessi da questo vivere nell’epoca delle masse e delle macchine“. E nel libro L’operaio, Jünger aggiungeva: “questa mobilitazione totale distrugge tutto ciò che ostacola questa mobilitazione. Dietro i processi di trasformazione tecnica, quali appaiono in superficie, traspaiono una diffusa distruzione e una costruzione del mondo in forme diverse, ma entrambe procedono in una determinata direzione” e questa forma dell’operaio “mobilita, senza distinzioni, l’intera condizione umana”.
Nel contesto odierno, la guerra – quanto meno in occidente – sembra non avere tanto come posta in gioco una opposizione tra visioni del mondo, quanto piuttosto essere schiacciata su un ordine del discorso geopolitico, e la mobilitazione totale sembra giocarsi sul piano dell’anestetizzazione sociale, più che sull’adesione valoriale. L’indistinzione tra civile e militare, ma anche tra le situazioni di guerra guerreggiata e di pace capitalista, è ben messa in luce dalle analisi portate avanti dal collettivo universitario SUMUD di Venezia, che ha prodotto un interessante opuscolo sul ruolo dell’Università Ca’ Foscari nella ricerca bellica e nella produzione materiale e culturale della guerra. E’ una presa di posizione peculiare nel contesto della mobilitazione studentesca attuale, in cui l’istituzione universitaria emerge nella sua costitutiva internità al paradigma bellico e pertanto irriformabile.
E’ l’occasione per guardare alla Ca’ Foscari all’interno del più ampio governo cibernetico della città di Venezia, dove, tra Smart Control Room e ticket di accesso, si sperimentano dispositivi di controllo ed estrazione di valore che, come dimostra in modo paradigmatico il caso della città di Hebron in Cisgiordania, hanno dirette ricadute sulle pratiche della guerra guerreggiata.
Qui l’opuscolo “Ca’ Foscari per la guerra”
Qui l’opuscolo sulla Smart Control Room a Venezia: “Un organo che tutto controlla, un controllo che tutto organizza”
Ascolta la diretta con un compagno di Sumud: