MACERIE SU MACERIE – PODCAST 5.12.22 – FRONTEX E POLITECNICO

A Macerie su Macerie una chiacchierata con una compagna a proposito della sua ricerca su Frontex e l’accordo con il dipartimento DIST (Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio) del Politecnico di Torino per la produzione di mappe per il controllo del confine europeo, che detto fuor da ideologia è la repressione della migrazione clandestina.

Frontex è l’agenzia europea di guardia costiera e ha avuto dalla sua creazione un crescente finanziamento, 1000% negli ultimi 15 anni, con un aumento previsto di agenti fino a 10.000 unità entro il 2027. Le sue radici affondano nella costituzione dello spazio di libera circolazione all’interno dei confini dell’Unione Europea per cittadini e merci, fondazione legata all’attuale politica di sicurezza dei confini dell’accordo di Schengen del 1985. Questo assetto normativo ha operato la graduale apertura dei confini interni nel territorio comune degli stati partecipanti (resa esecutiva dal 1990) e il correlato irrigidirsi del controllo sui confini esterni. L’erosione dei confini interni e la creazione di una struttura sovranazionale quale l’Unione Europea hanno determinato la creazione di quelle che vengono definite “misure compensatorie”: ossia la chiusura dei confini esterni e la creazione di una forte alterità con lo spazio al di fuori. Come nel paradigma bellico amico/nemico di Carl Schmitt, le unificazioni si alimentano anche attraverso la contrapposizione verso l’esterno, che fornisce la coesione e l’identità necessarie all’unità politica e stabiliscono come l’altro possa assumere di volta in volta funzioni diverse: migrante,  rubalavoro, terrorista. All’inizio non si faceva alcun riferimento a un organo di polizia intergovernativa, ma con l’andare del tempo le istituzioni europee hanno rafforzato il discorso sulla necessità di sviluppare meccanismi di coordinamento nel controllo dei confini insieme alla crescente retorica sull’invasione africana. Ad oggi, oltre a essere la più finanziata, è l’unica agenzia armata dell’Unione Europea.

Frontex risulta essere un vero esperimento politico: l’integrazione europea si è sviluppata anche attraverso tentativi di cooperazione che hanno intaccato l’esclusività della competenza territoriale nazionale in ambito di difesa dei confini. Secondo ciò che emerge dalla ricerca della compagna, Frontex è un’entità spuria, un organo di polizia, ma anche di soft law, che agisce su un piano scalare multiplo; la sua forma ibrida, la sua costituzione sperimentale la pongono in uno stato di riforma permanente e dal 2007 è cresciuta sempre di più la sua autonomia operativa tanto da aver potuto collaborare negli ultimi anni alla creazione di forme di detenzione amministrativa offshore e di esternalizzazione della frontiera. Nonostante sia sicuramente il cardine di un piano politico esecutivo di integrazione transnazionale per il controllo della frontiera, nonostante l’autonomia nelle sue scelte operative, nonostantela sua intraprendenza “diplomatica” e di spesa, ciò non determina un’azione slegata dalle altre istituzioni o enti in gioco. Si può parlare chiarmanete di un’organizzazione di potere integrata: Frontex per la gestione delle frontiere Ue e dei flussi che le attraversano opera assieme ad altri soggetti, talvolta li coordina in un’agenda di obiettivi comuni come nel caso di polizie nazionali, stati membri, stati terzi, altre organizzazioni sovranazionali, talvolta utilizza le nuove tecnologie proposte da asset privati, come nel caso dell’industria bellica.

Le carte di Frontex non sono in questo sordido ruolo uno strumento di second’ordine: sono sempre state utilizzate per sintetizzare e pubblicizzare il suo lavoro, fanno perno attorno alla costruzione del confine, tra ciò che rimane dentro e ciò che avanza fuori ed è questo lavoro che viene chiesto al Politecnico di Torino. La creazione del confine immaginifico e visibile su mappa risulta essere dispositivo fulcro nell’organizzazione del potere e nell’operatività di diritti differenziati. Attraverso la lettura dell’operato di Frontex nella gestione del confine e della sua costruzione cartografica, si deduce come funziona: si presenta il ripetersi dell’interazione di scale e poteri differenti, lo Stato nazionale, paese membro o paese terzo, l’Unione europea, le polizie nazionali, le organizzazioni sovranazionali, le aziende private che vendono servizi e strumenti. E se Frontex cerca di imporsi come cardine delle politiche di gestione del confine, è necessario iniziare a dire che enti come il Politecnico oggigiorno nel sottoscrivere accordi come questo mirano alla piena integrazione tra le attività di ricerca e quelle di “trasferimento” tecnologico, nella fattispecie bellico.

Frontex e il suo contingente sia operativo che di ricerca spingono a giustificare l’idea di un allarme e di una necessità emergenziale da applicare con forza di esercito: i confini dell’Unione europea vanno protetti da un’invasione di migranti irregolari e uno dei costi di questa protezione è da sempre quello rendicontato di costruire hub logistici di esseri umani e di trasformare il Mediterraneo in un cimitero acqueo.

 




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