Aggiornamenti dalla campagna Defend Rojava – Lo scontro tra Israele e Turchia in Siria

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La Siria nell’ultima settimana è stata scossa dai violenti attacchi da parte delle forze armate del nuovo governo di Damasco che, insieme a gruppi  fondamentalisti affiliati ad HTS, hanno assaltato la zona di Jamarana, a sud di Damasco, con l’obiettivo di colpire la comunità Drusa. A questo attacco, che ha causato la morte di 109 civili in tre giorni, è seguita una risposta di Israele che ha bombardato fino nei pressi del palazzo presidenziale di Damasco, dichiarando di voler difendere la comunità Drusa.

Proviamo a fare chiarezza intorno a questi eventi e osservali tramite una lente più ampia.

I Drusi sono una comunità che prevalentemente insediata in tre distretti della regione più a Sud della Siria. Sono arabi di una minoranza che ha aderito a un pensiero esoterico e che crede nella reincarnazione. I drusi sono discendenti di una corrente sciita ismaelita. Hanno una società civile laica, ma le figure religiose svolgono un ruolo politico centrale. Hanno conquistato anche loro un’indipendenza di fatto già sotto il governo di Bashar al Assad e hanno ottenuto con il nuovo governo di Al-Sahara un accordo simile a quello stipulato con le SDF per la Siria del Nord Est, in cui si prevede un’integrazione delle forze armate con quelle del governo centrale, ma la polizia locale sarà composta esclusivamente da residenti della comunità drusa; verso una forma di governo decentralizzata. La comunità Drusa vuole far parte della Siria, in un modello che ne garantisca l’autonomia; i recenti assalti hanno però inasprito la diffidenza e le fratture con il governo centrale.

In questo quadro Israele, che già dall’inizio della recente crisi siriana ha occupato una fetta del sud della Siria destando proteste nella comunità Drusa, lavora per essere considerato una potenza amica dei drusi e perseguire nella sua strategia di espansione della propria area di occupazione diretta, in funzione di controllo sul governo temporaneo di Damasco e in chiave anti-turca.

«Adesso a Suwayda alcune persone dicono apertamente di prendere soldi da Israele. Se prima la cosa era tenuta nascosta, ora sta emergendo», spiega F., militante del Partito Comunista Siriano a L’Indipendente in un recente articolo, pubblicato prima degli ultimi attacchi alla comunità a cui Israele, come dicevamo, ha risposto militarmente ergendosi a difensore della comunità Drusa. Il suo obiettivo però non è ovviamente questo: non vuole una Siria unita ma anzi vuole espandere il proprio controllo nel Medio Oriente. È , insomma, il più ampio e storico progetto della Grande Israele.

Un’altra potenza che ha le stesse mire di controllo è la Turchia, che nei suoi desideri di espansione, entra in un conflitto che si fa sempre più palese con l’entità sionista. E questo episodio che ha coinvolto la comunità drusa ne è l’esempio. Sarebbe infatti lo stato Turco, maggiore sostenitore di HTS, attraverso il MIT (cioè i servizi segreti) ad aver diffuso un falso vocale attribuito ad un leader druso in cui insulta il profeta Maometto: è stata questa la scusa per scatenare le rappresaglie contro la comunità che, lo ricordiamo, ha causato decide e decine di morti in pochi giorni e che secondo la Turchia, rappresenta un’alleato di Israele nella regione.

La fase politica che stiamo vivendo vede il Medio Oriente come epicentro della Terza Guerra Mondiale: è da li che le forze del patriarcato, del capitalismo e degli stati nazioni si contendono l’egemonia sulla gestione delle risorse energetiche e del dominio politico che ne deriva. Attraverso l’Arabia Saudita e Israele, gli Stati Uniti d’America e la Nato espandono il loro controllo dell’area, dalla striscia di Gaza, alla Siria, all’Iran; allo stesso tempo, la Turchia, un tempo principale garante degli interessi Nato e Statunitensi in tutto il Medio Oriente, viene esclusa da questo scacchiere geopolitico capitalista e teme la guerra che Israele sta conducendo; cerca così da un lato di contrapporsi al progetto Israeliano espandendo la guerra e dall’altro cerca nuove alleanze con un’Unione Europea che, nel frattempo, ha deciso di correre al riarmo.

Non a caso Erdogan è volato a Roma per aggiudicarsi nuovi accordi per facilitare la collaborazione tra l’industria bellica italiana e quella turca. E’ infatti di pochi giorni fa (29 aprile) il summit Italia-Turchia tenutosi a Roma, in cui si sono discussi e sanciti undici accordi di cooperazione bilaterale tra i due Paesi, una parte dei quali riguarda l’industria della guerra; il più importante tra questi è l’accordo di collaborazione tra l’azienda di armamenti italiana Leonardo e quella turca Baykar per la costruzione di droni militari, in 4 differenti siti industriali in Italia, uno dei quali avrà sede a Torino.

In questo quadro risulta ancora più urgente sostenere la resistenza dei popoli dell’Amministrazione Autonoma della Siria del Nord – Est. La caduta di Assad ha aperto nuove prospettive: compagni e compagne hanno iniziato a spostarsi in tutta la Siria per sostenere la nascita in tutto il Paese di comitati popolari e locali, anche tra le comunità Druse e Alawite. Con l’obiettivo di espandere il metodo di organizzazione dal basso e di massa verso il Confederalismo democratico usato nella Siria del Nord Est, per una siria unita e democratica. La rivoluzione del Rojava è la via per una soluzione politica al caos mediorientale e l’unica alternativa concreta e radicale contro le forze del capitalismo e del patriarcato.

La resistenza alla diga di Tishreen, di cui festeggiamo finalmente la fine dell’assedio, è stata in questi mesi la dimostrazione concreta e il simbolo della forza che la società organizzata può esprimere per difendersi, anche davanti agli attacchi degli eserciti di stati nazione ben più equipaggiati militarmente. 




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