Israele attacca la Siria ma pensa all’Iran
Scritto dainfosu 7 Maggio 2013
Israele ha bombardato per due volte il territorio siriano. Tre se contiamo l’episodio di gennaio. Da venerdì scorso, dopo la distruzione di un carico di armi dirette, secondo molte fonti, agli Hezbollah libanesi, siamo passati a un raid su Damasco, che ha preso di mira quello che sembrerebbe essere stato un deposito di armi. La partita sanguinosa che si sta giocando sulle spalle dei Siriani, ribelli e non, sembra prestarsi a tre livelli di lettura. In primis appare chiaro che è nell’interesse specifico di Israele dare il proprio contributo alla capitolazione di Assad e contemporaneamente attaccare in maniera preventiva una delle resistenze più antiche e soprattutto più vicine che interessino lo stato sionista. In seconda istanza Israele, con questa mossa rapida e violenta, manda messaggi all’Iran, che rispetto agli equilibri dell’area mediorientale non ha certo da rallegrarsi della caduta di Bashar al-Assad e dell’emergere di una certa autonomia delle monarchie del Golfo che si propongono come attori politici e militari, oltreché economici. Un conto è guadagnare miliardi di petrodollari perché si ha il petrolio, un altro conto è controllare ampiamente i flussi di denaro e materia prima, anche attraverso il controllo di infrastrutture fondamentali. Tutti questi attori però, Israele e monarchie, con differenti pesi, sottostanno in qualche misura ha una partita ancora più grossa, che è poi il terzo livello cui accennavamo. Ovvero la partita che gli USA giocano sullo scacchiere internazionale nei confronti di Cina e Russia.
Ascolta la diretta con Manlio Dinucci, geografo che cura per Il Manifesto la rubrica L’arte della guerra