2 anni di indignazione: un’analisi di Orsola Casagrande
Scritto dainfosu 21 Maggio 2013
Troppe volte abbiamo guardato al movimento dei cosiddetti “indignados” spagnoli con una certa spocchia e una certa sufficienza, quasi che lampi di rivolta come il 15 ottobre romano valessero di più di un movimento capace di durare e mettere alla prova tanto il governo spagnolo quanto i burocrati e i banchieri europei, che proprio di fronte alla Spagna, oggettivamente messa molto peggio dell’Italia, si sono piegati a concessioni di una certa rilevanza. Questo movimento che forse non brilla per estetica insurrezionale o per parole d’ordine brillantissime, ha comunque cercato costantemente e con successo di conseguire obiettivi concreti e di una certa urgenza per una riconnessione dal basso del tessuto sociale, forse già meno compromesso del nostro all’origine. Così, in questi due anni, alle visibili oceaniche manifestazioni (forse sempre meno oceaniche) si sono accompagnate iniziative e azioni molto meno visibili: apertura e autogestione di cliniche popolari, numerosissime occupazioni abitative, atti di disobbedienza civile di massa, manifestazioni e proteste quotidiane, iniziative di assedio ai Palazzi del potere, facendosi infine carico collettivamente delle conseguenze penali di ogni azione. Insomma un movimento che continua a portarsi avanti su percorsi di costruzione di poteri territoriali sufficientemente piccoli, dispersi, non separati dal corpo sociale, rifuggendo tentazioni elettorali e tendenze centralizzanti.
Abbiamo raggiunto nella sua casa di Barcellona, Orsola Casagrande: