La lotta ai cantieri navali di Trapani

Scritto dasu 7 Dicembre 2011

Domenica 4 dicembre si è svolto un corteo per il lavoro promosso dal Collettivo dei lavoratori in lotta del Cantiere navale. Circa sessanta persone hanno percorso la vasta zona pedonale del centro storico per ribadire la ferma contrarietà ai licenziamenti minacciati dall’azienda e per sostenere la lotta autorganizzata degli operai che nei giorni scorsi hanno occupato la petroliera “Marettimo M.”.
Lo striscione di apertura, sul quale campeggiava l a scritta “Non ci affonderete!” – slogan della manifestazione – era tenuto dai familiari degli operai in lotta. Con un massiccio volantinaggio e frequenti interventi al megafono sono state spiegate alla cittadinanza le ragioni della protesta e le fasi della vertenza.

Ascolta l’intervista di Blackout ad Alberto La Via, Gruppo Salsedo.

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Breve riassunto della vicenda

La vicenda del Cantiere Navale di Trapani (CNT) dovrebbe essere nota, ormai.
Cinquantotto lavoratori sono in cassa integrazione da mesi, e l’unica prospettiva offerta dal padrone è il licenziamento.
È altrettanto noto che le motivazioni ufficiali addotte dall’azienda per giustificare la distruzione di questa realtà produttiva sono del tutto inconsistenti. La crisi del settore non ha mai messo a repentaglio l’esistenza del Cantiere Navale, tanto che le commesse non sono mai state un problema e il lavoro non è mai mancato.
Al contrario, i lavoratori hanno assistito a una gestione aziendale perdente, a un lassismo che ha mandato alla malora strumenti di lavoro e infrastrutture, a un’arroganza padronale senza precedenti.
Il risultato è che, allo stato attuale, il Cantiere Navale versa in condizioni disastrose dal punto di vista finanziario e l’azienda non sa proporre niente di meglio che la mobilità in attesa di tempi migliori. Probabilmente, i “tempi migliori” saranno quelli in cui il padrone potrà esternalizzare la produzione, assumendo a condizioni schiavistiche manodopera poco qualificata, massimizzando i profitti e abbattendo i costi.
Di fronte a tutto questo, il sindacalismo concertativo ha assunto atteggiamenti tristemente conosciuti, da decenni a questa parte, nelle vertenze di tutta Italia: massima apertura alle aspettative padronali, disciplinamento dei lavoratori, autoritarismo nei rapporti tra rappresentanti e rappresentati.
Quella del Cantiere Navale di Trapani poteva essere una storia come tante, con un finale già scritto. Invece, è successo qualcosa di inaspettato.
Dopo mesi di agitazione, trentasei lavoratori hanno rotto con i sindacati e hanno deciso di prendere le decisioni in prima persona. Hanno costituito un collettivo autorganizzato e hanno cominciato a discutere fra di loro, senza burocrati o professionisti della concertazione. Hanno piantato una tenda all’ingresso del cantiere navale costruendo un presidio permanente che dura da più di due mesi. A poco a poco hanno cominciato ad assaggiare il gusto della partecipazione, della s olidarietà, del mutuo appoggio. Infine, quando il silenzio ostile delle istituzioni e delle “autorità competenti” si è fatto più assordante, i lavoratori hanno occupato una petroliera, costruita con le loro mani, ormeggiata da mesi al cantiere.

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