Accoglienza militarizzata

Scritto dasu 21 Settembre 2013

profughi siriani

“Non  esiste che profughi di guerra vengano affidati e sottoposti alle direttive di personale militare”

Il sistema di prima accoglienza in Italia non funziona e non funziona essenzialmente perché affidato a sbirri. Il trauma che hanno già subito in zone di guerra con uomini in divisa poi centuplica i problemi che si producono con le vessazioni imposte dai modi e dalle disposizioni a cui vengono sottoposti una volta passati indenni attraverso i viaggi pericolosissimi che affrontano in mare.

Sono circa 5000 i siriani giunti sulle coste italiane dall’inizio dell’anno su un flusso complessivo via mare di circa 12000 persone; nel 2008 furono 50000, quindi non si può sicuramente parlare di emergenza e invece si parla di “pronta accoglienza” e non più di “prima accoglienza”, che non è un cavillo linguistico, ma cambia le condizioni di vita e le prospettive di quelli che dovrebebro essere accolti per un paio di giorni in strutture di base e poi avviati verso un nuovo inizio di esistenza e invece sono sottoposti al controllo militare per mesi e mesi  senza poter fare nulla e con la prospettiva di ottenere al massimo una protezione sussidiaria. La maggioranza degli uomini scappano dalle strutture [alcune voci dicono che vengono lasciati fuggire per fare spazio ad altri e non pesano sull’accoglienza, perché si spostano in altri paesi], cercando di raggiungere famigliari all’estero; l’alternativa è farsi identificare e poi aprire una lotta fatta di cavilli legali per ottenere il ricongiungimento.

Nuclei familiari mescolati a estranei per esempio in palestre, dove sono stati segnalati episodi di violenza poliziesca ai danni proprio dei siriani che cercano di non rilasciare le impronte digitali (a causa ovviamente degli accordi di Dublino del 2003). Non si sono ancora potuti denunciare questi episodi, perché nessuna delle vittime si è esposta a testimoniare delle botte subite, ma sicuramente si sa che sono avvenuti. Per i siriani poi la migrazoine è diversa da quella per esempio eritrea che è al momento altrettanto numerosa, perché sono famiglie non bisognose di assistenza, ma richiedono all’Europa di poter trovare un luogo dove ricostruire la propria vita fuggendo dalla guerra, da cui sono scappati pagando inmedia 10-15000 euro a nucleo famigliare.

Abbiamo ottenuto queste precise informazioni da Germana, operatrice siciliana di Borderline, di estrema sensibilità e competenza per il quotidiano impegno a supporto dei disperati in arrivo dal Mediterraneo

2013.09.20-siria_sicilia


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